Fabio Monti, Corriere della Sera 1/11/2010, 1 novembre 2010
DA FIDIPPIDE A GEBRE, 2500 ANNI DI MARATONA SENZA INVECCHIARE
Avere 2.500 anni e scoppiare di salute. Amata e frequentata da migliaia di uomini e donne. È la corsa di maratona, che ieri sulla strada dove è nata, ha ricordato l’impresa di Filippide (gli autori latini lo chiameranno Fidippide) nel 490 a. C. L’origine di tutto. Maratona come il villaggio dell’Attica, a 40 chilometri da Atene, dove l’esercito ateniese comandato da Milziade aveva sconfitto l’armata persiana di Dario I. Secondo la leggenda, perché una vera conferma storica non esiste (nemmeno in Erodoto), un messaggero aveva coperto il percorso fino all’Acropoli, per dare il solenne annuncio a chi è rimasto in città («Nike, nike»), prima di morire, stremato dalla fatica.
Una storia così solenne e affascinante non può non piacere a chi vuole riprendere la tradizione, dando vita all’Olimpiade dell’era moderna. Michel Bréal, storico e linguista francese, convince Pierre de Coubertin a inserire nel programma della prima Olimpiade dell’era moderna (1896) anche la maratona, non prima di aver allestito due test di collaudo: il primo il 10 marzo, con 12 atleti al via; il secondo, il 24 marzo, con 38 partecipanti. La gara olimpica parte dal ponte di Maratona alle 14 del 10 aprile 1896; la corrono in 18, ma non l’italiano Carletto Airoldi, arrivato ad Atene a piedi (dal 28 febbraio al 31 marzo), sull’itinerario Milano, Verona, Trieste, Fiume, Zara, Spalato, Ragusa, poi fino a Patrasso in piroscafo e da lì di nuovo a piedi fino ad Atene (in tutto 1.338 chilometri). Viene escluso per professionismo; ha preso soldi alla Milano-Barcellona. Scriverà Airoldi sulla Gazzetta: «Per un giovane che nulla possiede come me, all’infuori del coraggio e che ha quasi la certezza di arrivare primo è un bel dispiacere. Al Comitato feci valere le mie ragioni, dicendo che in Italia lo sport pedestre non è sviluppato abbastanza per poterlo fare di mestiere, e che il denaro che presi a Barcellona fu una regalìa del Municipio». La prima maratona viene vinta da Spiridon Louis, 23 anni, greco, portatore d’acqua di professione, che si presenta in solitudine allo stadio Panathinaiko, dove riesce a tagliare il traguardo, barcollante, ma vincente.
L’ineguagliabile suggestione della maratona è legato soprattutto al dramma finale di Dorando Pietri, che partecipa alla gara dei Giochi di Londra (24 luglio 1908), con partenza dal parco di Windsor e arrivo nello stadio White City sulla distanza di km 42,195 (26 miglia e 385 yards), che diventa la misura ufficiale per le prove di tutto il mondo e che non ha nessuna attinenza con la tradizione greca. Secondo quanto spiegato nella magnifica «Storia dell’atletica mondiale dal 1860 a oggi» da R.L. Quercetani, «nel vasto parco reale di Windsor il punto di partenza della maratona olimpica del 1908 fu fissato di fronte al grande terrazzo dove erano soliti affacciarsi i sei figli della regina Alexandra. Il punto di arrivo fu fissato davanti alla tribuna reale, proprio dov’era la regina... Fu così che vennero fuori i famosi km 42,195; solo nel 1924 la Federatletica mondiale decise di adottarli come distanza ufficiale per le competizioni internazionali. Se la distanza fosse nata come 26 miglia (km 41,843), Pietri avrebbe portato a termine vittoriosamente la sua fatica, senza quegli aiuti esterni che gli furono dati nel finale». E che lo portano alla squalifica, al punto che l’azzurro scriverà sul Corriere della Sera (30 luglio 1908): «Sono colui che ha vinto e ha perso la vittoria».
La storia di Pietri, escluso dall’ordine d’arrivo, ma assai più famoso di Valerio Arri, che arriva terzo alla maratona di Stoccolma 1912, e la lunghezza della gara hanno trasformato la maratona in una meravigliosa avventura, dove hanno trovato posto storie incredibili: da Michel Theato, primo nel 1900 ai 39° di Parigi, senza capire bene che cosa avesse combinato a Boughera el Ouafi, vincitore ad Amsterdam nel ’28, primo oro africano dell’atletica, algerino, che gareggia per la Francia; da Kitei Son, coreano, costretto a vincere per il Giappone a Berlino ’36 (il suo vero nome è Soe Kee-chung) a Emil Zatopek, al terzo oro nel ’52 (dopo 5.000 e 10.000). Abebe Bikila, che vince senza scarpe a Roma ’60 (non perché fosse povero, ma perché era abituato così), primo sotto l’arco di Costantino, giusto 50 anni fa, e si conferma quattro anni dopo (con le scarpe) a Tokio, trasforma la maratona da un’avventura verso l’ignoto in una gara da preparare con rigore scientifico, dove la mente conta quanto le gambe. Era etiope Bikila, morto nel ’73, ad appena 41 anni; è etiope Heile Gebreselasie, 37 anni, che è arrivato a correre in 2.03’59" (2008), un tempo vicino ai limiti umani, così come quello di Paula Radcliffe, inglese, capace di correre in 2.15’25" (2003), record mostruoso (detto senza retorica). Perché la maratona è entrata nel programma olimpico femminile da Los Angeles ’84.
Bikila resta l’Alfa della maratona moderna e non è un caso che sia stato l’unico ad aver vinto due volte l’oro olimpico di maratona, insieme con Waldemar Cierpinski, tedesco, primo nel ’76 e nell’80. Ieri Cierpinski è tornato ad Atene, per la gara che ha celebrato i 2.500 anni della corsa di maratona: 12.000 partecipanti in rappresentanza di 88 Paesi, Isole Vergini comprese (hanno vinto il keniano Bett e la lituana Drazdaukaite), sotto il sole e sul percorso della Storia. È tornato anche Ron Hill, inglese, che nel ’69, agli Europei, con un inseguimento prodigioso era andato a prendere il boccheggiante belga Roelants; è tornata anche Kathrine Switzer, la prima donna a correre una maratona, forzando il blocco e partecipando nel ’67 alla maratona di Boston (la più vecchia delle classiche, nata nel 1897). C’era anche Stefano Baldini, l’uomo che fra il ponte di Maratona e Atene ha vinto l’oro ai Giochi del 2004 (domenica 29 agosto), sedici anni dopo Gelindo Bordin, primo a Seul ’88. Baldini ha seguito la gara dal bus dei media, perché è un uomo di parola e, dopo aver annunciato il ritiro (4 ottobre), non poteva rimettersi a correre, però ha avuto tempo e modo per emozionarsi, ripercorrendo le strade dove aveva conquistato una medaglia d’oro che verrà ricordata e celebrata fin quando ci sarà l’atletica.