Stefano Tesi, il Giornale 31/10/2010, pagina 13, 31 ottobre 2010
Che scandalo il crac dell’università Sotto accusa tutto il «sistema Siena» - Siena Dopo anni di grandeur, ti svegli una mattina e scopri di avere 270 milioni (nel senso di euro) di debiti
Che scandalo il crac dell’università Sotto accusa tutto il «sistema Siena» - Siena Dopo anni di grandeur, ti svegli una mattina e scopri di avere 270 milioni (nel senso di euro) di debiti. Non dev’essere stato un bel risveglio. Soprattutto se il debito è quello di un ateneo che, come quello senese, non solo è antico e glorioso ma soprattutto è parte integrante del cosiddetto «sistema Siena». Ovvero di quel trittico di potere che, basato sui pilastri politica- banca-università, governa da sempre, in salsa rossa la città del Palio. Per far fronte al debito, e in attesa di individuare i responsabili (per la vicenda gli inquisiti sono 27, tra cui il rettore uscente Silvano Focardi e il suo predecessore Piero Tosi), si vende dolorosamente un po’ di gioielli di famiglia, ma ogni giorno si aprono nel bilancio nuovi e inattesi buchi, dando vita a un valzer di amministratori che non sembra avere fine e che mette seriamente a rischio l’operatività stessa della struttura didattica. Nelle more si elegge il nuovo rettore, l’economista Angelo Riccaboni. Ma anche questa designazione entra subito nel turbine delle contestazioni, tra ricorsi e veleni, e la nomina non può essere formalizzata dal ministro. Tornano così in gioco i tempi delle indagini della magistratura e della Guardia di Finanza. Nell’impasse, il Ministero minaccia il commissariamento. E mentre in questa situazione l’Università, allo stremo, annaspa, l’establishment politico e accademico sembra destarsi dal torpore e cadere dalle nuvole. Le stesse dalle quali, sul caso, dichiara di cadere l’ex rettorepadrone Luigi Berlinguer, l’artefice – erano gli anni ’80 - della prorompente crescita dell’Universitas Senarum. Si arriva così alla stretta attualità che, in slang toscano stretto, è quella delle «porte coi sassi». Ovvero l’acqua alla gola. Scadono formalmente domani, infatti, le cariche sia del rettore che del direttore amministrativo. Aprendo la prospettiva, in mancanza di nomine, di un duplice vuoto gestionale che potrebbe risultare esiziale per il già sofferentissimo ateneo, attualmente privo anche del pro rettore e di tutti i dirigenti amministrativi. E qui, a dimostrazione di quanto l’Università sia una pietra angolare del sistema, torna in gioco la politica. Il centrodestra, tramite il vicecapogruppo del Pdl al Senato, Gaetano Quagliariello, invoca da parte del Ministero la nomina di un commissario che prenda in mano il timone di una nave ormai alla deriva. Il centrosinistra, per bocca del deputato senese del Pd Franco Ceccuzzi (candidato in pectore, tra pochi mesi, alla poltrona di sindaco), si oppone, vedendo in quest’ipotesi un’altra tappa della «politica del rinvio» di cui, agitando lo spettro di striscianti «privatizzazioni», viene accusata Maria Stella Gelmini. La quale invece, in attesa di schiarimenti giudiziari, starebbe pensando di chiedere un parere all’Avvocatura dello Stato circa la nomina del nuovo rettore e di affidare nel frattempo la gestione dell’ateneo al decano dei docenti, ovvero l’inglese Paul Corner, professore ordinario di Storia dell’Europa nella Facoltà di Scienze Politiche. Per martedì, intanto, è stata convocata una seduta straordinaria del Senato accademico alla quale, non a caso, Corner è stato esplicitamente invitato. Tutt’intorno, a guardare, stanno i 2.500 dipendenti tra docenti (1.069), amministrativi (1.200) e altri, il cui stipendio è a rischio. Anche se in città non manca chi, ironizzando, preconizza per l’Università un salvataggio «politico» in calcio d’angolo. Anzi, in Corner.