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 2010  ottobre 30 Sabato calendario

Ne basta un chicco e arrivi su Marte - Italo Calvino e Primo Levi lo sapevano: nessun romanzo è avvincente come certe storie di scienza

Ne basta un chicco e arrivi su Marte - Italo Calvino e Primo Levi lo sapevano: nessun romanzo è avvincente come certe storie di scienza. Ce ne dà una prova Frank Close, professore di fisica a Oxford, con Antimateria, il racconto di quella che è forse la più sorprendente avventura scientifica del Novecento. L’antimateria fece la sua prima comparsa in una equazione. Siamo nel 1930. Paul Dirac riesce a dare una descrizione degli elettroni mettendo d’accordo meccanica dei quanti e relatività di Einstein, le teorie fondamentali della nuova fisica che fino ad allora sembravano inconciliabili. La formula finale contiene una sorpresa: non ha una soluzione ma due, entrambe giuste pur essendo l’una il contrario dell’altra. In matematica è normale: la radice quadrata di 25 può essere sia +5 sia -5. Ma nella realtà come vanno le cose? Quell’equazione, ora incisa sulla tomba di Dirac, è uno dei massimi risultati della fisica. La prima soluzione corrisponde all’elettrone, la particella con carica elettrica negativa che ben conosciamo e che fa funzionare i nostri mille apparecchi elettronici. La seconda soluzione, con il segno invertito, corrisponde a una particella identica all’elettrone ma con carica elettrica opposta: un anti-elettrone poi chiamato positrone. Non stiamo parlando di scienza lontana dalla vita quotidiana. Oggi la tomografia a emissione di positroni è una tecnica diagnostica usata in ogni ospedale ben attrezzato. Il positrone fu il primo mattone dell’anti-mondo. La stessa equazione, che nel 1933 valse a Dirac il Nobel per la fisica, dice infatti che ogni particella ha necessariamente la sua antiparticella. Dunque alla materia «comune» corrisponde una antimateria che è un po’ come la sua immagine riflessa in un specchio. Lo specchio inverte destra e sinistra, tra materia e antimateria si inverte la carica elettrica. Potrebbero quindi esistere anti-Terre, anti-stelle, anti-galassie: guardandole al telescopio e studiandole con ogni mezzo a oggi a disposizione, non avremmo modo di distinguerle. Nel 1932 Carl Anderson scoprì il positrone nei raggi cosmici. In realtà senza rendersene conto l’aveva già osservato un fisico russo nove anni prima, e a Cambridge se l’erano lasciato sfuggire pure Blackett e il nostro Occhialini. Ma questa è un’altra storia, che Frank Close nel suo libro racconta molto bene e invece qui tralasceremo perché ci porterebbe troppo lontano. Quanto all’antiprotone, lo staneranno Emilio Segrè e Chamberalin nel 1955 (Nobel 1959). Come scoprire se abbiamo a che fare con antimateria? Semplice ma pericoloso: metterle a contatto. Materia e antimateria si annientano in una spaventosa esplosione. E’ la reazione nucleare più potente che ci sia. Nelle reazioni chimiche (bombe al tritolo, per esempio) si libera un miliardesimo dell’energia racchiusa negli atomi. Nella fissione nucleare (bomba atomica) se ne libera un millesimo, nella fusione nucleare (bomba H) un centesimo, nell’annichilazione materia/antimateria tutta la massa diventa energia sotto forma di raggi gamma. Come esplosivo, un grammo di antimateria vale dieci miliardi di volte un grammo di tritolo. Un chicco di riso di antimateria basterebbe a portarci su Marte. Di qui sono nate alcune fantasie. Astronavi ad antimateria nella saga spaziale di Star Trek e armi totali nella mente di certi militari. Per fortuna ci ha pensato la natura a rendere le cose complicate e probabilmente impossibili. E’ vero che gli scienziati hanno imparato a produrre antimateria in quantità quasi industriali. Al Cern di Ginevra per anni l’acceleratore Lep ha fatto scontrare elettroni e positroni a miliardi di miliardi e un altro esperimento, con l’italiano Mario Macrì, ha generato cinquantamila atomi di anti-idrogeno. E’ vero anche che le «trappole di Penning» permettono di conservare l’antimateria per qualche mese. Ma, come Close fa notare, mettendo insieme tutta l’antimateria finora prodotta in mezzo secolo, non si arriva a un milionesimo di grammo. Per farne un grammo bisognerebbe spendere 10 milioni di miliardi di dollari e ci vorrebbero più di 100 milioni di anni. Il libro dunque ha un lieto fine: non avremo armi ad antimateria, e pazienza se non ci saranno neppure astronavi né centrali elettriche. Rimane l’ultima domanda che è anche la domanda ultima: esiste un anti-universo? Sembra di no. Nel Big Bang si sono create uguali quantità di materia e antimateria. Ma per qualche motivo ancora da chiarire, forse una lieve asimmetria tra le due, nella reciproca annichilazione è sopravvissuto soltanto un residuo di materia. Per accertare come andarono le cose si installerà sulla Stazione spaziale internazionale l’esperimento Ams, uno dei più costosi della storia. E’ un cacciatore di antimateria europeo che il 28 agosto un volo speciale ha scaricato a Cape Canaveral. Lo porterà in orbita l’ultimo volo dello Shuttle nel febbraio 2011. Si chiuderà così un capitolo dell’astronautica e forse se ne aprirà uno della cosmologia. Ancora una nota. L’antimateria è anche il titolo del libro di Gabriel Chardin pubblicato un anno fa da Bollati Boringhieri (pp. 116, e14). Se Frank Close vi appassionerà (è riuscito a entusiasmare un letterato puro e snob come Pietro Citati), Chardin vi offrirà un approfondimento altrettanto intrigante.