FRANCO GIUBILEI, La Stampa 29/10/2010, pagina 33, 29 ottobre 2010
Belli e felici in Super8 - Scene di matrimoni in bianco e nero, compleanni coi bimbi che soffiano sulle candeline, famiglie al mare negli anni in cui le vacanze diventavano un fenomeno di massa
Belli e felici in Super8 - Scene di matrimoni in bianco e nero, compleanni coi bimbi che soffiano sulle candeline, famiglie al mare negli anni in cui le vacanze diventavano un fenomeno di massa. E poi la prima utilitaria, la Bianchina o la Seicento, con l’inquadratura classica del figlio piccolo al volante, inconsapevole di rappresentare un momento epocale: un Paese che cominciava a muoversi in auto, sulle ali del Boom. È la memoria dell’Italia in 8 millimetri custodita dall’Associazione Home Movies, che fino al 6 novembre presenta al pubblico il cinema privato delle famiglie italiane per la terza edizione del festival «Archivio Aperto». Spesso sono storie quotidiane minori, eppure fra gli oltre 11 mila film in formato 8, super 8, 16 e 9,5 millimetri (in quest’era digitale sembra archeologia, ma fino agli anni Ottanta la cinepresa domestica è stato il mezzo principe per chi filmava da dilettante, ndr), spuntano frammenti di storia con la esse maiuscola: come la prima visita di Hitler a Firenze, con Mussolini a fare gli onori di casa e i due dittatori che nel filmato amatoriale appaiono molto più bassi di quanto li mostrassero le pellicole ufficiali dell’Istituto Luce. Potenza dell’angolazione di ripresa, come ben sapevano i registi di regime alla Leni Riefenstahl, che invece manovravano la macchina in modo da far risaltare il lato migliore. Qui invece i cineasti casalinghi puntano l’obiettivo dove li porta il cuore o l’interesse: ecco le immagini sgranate della rivolta bolognese del marzo 1977, con gli scontri fra studenti e polizia filmati da Cesare Ballarini dalla finestra di casa sua in via Rizzoli. Nella maggior parte delle pellicole però è la vita di tutti i giorni la protagonista: si tratti del filmino degli anni Trenta che riprende una giovane coppia in barca al largo di Capri, col ragazzo in piedi a salutare romanamente l’obiettivo, oppure della goliardia anni Sessanta a Bologna. Viene da qui, e dalla raccolta di immagini del fondo Baldi, la visione della statua del Nettuno travestita da Superman, o di due sposi a spasso per il centro, lei in bianco e lui in tenuta da calciatore, con pallone in mano. Fra le mura di casa i bambini sono gli attori principali: che sputino la pappa, spengano le candeline o che facciano il bagnetto. Storie minime capaci di raccontare che cosa eravamo e come siamo mutati negli anni, che l’associazione Home Movies continua a raccogliere in tutta Italia in un’operazione di mutuo scambio: la gente porta il suo filmino, gli esperti archiviano la pellicola e restituiscono al donatore la copia digitale in dvd. Oltre ai singoli film di famiglia, ci sono vere collezioni: è il caso dell’archivio di don Artemio Zanni, «il prete con la macchina da presa», che raccoglie filmati e foto realizzati fra i bambini della sua parrocchia nell’Appennino reggiano lungo 40 anni di sacerdozio. Oppure i film medici di Vincenzo Neri, neurologo della prima metà del 900 che ha documentato il suo lavoro con la cinepresa. O ancora i filmati girati dagli emigrati in America come quello della famiglia molisana Lombardi, che fece fortuna e un bel giorno tornò in paese a Fornelli presentandosi in Rolls Royce... Questo e molto altro fa parte del progetto «Italian American Home Movies». A conclusione, il 6 novembre, in collaborazione con l’istituto storico Parri e la regione Emilia Romagna andrà in scena «Il treno va a Mosca», testimonianze sull’immaginario comunista degli anni Cinquanta, fra viaggi in Urss, riprese amatoriali dei funerali di Togliatti e manifestazioni. Perché il cinema fatto in casa è una fonte preziosa anche per gli storici di professione.