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 2010  ottobre 20 Mercoledì calendario

INDAGA IL PM CHE FECE CONDANNARE

A 13 ANNI UN POVERO INNOCENTE -
È il 1997, e Lorenzo Artico, educatore in centri per l’assistenza all’infanzia, ha 30 anni. Depresso e dimagrito di oltre dieci chili, esce dal carcere di Lodi per essere ricoverato in un ospedale psichiatrico di Codogno. Il giovane è accusato di aver abusato di alcuni ragazzi, e ad accusarlo è il pubblico ministero Pietro Forno. Lo stesso che oggi sta indagando sul «caso Ruby». Pm discusso, Forno. E il processo Artico è forse la vicenda più controversa tra quelle da lui seguite.
Arrestato, Artico non mangia più. Ripete solo, in continuazione, di essere innocente. I suoi genitori temono che si suicidi. Un anno dopo, è un intero quartiere di Milano a mobilitarsi per lui. Lì, al quartiere della Barona, lì dove il «centro è quasi un altro mondo», la popolazione tutta si mobilita in difesa dell’educatore. Manifestazioni, cortei, striscioni, testimonianze. Addirittura tantissimi ragazzini della zona che scrivono ai pm: nessuno crede alla colpevolezza di quel ragazzo, che è anche l’allenatore dell’As Barona. Nessuno, nonostante le accuse siano agghiaccianti. A Lorenzo Artico verrà ridotta la pena in appello, nel 2001 (dai 13 anni del primo grado a 9 anni e due mesi) e poi, nel 2003 (a 6 anni dall’inizio di questa brutta storia), la Cassazione annullerà la condanna.
A Forno, protagonista di altre storie simili, viene rimproverato di servirsi sempre degli stessi consulenti, e di farlo perché in sintonia con le sue «attività di accusatore». I poliziotti che lavorano con lui, dicono, usano metodi inaccettabili. Un articolo di Repubblica di quegli anni riporta le parole del legale Franz Sarno, che con Forno ha avuto spesso a che fare: «Dopo un po’ di anni chiunque finisce per avere una deformazione, per vedere pedofili e violentatori ovunque».
Persecutore o paladino dei deboli? Uno dei primati della sua carriera è quello di essere stato il pm che ha chiesto ed ottenuto il primo arresto in Italia per pedofilia informatica. Forno si occupa di violenza e pedofilia ormai fin dagli anni ’90, e lo fa con un vero e proprio pool antimolestie. Magistrato dal 1972, negli anni ’70 e ’80 si occupa invece di terrorismo di destra e di sinistra. Incrociando la storia d’Italia: «Prima linea», i «Nar» di Francesca Mambro e Fioravanti, i «Proletari armati per il comunismo». Poi il pm passa ad indagare sul lato oscuro dell’essere umano. Sui «porcelloni», dice lui. E il pool antimolestie di Forno ricorre sistematicamente a periti «interni», spesso legati all’associazione Cismai (Coordinamento italiano dei servizi contro il maltrattamento e l’abuso all’infanzia).
In un’intervista del 2000, Forno difende così il suo operato: «Le assoluzioni dei miei imputati fanno sempre un gran rumore, ma il 95% delle sentenze mi ha dato ragione», spiega. «Passo per un persecutore solo perché nessuno sa quante archiviazioni ho chiesto: più del doppio delle richieste di giudizio». Sempre nel 2000 scoppia un vero e proprio «caso Forno» al Csm. Protagonista un tassista milanese, Marino Viola, accusato di violenze sessuali sulla figlia. Il pm Tiziana Siciliano subentra al collega Forno nel corso del processo, ne demolisce l’impianto di accusa e chiede in aula il proscioglimento di Viola. Che nel frattempo passa in carcere due anni e mezzo. Il procuratore generale Francesco Saverio Borrelli difende Forno, e lo sbaglio viene attribuito ai due consulenti del pm. Ma Forno chiede a quel punto di essere trasferito a Torino, e lì rimane per sette anni.
A Milano torna nel 2009, come procuratore aggiunto e a capo del coordinamento del dipartimento che indaga sui reati a sfondo sessuale. Oggi ha 65 anni, e il suo nome balza nuovamente agli onori delle cronache quando, all’inizio dell’anno, Alfano gli manda gli ispettori per verificarne l’operato. Questo in seguito all’accusa di coprire i sacerdoti responsabili di pedofilia mossa dal pm alle gerarchie ecclesiastiche. La lista dei sacerdoti inquisiti, dice Forno, «è davvero lunga». Salvo poi ridimensionare le sue affermazioni.
E oggi torna alla ribalta per l’affaire Ruby. «Sono stata ad Arcore solo una sera e quello che raccontano i giornali sono cazzate», racconta la ragazza marocchina in queste ore. «Dietro questo polverone c’è una sola persona: il giudice Pietro Forno. Mi ha usata per attaccare il premier».