Giornali vari, 25 ottobre 2010
Anno VII – Trecentoquarantacinquesima settimanaDal 18 al 25 ottobre 2010Marchionne La Fiat guadagnerà quest’anno due miliardi di euro e Marchionne, domenica sera in tv da Fabio Fazio, ha detto che se dai conti si tagliasse l’Italia il risultato sarebbe ancora migliore («non un euro di utile da qui»)
Anno VII – Trecentoquarantacinquesima settimana
Dal 18 al 25 ottobre 2010
Marchionne La Fiat guadagnerà quest’anno due miliardi di euro e Marchionne, domenica sera in tv da Fabio Fazio, ha detto che se dai conti si tagliasse l’Italia il risultato sarebbe ancora migliore («non un euro di utile da qui»). Scandalo generale e commenti che prevedono il definitivo abbandono del Belpaese da parte del Lingotto. D’altra parte i numeri parlano chiaro: i 22.080 dipendenti italiani costruiscono nei cinque stabilimenti nostrani 650 mila auto l’anno, produzione media per addetto 29,4 macchine (e senza contare le forniture dell’indotto). Lo stesso numero di vetture viene fabbricato in Polonia da 6.100 dipendenti, media a testa di 100 auto. La media dei brasiliani è di 77,6, la media delle tre aeree Fiat più importanti è di 53,2. Altri numeri, quelli dei ricavi, mostrano che la Fiat incasserà presto più dai mercati extraeuropei che da quelli del Continente e che l’Italia è quindi destinata a marginalizzarsi ulteriormente. Marchionne ha però ribadito che i 20 miliardi di investimenti promessi a suo tempo sono sempre sul tavolo. Bisogna solo che il Paese si metta a lavorare allo stesso ritmo e allo stesso livello dei nostri vicini. «L’Italia è al 118° posto su 139 per efficienza del lavoro e al 48° posto per la competitività del sistema industriale». L’amministratore delegato della Fiat s’è impegnato pubblicamente, quando faremo meglio, a riportare il livello dei salari a quello dei nostri vicini. Un sogno, si direbbe: un operaio italiano prende 23 mila euro l’anno, uno francese 30 mila, svizzeri e austriaci stanno sui 35-36 mila, i tedeschi portano a casa addirittura 42 mila euro. Cremaschi, ala sinistra della Fiom, ha detto che bisognerebbe proiettare il video dell’intervista in tutte le fabbriche per ottenere uno sciopero generale immediato. Marchionne aveva però chiarito a Fazio che la maggioranza dei lavoratori Fiat non è iscritta a nessun sindacato e confermato che la Fiom ha tesserato solo il 12% degli operai.
Rifiuti Venerdì 22 ottobre, convalescente dell’operazione alla mano, Berlusconi ha riunito i suoi per affrontare la nuova emergenza rifiuti di Napoli. Bertolaso è stato nuovamente incaricato di risolvere il problema, Tremonti ha messo a disposizione 14 milioni di risarcimento, il premier ha garantito che tutto sarà risolto in dieci giorni. Passate 48 ore s’è visto però che una soluzione vera non è a portata di mano. I cittadini di Terzigno, Boscoreale, Trecase e Boscotrecase non vogliono che sia costruita una seconda discarica a Cava Vitiello, nel Parco del Vesuvio, un invaso cinque volte più grande dell’attuale immondezzaio di Terzigno. Bertolaso ha proposto di sospendere Cava Vitiello, ma i sindaci della zona pretendono che la si faccia finita, con la spazzatura lì, una volta per tutte. Tecnici e commissione europea dànno ragione ai ribelli. Quelli dell’Arpac e della polizia municipale di Terzigno hanno steso un rapporto lo scorso 24 aprile in cui sta scritto: «Durante il sopralluogo venivano avvertite in modo rilevante molestie olfattive. Sul lato nord, nord-est dell’invaso è stata rilevata la presenza di quantità rilevanti di percolato affiorante». Nello stesso periodo visitò il sito la delegazione della Commissione Petizioni del Parlamento europeo. Scrisse poi che Terzigno «non soddisfa i requisiti della direttiva sulle discariche», vennero accertate «carenze gravi ed evidenti che includono fattori geologici» e si giudicò «inaccettabile» l’idea di aprire una seconda discarica. Gli incidenti in zona continuano, le strade per Terzigno vengono regolarmente bloccate, ci sono stati feriti e cariche della polizia. Bossi ha detto: «Bisogna fare qualcosa prima che ci scappi il morto».
