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 2010  novembre 04 Giovedì calendario

Il presente ha bisogno delle parole del passato - Studiosi illustri, come Giorgio Pasquali o Guido Calogero, scrittori come Domenico Starnone o meno noti ispettori ministeriali, come Evaristo Breccia, ci hanno detto e attestano che almeno dai primi del novecento (e non "dopo il sessantotto") l’insegnamento di greco e latino in Italia è stato assai manchevole

Il presente ha bisogno delle parole del passato - Studiosi illustri, come Giorgio Pasquali o Guido Calogero, scrittori come Domenico Starnone o meno noti ispettori ministeriali, come Evaristo Breccia, ci hanno detto e attestano che almeno dai primi del novecento (e non "dopo il sessantotto") l’insegnamento di greco e latino in Italia è stato assai manchevole. Ma lo è anche quello di matematica o scienze. Aboliremmo queste materie? No, certo. Tuttavia, si dice, latino e greco negli Stati Uniti e in altri paesi europei sono stati aboliti. Vero, ma se si riflette, si capisce che la scelta di tagliare nelle scuole il rapporto con il latino e il greco non appare pacificamente condivisibile. Fuori dell’occidente, in altre aree oggi tra le più dinamiche del mondo, il ruolo dello studio delle lingue antiche che sono le radici classiche di quelle culture, il loro greco e latino, continua a essere fondante nell’organizzazione scolastica e culturale. Ideogrammi cinesi La lingua giapponese, com’è noto, è profondamente diversa dalla cinese per origini e struttura. Tuttavia il Giappone appartiene storicamente e culturalmente all’area dell’ideogramma cinese. E nell’uso contemporaneo l’ideogramma cinese è presente in scritture di ogni sorta (perfino nella segnaletica urbana e autostradale). Quindi nelle scuole giapponesi è d’obbligo lo studio dell’ideogramma cinese (il loro greco) e nelle scuole superiori, che da decenni coinvolgono l’intera popolazione in età scolare, fa parte del curricolo anche lo studio dei testi di giapponese antico (il loro latino), che ha grammatica e lessico in parte differenti dal moderno. Nelle scuole cinesi è generale e sistematico il rapporto con i testi del periodo classico, e il cinese classico è presente nei ceti alfabetizzati anche come elemento fortemente identitario e unificante tra le molte varietà di cinese e tra i diversi gruppi linguistici della Cina. Anche nella Cina contemporanea l’antico è tutt’altro che messo da parte. In Israele l’apprendimento dell’ebraico biblico, di cui per secoli sono stati depositari solo i rabbini, è stato il punto di partenza per la nascita e la diffusione del neoebraico scritto e parlato, anche in quest’area connesso a un elevato grado di istruzione e a una forte volontà identitaria. Più complessa e variegata è la situazione in India e nel mondo arabofono. Insieme a inglese e hindi, il sanscrito - anche se privo di una comunità di parlanti nativi - spicca rispetto alle altre 415 lingue parlate e alle ventidue lingue ufficiali, in quanto classical language of India. Di fatto la persistenza e la ripresa del suo studio nelle scuole di molti dei 28 stati dell’unione, e ora in diverse università, sono un forte elemento di formazione anche primaria e di identità. Nel vasto e decentrato mondo arabofono l’unità è garantita non tanto dalla relativa similarità dei diversi arabi locali parlati e scritti, di limitata intercomprensibilità, quanto dalla presenza religiosa e pervasiva dell’arabo coranico. In questo modo si prolunga e vive, anche oltre il mondo arabofono, in aree iraniche o turcofone, una grande tradizione di scritture letterarie e scientifiche in arabo classico, il cui studio è ben presente nelle scuole e nelle diverse aree regionali. In molti paesi ciò non avviene senza problemi, per le interferenze tra l’uso dell’arabo classico, i differenti arabi parlati e le lingue di colonizzazione tuttora presenti (il francese nel Maghreb e in Libano, l’inglese a Gerusalemme, in Palestina e in Egitto). Di ciò vi sono contrastanti valutazioni locali. Ma Edward Said, nella sua autobiografia Sempre nel posto sbagliato (Feltrinelli 2000) e in un articolo pubblicato da Intemazionale (numero 533), ha mostrato bene quanto per un arabofono sia rilevante la coscienza dell’importanza di conoscere l’arabo classico e quanto conti conoscerlo effettivamente ai fini di quel buon uso degli arabi parlati cui tutto quel mondo è attento. Incubatori di lingue Diversamente dall’ebraico biblico, affidato per secoli ai rabbini, il latino e, attraverso il latino, il greco sono stati una presenza largamente operante per il formarsi del pensiero scientifico, del diritto, della medicina, delle letterature dell’Europa moderna, sia neolatina sia germanica, dalla Gran Bretagna alla Svezia, sia slava e anche ugrofinnica, dall’Ungheria alla Finlandia. E sono stati l’incubatore del formarsi delle lingue nazionali dell’Europa di oggi. In Grecia il moderno demotico non sarebbe nato senza la continuità con il greco colto antico e medievale. Una lingua germanica come l’inglese è al 75 per cento del suo vocabolario latina e neolatina. In Italia l’originaria prossimità al latino è stata determinante per le fortune del fiorentino antico, ossia per la sua accettazione generale come lingua nazionale italiana. Come l’inglese, l’italiano è opaco per chi lo usa senza la capacità di muoversi nel retroterra classico. Guardando al resto del mondo, anche in occidente varrebbe la pena riflettere. Senza conoscere le parole del passato viviamo male il presente e costruiremo molto male il nostro avvenire.