Roberto Gervaso, Il Messaggero 29/10/2010, 29 ottobre 2010
PIU’ AFORISMI, MENO TASSE
Caro Gervaso, ho molto apprezzato l’articolo di venerdì scorso, interamente dedicato ai suoi aforismi. Potrebbe anche questa settimana deliziarmi con alcuni dei suoi preziosi insegnamenti? Mi permetto, se non le dispiace, di suggerirle anche un titolo per il suo articolo: “Più aforismi e meno tasse”. Le piace?
Giulio - Bracciano
Preferisco essere felice che infelice, ma anche quando sono felice, sono un po’ infelice.
Enfatizzando sentimenti e ideali, la retorica finisce con lo svalutarli.
L’italiano crede ciecamente in ciò che finge di credere la maggioranza.
Niente è più riprovevole che fare sognare una donna che non amiamo.
Il favore inatteso di un nemico ci dà un piacere maggiore di quello che ci procurano i favori costanti di un amico. Preferiamo infatti essere graditi a chi ci ha nuociuto e ancora potrebbe nuocerci, che a chi ci ha giovato, e ci giova.
Preferisco le speranze alle certezze.
La morte, perdita di identità o solo di generalità?
L’amore ci fa chiudere gli occhi spalancandoci il cuore.
Chiedere a una donna ciò che spontaneamente ci concederebbe è come pagare il biglietto a teatro avendone in tasca un omaggio.
Dell’uomo la donna conosce più facilmente ciò che è utile di ciò che è importante; della donna l’uomo conosce più facilmente ciò che essa vuol sembrare di quel che è.
Il conformismo ha una grande alleata: la mediocrità.
Le promesse si possono anche non mantenere, a condizione che chi le ha ricevute le abbia dimenticate.
Le foglie sono morte e il bosco piange versando lacrime di rugiada.
Il bacio: un delizioso morso del cuore.
Con i potenti non ci annoiamo, impegnati come siamo a entrare nelle loro grazie, adulandoli.
L’uomo sogna quel che desidera non meno di quel che teme.
In vecchiaia, i frutti della vita non devono avvizzire, ma maturare.
A Dio dovremmo chiedere solo quello che siamo disposti a dare ai nostri simili.
La vita non è niente o, peggio, è una farsa solo per chi non sa soffrire. E saper soffrire non significa subire il dolore, che sarebbe da stolti masochisti, ma accettarlo. Il dolore è una mola su cui l’uomo deve affilare la propria anima e il proprio spirito, smussandone le asperità.
Il progressismo è la retorica del progresso.
Siamo un popolo di eroi senza coraggio, di santi senza fede, di poeti senza vena, di navigatori senza bussola.
La morte è un esame di ammissione a una vita superiore di cui ignoriamo i corsi e la durata.
La devozione è un’ubbidienza contraddistinta da un compiaciuto sentimento d’inferiorità.
Un matrimonio finisce quando non si ha più niente da dire o quando se ne ha ancora molto, ma se ne è persa la voglia.
In amore, come in politica, il tradimento è una forma di legittima difesa.
Di chi potrebbe esserci utile preferiamo diventare più complici che amici.
La giustizia invocata dai moralisti porta all’Inquisizione e ai roghi.
L’uomo e la donna non sono mai così potenzialmente nemici come quando si amano.
L’uomo, per conoscersi, deve guardarsi indietro. Alla donna basta farsi guardare.
Ci sono uomini così fatui che possono essere giudicati solo dalle apparenze.
Un politico che mantiene le promesse è più un politico onesto che un buon politico.
L’uomo vive alla giornata aspirando all’eternità.
Di un uomo invidiamo più il successo che i meriti, forse perché raramente attribuiamo quello a questi.
La convivenza rende insopportabili perfino le virtù.
Fino ai cinquant’anni l’uomo chiede alla donna passione. Poi, devozione.
Niente fa più invecchiare della fine di un grande amore.
Il sesso non è tutto, ma senza il sesso tutto è niente.
Difficilmente gli altri immaginano quello che gli chiederemmo se fossimo certi di ottenerlo.
Un politico può anche essere bugiardo, ma al momento della menzogna deve essere creduto.