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 2010  ottobre 30 Sabato calendario

La leggenda del milionario povero - Viveva da «barbone» lavorando gratuitamente nel volontario, alla mensa dei poveri, mentre in realtà era ricercato da mesi per aver prosciugato i conti correnti di un centinaio di clienti della banca dove lavorava, per quasi 6 milioni di euro

La leggenda del milionario povero - Viveva da «barbone» lavorando gratuitamente nel volontario, alla mensa dei poveri, mentre in realtà era ricercato da mesi per aver prosciugato i conti correnti di un centinaio di clienti della banca dove lavorava, per quasi 6 milioni di euro. Ad Agrigento si era materializzato all’improvviso, nel marzo di quest’anno. La prima volta aveva varcato, timidamente, la porta a vetri della Mensa della Solidarietà gestita dalle suore della Comunità Missionaria Porta Aperta, confondendosi in mezzo a poveri ed extracomunitari, per chiedere di poter pranzare anche lui. Poi, nel giro di pochi giorni, era riuscito a conquistare la fiducia delle suore e si era dato un gran da fare per collaborare nella gestione dei servizi sociali. E la storia di Fabrizio Ingemi, 39 anni, originario di Messina, ex cassiere di banca, sconosciuto ai più fino all’altro giorno, quando è stato arrestato dalla polizia che ha messo fine alla sua latitanza che durava da otto mesi. Fabrizio, dai modi gentili ma alquanto riservato, sul suo passato aveva sempre detto molto poco: «Sono di Messina e mi trovo in questa situazione perché ho avuto problemi con la banca dove lavoravo», spiegava alle volontarie della mensa che chiedevano qualche notizia in più sui suoi trascorsi. Poi entrava in una sorta di mutismo e nessuno riusciva a saperne di più. Viveva quasi da clochard, con la barba lunga e giacche trasandate che però indossava con una certa nonchalance. Al termine del lavoro alla mensa, dove prestava la sua opera gratuitamente in cambio del pasto giornaliero e di qualche doccia settimanale, si sedeva sui divani dell’ingresso con alcuni volontari ai quali chiedeva qualche sigaretta e gli spiccioli. Con il tempo Fabrizio Ingemi aveva fatto amicizia con un giovane disoccupato agrigentino, male in arnese come lui, che si era offerto di ospitarlo a casa sua. Così ogni mattina lo sconosciuto percorreva a piedi il centro città fino a raggiungere la mensa. Nei pomeriggi, invece, si era offerto di seguire alcuni bambini disagiati alla Tenda della Solidarietà in piazza Cavour, dove faceva fare i compiti e dava ripetizioni gratuite di matematica. Eppure qualcosa in lui non convinceva. Che avesse il pallino delle finanze lo si capiva poi dal fatto che sedeva spesso sulle panchine del Viale della Vittoria, una sorta di terrazza affacciata sul mare, a leggere libri di Economia Aziendale che prendeva in prestito. L’altro giorno la Polizia ha messo fine alla sua latitanza dopo che lui, ingenuamente, aveva fatto un solo squillo dal cellulare, perennemente spento, alla sua famiglia. E’ stato chiamato per nome e cognome, proprio mentre percorreva il Viale della Vittoria, da un funzionario della questura di Messina e lui s’è girato, tradendo così la sua vera identità. Fabrizio Ingemi, ex cassiere alla filiale di Capo D’Orlando della Banca Carige, era ricercato per furto continuato e aggravato nonché per truffa, per un ammanco di 5 milioni e 700.000 euro, frutto del prosciugamento dei conti di un gran numero di clienti. Aveva ben 74 denunce, tutte presentate a suo carico dai correntisti della banca. Lui, nel pomeriggio del 26 febbraio scorso, prima della fuga, durante un incontro a Palermo con i vertici siciliani della Carige, messo di fronte all’evidenza, aveva finito per ammettere l’ammanco giustificandosi col fatto di aver voluto aiutare alcuni amici in difficoltà economica. Al termine di quell’incontro il direttore generale dell’istituto di credito, che ha sede a Genova, gli aveva notificato il provvedimento di sospensione dal servizio presentando denuncia nei suoi confronti. L’uomo, la sera stessa, dopo aver ammesso i fatti, non era più rientrato in casa, ma si era dileguato. Qualcuno pensava che si trovasse a godersi quei soldi sottratti ai clienti, a Dubai, negli Emirati Arabi, località che lui conosceva bene per esserci stato più volte in vacanza. In realtà dopo un brevissimo soggiorno sull’isola di Lampedusa, Fabrizio Ingemi era finito per fare il barbone ad Agrigento. Con l’aria un po’ rassegnata, raccontava di disavventure finanziere ma nessuno avrebbe mai creduto che fosse il bancario in fuga dopo il colpo da 6 milioni di euro. Ora si trova rinchiuso nel carcere messinese di Gazzi in attesa di essere sentito dal magistrato. Sulla fine di quel tesoro sottratto dai conti dei clienti della Carige, però, il mistero continua.