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 2010  ottobre 30 Sabato calendario

SCHEDONE TAREQ AZIZ 2

L’Alta corte penale di Baghdad (Iraq) ha condannato a morte Tareq Aziz, l’ex vicepremier di Saddam Hussein, «per i crimini tesi ad eliminare i partiti religiosi in Iraq prima del 2003». [10] Dipinto come «il volto più presentabile del regime», sarà impiccato in una piccola cella del carcere al-Kadhmiya, ex quartier generale dei servizi segreti di Saddam (lo stesso complesso dove fu impiccato l’ex raìs). [2]

Saddam Hussein salì al patibolo il 30 dicembre del 2006, il boia era Muqtada al-Sadr (Nipote di Mohammed Baqer al-Sadr, giustiziato nel ’80 dal raìs). [1]

Con Aziz sono stati condannati alla pena di morte anche Saadoun Shaker, ex ministro dell’Interno e Abid Hamoud, segretario di Saddam. [2]

Tareq Aziz, 74 anni portati male (in carcere ha avuto 3 infarti, l’ultimo a gennaio [10-13]) dopo aver ascoltato la sentenza ha appoggiato la fronte al banco in segno di disperazione. Indossava una camicia blu spiegazzata e con una maglietta nera, portava apparecchi acustici, occhiali anni Settanta e il suo bastone per camminare [11-13].

Giovanni Di Stefano, avvocato del pool difensivo dell’ex vicepremier iracheno (difese anche Saddam e Ali il chimico) contesta il processo («È stato un processo fasullo, con un giudice fasullo. [...] Il giudice non mi ha permesso di fare neppure una domanda ai testimoni») e spiega la linea difensiva: «Mi sono rivolto, con un’istanza di urgenza, alla Inter-American Commission on Human Rights. Chiedo agli Usa di non consegnare agli iracheni Aziz, che fisicamente è ancora a Camp Cropper, la prigione americana a Bagdad, per bloccare la sentenza. Ma l’iter prevede che ci sia un processo di appello entro un mese da oggi, il cui verdetto arriverà entro 30 giorni». [5]

Mario Lana, consulente della difesa di Aziz: «Se resta in appello, la condanna verrà eseguita il giorno dopo». [12-7] Giovanni di Stefano: «Tareq Aziz è un combattente. Sa cosa mi ha detto dopo l’esecuzione di Saddam? «Non mi possono più uccidere, io sono morto con lui». [5]

Sei processi, assolto in 4 e condannato in due (per persecuzione degli sciiti) per un totale di 22 anni: «In 26 anni il mio cliente ha preso parte agli incontri del Consiglio del Comando Rivoluzionario solo due volte. Era sempre all’estero [...]. E comunque doveva essere scarcerato due giorni fa per buona condotta, dopo aver scontato la metà della pena. Siccome non volevano rilasciarlo è arrivata ad hoc l’impiccagione». [5-10-13]

Formigoni, presidente di centro-destra della Regione Lombardia: «Non si è mai macchiato di nessun delitto».

Tareq Aziz. Nato Tel keppe Mousul (nel nord dell’Iraq) il 28 aprile 1936 con il nome di Mikhail Yuhanna. Figlio di un proprietario terriero e di un’insegnante di inglese. La sua famiglia è cristiana di rito caldeo. Si laurea in lingua e letteratura inglese. Giornalista, ministro dell’Informazione e dal 1983 degli Esteri per otto anni fino a quando, nel 1991, viene nominato da Saddam suo vice. [1 e 2] Vestiva la divisa militare verde oliva e basco nero di gerarca baathista.[10]. Aveva sempre un sigaro in mano (nella cantina di casa sua a Baghdad una monumentale collezione di “puros” cubani oltre di di vini francesi). [3]

Era amico di Saddam già nel ’68: «Siamo entrati nel partito [il baath] insieme, abbiamo lavorato con i medesimi principi. [...] Quando siamo giunti al potere abbiamo scoperto di essere la stessa cosa, non importa se lui è musulmano e io sono cristiano. Noi siamo membri dello stesso partito e vi apparteniamo». (Tareq Aziz a Renato Farina, in un’intervista dell’agosto del 1999) [3]

L’attentato a Tareq Aziz che costò la vita a migliaia di iracheni. Alberto Negri: «Il 1 aprile 1980 un agente iraniano, collegato al partito Dawa, tentò di assassinare Aziz in visita all’Università di Mustansariya. Saddam reagì con le deportazioni curde e impiccando l’ayatollah Mohammed Baqer al-Sadr (lo zio di Muqtada). Pochi mesi dopo furono giustiziati un centinaio di membri del Dawa».[1]

