Marco Belpoliti, La Stampa 1/11/2010, pagina 31, 1 novembre 2010
Meglio clienti che parenti - Ho compiuto gli anni. Indovinate chi ha mi ha fatto gli auguri per primo? Mia moglie? Le miei figlie? I miei amici? I parenti? No
Meglio clienti che parenti - Ho compiuto gli anni. Indovinate chi ha mi ha fatto gli auguri per primo? Mia moglie? Le miei figlie? I miei amici? I parenti? No. La mia banca, il concessionario dell’automobile e il sito straniero dove compro libri. Una e-mail trovata al mattino, appena aperto il computer, che era già lì dalla mezzanotte, e poi due sms, appena riacceso il cellulare, hanno celebrato il mio genetliaco. Essere clienti è più forte che essere parenti? Probabilmente sì. Oggi sono in tanti a possedere i miei dati anagrafici: il mio datore di lavoro, i committenti, il commercialista, il fisco; ma anche i fornitori degli apparecchi che uso, dal contattore elettrico a quello del gas, dal telefono al provider di internet; poi: il Comune, l’Asl, il medico di base, la farmacia (tutti dotati di computer); e tutti quelli che mi fanno fatture per il loro lavoro; e ancora: le varie assicurazioni che ho dovuto sottoscrivere. Inoltre, possiedono anche i miei dati tutti i siti che chiedono un’iscrizione per fare acquisti, gli stessi che possiedono un mare d’informazioni su di me: gusti, viaggi, preferenze, passioni, bizzarrie, amicizie, parentele, ecc. (e probabilmente le hanno già vendute varie volte). Da qualche tempo, mi sono accorto che, per quanto faccia una vita mondana assai limitata, per il solo fatto che appartengo a un’istituzione pubblica - l’università -, che partecipo a convegni e presentazioni di libri, si possono seguire le mie mosse sul web: sapere dove sono e cosa faccio in un determinato giorno. Per non dire poi del mio gestore telefonico, del telefono cellulare, che sa sempre dove mi trovo. Sono perfettamente identificabile. Per cui gli auguri via e-mail e sms dei miei fornitori sono solo la punta dell’iceberg della vita sotto verifica che noi tutti conduciamo. Un filosofo, Giorgio Agamben, ci ricorda in Che cos’è un dispositivo? (Nottetempo) che viviamo sotto il controllo di «dispositivi». Le società contemporanee si presentono sotto forma di corpi attraversati da enormi processi di desogettivazione; ovvero, processi che tolgono ai soggetti la loro forma e identità peculiare, li spersonalizzano; diventiamo sigle e numeri. Per questo il potere nelle sue varie forme - politica, sociale, economica, militare, poliziesca, ecc. - ha sempre più bisogno di identificarci. Di sapere chi siamo e cosa stiamo facendo. In tanti ci fanno, e ci faranno, sempre più gli auguri. Ci controllano anche con felici ricorrenze.