Francia In Francia è passata anche al Senato la legge che innalza l’età pensionabile minima da 60 a 62 anni e massima da 65 a 67. Perché diventi operativa manca l’approvazione della Corte costituzionale (metà novembre), ma intanto il paese è stato messo in una specie di stato d’assedio da studenti e sindacati. Venerdì 22 ottobre i gendarmi hanno riaperto con la forza la raffineria di Grandpuits (Seine-et-Marne) ferma come le altre da undici giorni e che, con la chiusura a oltranza, stava compromettendo i rifornimenti di carburante. Ci sono stati scontri a Lione, il porto di Marsiglia è paralizzato e la città è sommersa dai rifiuti a causa dello sciopero dei netturbini. A niente è servito che un emendamento approvato l’ultimo giorno preveda di riaprire la discussione nel 2013, per giungere a una revisione completa dell’intero sistema. Il leader degli studenti, il sedicenne Victor Colombani, ha detto alle telecamere: «Il governo ci sta rubando il futuro. Estendere fino a 62 anni l’età della pensione significa sacrificare quasi un milione di posti di lavoro per i giovani». La rivolta francese ha qualche elemento inspiegabile. I sondaggi di quest’estate mostravano che il Paese era rassegnato alla riforma. La Germania ha innalzato l’età della pensione a 67 anni e l’Italia a 65 senza che succedesse niente. C’è dunque qualcosa di più profondo che turba la Francia.
Inghilterra Nessuno sciopero in Inghilterra, invece, per l’imponente menu di tagli preparato dal governo Cameron. Mercoledì alla Camera dei Comuni, il cancelliere dello Scacchiere ha annunciato che entro il 2015 (fine della legislatura) sarà azzerato il disavanzo strutturale (differenza tra entrate e uscite) grazie a rinunce per 81 miliardi di sterline (92 miliardi di euro). Ricetta: taglio di mezzo milione di dipendenti pubblici, età pensionabile a 66 anni, 7 miliardi di sterline in meno per il Welfare, Iva al 20% dal prossimo 1° gennaio. Lo stato britannico spende ogni anno 697 miliardi di sterline e ne incassa 548. Un sondaggio Mori certifica che il 59% della popolazione è d’accordo.
Italia In Italia si discute di giustizia. Martedì 19 ottobre Berlusconi ha annunciato che la riforma è pronta: separazione delle carriere tra pm e giudici giudicanti, Csm col 50% dei membri nominati dal Parlamento, impossibilità di appellarsi quando il verdetto di primo grado sia stato di assoluzione. Il giorno prima, in commissione Affari costituzionali del Senato, era stata approvata, con l’assenso dei finiani, la retroattività del lodo Alfano per le indagini su reati eventualmente commessi dal presidente della Repubblica o dal presidente del Consiglio. Significa che i processi saranno sospesi anche per i reati eventualmente commessi prima dell’entrata in carica. Su un altro punto del Lodo, però, è intervenuto addirittura Napolitano: il nuovo testo prevede infatti che lo scudo sia reiterabile, che cioè il presidente del Consiglio o il presidente della Repubblica, se nuovamente in carica, possano continuare a essere protetti dalla legge, previa autorizzazione del Parlamento. È proprio l’autorizzazione del Parlamento, che mette improvvisamente il capo dello Stato nelle mani di una maggioranza politica, ha suscitato l’allarme dei costituzionalisti del Quirinale e il giudizio di “irragionevolezza” da parte di Napolitano. Il punto contestato sarà eliminato, ma intanto la polemica ha confermato che Berlusconi, di scudo in scudo, continua a puntare al Quirinale, dove grazie al Lodo continuerebbe a essere protetto dagli assalti della magistratura. L’insieme delle polemiche ha rilanciato le ipotesi di un governo tecnico in caso di caduta del Cavaliere. Bocchino domenica ha detto che Futuro e libertà «è disponibile per un altro governo che modifichi la legge elettorale».