Aziz, era un militante del Baath. Emanuele Vittorio Parisi: «Un altissimo gerarca del regime di Hussein, pronto a servirlo per gli scopi più brutali, sfruttando le sue qualità diplomatiche, giocando la carta della sua appartenenza alla fede cattolico-caldea e su quel suo aspetto fisico bonario («il volto presentabile del regime»), se non addirittura dimesso». [9] Asseel Kamal: «Aziz era ium menbre del Consiglio rivoluzionario quindi aveva una responsabilità diretta nei crimini della dittatura,. Ma per le élite sunnite il ruolo di Aziz era più culturale che politico» [15]

Guerra Iran-Iraq. Mentre Saddam invadeva l’Iran (22 settembre del 1980), Aziz aveva il compito di tener buoni Usa e Russia. Mimo Càndito: «Prima andò ripetutamente a Mosca ad assicurarsi i favori di Breznev con colossali acquisti di armi d’ogni tipo e, poi, convinse Washington a riprendere le relazioni diplomatiche con Baghdad, e a dare al raìs assistenza militare e perfino i gas)» [1-8]

Guerra Del golfo/1. Il ministro degli Esteri Tareq Aziz, prima accusa, nel luglio del ’90, il Kuwait di aver rubato petrolio dalla frontiera comune, ad agosto Saddam lo invade e poi, quando l’America ottiene l’autorizzazione Onu ad usare la forza per far ritirare le truppe irachene dal Kuwait, cerca disperatamente una soluzione diplomatica con Gorbaciov, con James Baker e anche col Papa. Alle 2:38 del mattino del 17 gennaio 1991, ha inizio l’operazione Desert Storm[10]

Guerra del golfo /2. Dopo che Bush accantonò la politica di appeasement tentata al tempo di Clinton, Aziz si servì della manovra dell’ oil-for-food (quote di petrolio indirizzate dal regime di Saddam Hussein verso politici contrari alle sanzioni imposte all’Iraq) per guadagnarsi alleanze che potessero frenare il piano di Washington (ci finirono dentro, o comunque così parve, anche Chirac e Butros-Ghali, Formigoni, e il capo degli ispettori dell’Onu, Ekeus: «Aziz arrivò a offrirmi 2 milioni di dollari, per aggiustare il mio Rapporto sulle armi di distruzione di massa»). [8]

Il 14 febbraio fu mandato in Vaticano da Saddam per scongiurare l’attacco di Usa e Inghilterra. A riceverlo Giovanni Paolo II. Attraverso i canali diplomatici della Santa Sede, il messaggio di Tareq Aziz fu inoltrato (senza alcun successo) dal Vaticano alla Casa Bianca. Il 19 marzo i bombardamenti iniziarono a distruggere Baghdad. [1-6]

Nel 2003, Tareq Aziz rientrò a Baghdad nonostante l’offerta di asilo di Chirac «perché il mio popolo sta per essere bombardato». [7]

Si consegnò spontaneamente due settimane dopo l’irruzione dei Marines nella capitale, il 24 aprile del 2003, in cambio dell’esilio in Giordania della moglie Violet e dei suoi 2 figli, Ziad e Saddam. [11]. Asseel Kamal: «A quel punto doveva essere considerato un prigioniero di guerra, invece è stato consegnato alle autorità irachene che lo ha sottoposto a processi vendicativi, assieme ad altri ufficiali sunniti» [15]

Alla caduta del raìs la casa di Tareq Aziz, nel quartiere di Jadiriya fu saccheggiata. Alberto Negri: «Entrai nella sala dove si era fatto intervistare con il sigaro in bocca e il bicchiere di whisky. Vidi le scarpe della moglie Violetta sparse nelle camere, libri gettati per terra i lampadari e infissi divelti». [1]

Di Tareq Aziz si è detto anche - dopo la fine della guerra - ch’era stato un informatore dei Servizi britannici. [8]

Il partito Dawa è oggi al potere iracheno con il premier Nouri al-Maliki.[10] ma dalle elezioni del 7 marzo ancora non c’è un governo vero e proprio. Le unità combattenti americane si sono ritirate a fine agosto. Restano circa 49 mila soldati Usa con compiti per lo più di addestramento del nuovo esercito iracheno. [11].

