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 2010  novembre 01 Lunedì calendario

LE PROFESSIONI FEMMINILI HANNO UN FUTURO GREEN

Non solo energie rinnovabili, ma anche risparmio energetico, inquinamento, impatto ambientale, raccolta differenziata, biotecnologie e bioagricoltura. La green economy, spesso identificata con l’immagine dei parchi eolici o il fotovoltaioco, in realtà racchiude mercati diversi e anche prospettive di crescita ben più ampie di quanto si pensi. Le stime Ises Italia indicano che nella sola produzione di energia da fonti rinnovabili, nel caso di una stima di investimenti attorno a 79.300 milioni di euro nei prossimi dieci anni, arriverà a creare circa 200mila nuovi posti di lavoro, nelle previsioni più ottimistiche anche 250mila. Cui naturalmente si somma la crescita anche dell’indotto, che a oggi conta 55mila addetti, secondo i dati dall’Associazione produttori energia da fonti rinnovabili.

Ad oggi il mondo delle rinnovabili parla prevalentemente al maschile, perché la richiesta più importante è quella di figure professionali che lavorino in "condizioni estreme". Ma anche questo sta cambiando. «Per le donne il settore della green economy rappresenta una duplice sfida: sia nei tassi di occupazione, ancora bassi, sia nelle condizioni di lavoro» spiega Lisa Rustico, ricercatrice Adapt e dell’Università di Modena e Reggio Emilia, che ha condotto uno studio per Wires (Women in renewable energy sector), un progetto co-finanziato dalla Commissione europea, direzione generale Occupazione, Affari sociali e Pari opportunità, che misura, fra le altre cose, le possibilità di crescita dell’occupazione femminile nell’industria verde. Al di là dei requisiti per l’accesso alla professione, per cui è necessario puntare soprattutto sulla formazione e sul placement, l’altro fattore che può fare la differenza è la disponibilità alla trasferta e alla mobilità internazionale. «A questo proposito, tuttavia, non mancano le buone pratiche di alcune aziende che offrono opportunità per le donne ad alti livelli professionali» spiega la Rustico.

Ma non è sempre necessario viaggiare, perché l’industria non si esaurisce nella produzione di energia da fonti alternative. «Non bisogna più cadere nell’errore che la green economy equivalga alle energie rinnovabili perché in questo modo si limitano le prospettive di sviluppo. Rientrano nel settore anche le biotecnologie, la bioagricoltura, la bioedilizia ed l’efficienza energetica, ad esempio. E questo moltiplica esponenzialmente il numero di opportunità di occupazione femminile» osserva Emilio Luongo, responsabile divisione Green Economy di Gi Group dove lavora con Manuela Alloggio. «Tutti i ruoli di staff, dall’amministrative all’organizzazione, dalla progettazione al project management, possono essere ricoperti da donne per competenze e condizioni di lavoro. Per questi ruoli sono necessarie lauree in materie umanistiche, in giurisprudenza e in economia dove le laureate hanno superato i laureati. Ma anche nel caso di titoli universitari in ingegneria elettrica ed elettronica, civile, ambientale, chimica le studentesse stanno gradualmente recuperando posizioni nei confronti dei colleghi» continua Luongo. E proprio sulla formazione puntano le donne per farsi strada, tanto che, secondo un’analisi Isfol su dati Istat, tra il 2004 e il 2006 l’occupazione legata a professioni intellettuali e intermedie a carattere tecnico coinvolgeva il 63,3% delle donne contro il 32,4% degli uomini. Tale tendenza trova, inoltre, conferma nel fatto che più dell’86% delle donne impegnate in «attività ambientali» ha livelli di scolarità medio-alti, rispetto al 54% degli uomini.