FRANCESCA CAFERRI , la Repubblica 30/10/2010, 30 ottobre 2010
YEMEN, L´ULTIMA FRONTIERA DEL TERRORE
Uno dei suoi ultimi viaggi prima di essere nominato comandante delle truppe internazionali in Afghanistan, il generale americano David Petraeus lo aveva fatto a Sana´a. Fra le torri merlate della medina più intatta dell´intera penisola arabica, il militare a cui Barack Obama ha affidato la più difficile delle missioni, aveva portato un messaggio chiaro al presidente Abdullah Saleh, l´uomo che dal 1978 governa con il doppiopetto e il pugno di ferro prima lo Yemen del Nord, poi l´intero Paese: gli Stati Uniti sono al vostro fianco, ma lo Yemen deve fare la sua parte nella lotta al terrorismo. La risposta di Saleh deve essere stata soddisfacente: gli aiuti militari americani a Sana´a sono più che raddoppiati in pochi mesi.
Petraeus, e con lui Obama, avevano visto bene. Per gli analisti lo Yemen è, insieme all´instabile Pakistan, la minaccia più grave alla sicurezza nazionale americana: più dello stesso Afghanistan, dove pure sono concentrate le telecamere di mezzo mondo.
Quanto l´analisi questa analisi sia corretta lo ha dimostrato un anno fa un militare americano: quel maggiore Malik Hasan, che lo scorso novembre uccise 13 persone nella base di Fort Hood in Texas. Come due degli attentatori dell´11 settembre, Hasan si era formato ascoltando i sermoni di quello che colui che in pochi mesi è salito in testa alla classifica degli incubi degli esperti anti-terrorismo americani. Anwar al-Awlaki, 39 anni, nato a Las Cruces, New Mexico, cittadino americano e yemenita. Grazie alla sua perfetta conoscenza dell´arabo ma soprattutto dell´inglese, Awlaki è diventato in pochi anni il predicatore jihadista più popolare della rete: i suoi video sono stati scaricati migliaia di volte in tutto il mondo e sono ricomparsi ogni volta che le autorità americane hanno cercato di farli sparire.
Ad Awlaki si è richiamato anche l´uomo che dieci mesi fa ha tentato ancora una volta di portare il terrore non soltanto sul suolo americano. Abdul Farouk Abdulmutallab, 23 anni, nigeriano, figlio della borghesia bene e educato nelle scuole occidentali, aveva ricevuto in Yemen l´esplosivo con cui, il giorno di Natale del 2009, tentò invano di far saltare in aria il volo delta Amsterdam-Detroit. Abdulmutallab fu catturato: difficilmente tornerà a vedere la luce al di fuori di un carcere americano. Ma l´ombra che ha fatto apparire alle sue spalle è ben più minacciosa: da mesi i droni americani danno la caccia ad Awlaki fra le montagne dello Yemen, senza riuscire ad ucciderlo. Lo sheik è considerato tanto pericolo che, per la prima volta, Obama ha ufficialmente diramato su di lui un ordine di assassinio mirato.
Awlaki da mesi sembra scomparso nel nulla: niente più video, niente più messaggi. Ma i segnali di allarme da Sana´a si moltiplicano invece che diminuire: l´assassinio mirato di alcuni importanti funzionari di polizia impegnati nella caccia ad Al Qaeda, eliminati uno a uno. Un crescendo di attacchi contro l´esercito. E infine, qualche settimana fa, il doppio attentato contro il compound di una ditta austriaca nella capitale e contro l´auto dell´ambasciatore britannico, già finito nel mirino lo scorso anno. Nell´attacco morì un francese: avrebbe potuto essere una strage di proporzioni ben maggiori.
È stato in seguito a questi episodi che Saleh si è deciso a lanciare la grande operazione militare contro Al Qaeda che da mesi gli americani chiedevano. Da qualche giorno i suoi uomini stanno attaccando senza tregua presunte basi di estremisti nella zona di Shabwa, dove si nasconderebbe Awlaki. Poche ore prima degli ultimi allarmi era arrivato il primo, importante risultato. Uno degli sheik alla testa dei guerriglieri si era consegnato ai militari: i vertici yemeniti hanno immediatamente cantato vittoria. Troppo presto: il pericolo, senza che loro potessero saperlo, era nascosto nei pacchi Ups che da lì a poche ore avrebbero lasciato Sana´a per portare, ancora una volta, il terrore firmato Yemen in Occidente.