È possibile che ci sia un compromesso tra il fronte sciita del premier uscente Nouri Al-Maliki e i partiti curdi. Alberto Negri: «Nouri al-Maliki, sta cercando di accaparrarsi il favore di altri partiti sciiti, come quello di Muqtada al-Sadr. La condanna a morte di Aziz serve anche a ricompattare il fronte sciita indebolito da insuccessi e corruzione». [1] Lorenzo Cremonesi: «I sunniti però si sentono traditi, il loro candidato, Yiad Allawi, ha ottenuto un risultato migliore di al-Maliki ma non riescono a costruire la maggioranza». [11] Asseel Kamal: «La Corte Suprema ha imposto che il nuovo presidente del Parlamento venga eletto entro due settimane. È difficile che al-Maliki trovi un accordo con gli estremisti sciiti in così pochi giorni. Il suo sogno di governare per altri quattro anni rischia di trasformarsi in un’illusione»

«L’America e la Gran Bretagna hanno ucciso l’Iraq, ma quando si fanno gli errori bisogna correggerli: pensavo che lo facesse Obama, ma è un ipocrita, sta lasciando l’Iraq alla mercé dei lupi». Così disse Tareq Aziz al quotidiano inglese Guardian, alla vigilia del ritiro delle truppe Usa (per lupi intende gli sciiti e iraniani). [1]

Ziad Aziz, 44 anni, primogenito di Tareq, dichiara: «La verità è che al-Maliki [...] assieme agli esponenti del vecchio partito sciita Dawa vogliono vendicarsi. Provarono ad assassinare mio padre nel 1980. Ora hanno il coltello dalla parte del manico e non se lo lasciano scappare. Lo uccideranno. Non ci sono dubbi. Avevano promesso che avrebbero rinunciato alle violenze della debaathificazione. Ma non è vero. Sono uomini faziosi, legati a piccole logiche di faide religiose. [11] La condanna a morte di mio padre conferma che i documenti pubblicati da Wikileaks dicono il vero su quanto avvenuto in Iraq negli ultimi anni». [7]

Fonti diplomatiche occidentali in Iraq danno della condanna di Tareq Aziz una lettura proprio in questa chiave: una reazione ai dossier di Wikileaks, una prova di forza di Al-Maliki forse persino suggerita da Teheran. [7]

Asseel Kamal: «Gli ultimi file resi pubblici da Wikileaks rivelano che il premier sarebbe coinvolto nella morte di decine di baathisti assassinati da uno squadrone della morte di una trenti di ufficiali». [15]

Il portavoce di Catherine Ashon, Alto rappresentante per la politica estera e di Sicurezza all’Ue, ha dichiarato: «La pena di morte è inaccettabile». [2] Ma Ziad non ci crede più: «Tre anni fa incontrai alcuni alti esponenti della Santa Sede per lanciare un nuovo appello internazionale. Ma fu inutile. Noi cristiani del Medio Oriente possiamo contare sul loro sostegno solo a parole» [11]

Sarà Monsignor Giorgio Lingua a gestire il caso Aziz: «La sentenza contro Tareq Aziz speriamo non venga eseguita, proprio per favorire la riconciliazione e la ricostruzione della pace e della giustizia in Iraq dopo le grandi sofferenze attraversate». [6]

Mario Marazziti, Comunità di sant’Egidio: «È una figura drammatica che sconta le contraddizioni dell’Occidente che prima ha supportato il regime di Saddam e poi lo ha demonizzato». [7]

Dal convento di Assisi, dove Aziz si inginocchiò nel 2003, padre Giuseppe Piemontese ha scritto in un comunicato: «I francescani sono da sempre contrari in modo assoluto alla pena di morte [...] Aziz ci è parso il volto più ragionevole che ha limitato, probabilmente, decisioni più gravi del regime di Saddam». [12]

Il presidente Giorgio Napolitano e il ministro degli Esteri Franco Frattini hanno annunciato la richiesta all’Iraq di bloccare l’esecuzione. [2] Emma Bonino, radicale, e Lamberto Dini (centro-Destra), stanno cercando adesioni a una mozione per sospendere la sentenza, [12] mentre Marco Pannella, radicale, allo sciopero della fame iniziato il 2 ottobre per le condizioni dei detenuti nelle carceri ha aggiunto quello della sete per Tareq: «come Saddam vogliono strozzarlo per impedirgli di parlare». [14] Il senatore Giulio Andreotti: «I miei ricordi sono positivi. Tareq Aziz è un uomo che aveva la buona abitudine di lasciar parlare l’interlocutore, attitudine non frequente tra le persone importanti». [12]


[1] Alberto Negri, Il Sole 24 Ore 27/10; [2] Marco Berti, Il Messaggero 27/10; [3] Renato Farina, Libero 27/10; [4] Carlo Panella, Libero 27/10; [5] Deborah Ameri; Il Messaggero 27/10; [6] Franca Giansoldati, Il Messaggero 27/10; [7] Antonella Rampino, La Stampa 27/10; [8] Mimmo Candito, La Stampa 27/10; [9] Vittorio Emanuele Parisi, La Stampa 27/10; [10] Fausto Biloslavo, Il Giornale 27/10; [11] Lorenzo Cremonesi, Il Corriere della Sera 27/10; [12] Maurizio Caprara, Il Corriere della Sera 27/10; [13] Patrice Claude, Le Monde 28/10; [14] Stefano Citati, Il Fatto Quotidiano 29/10; [15] Asseel Kamal, La Stampa 29/10