Marco Pastonesi, La Gazzetta dello Sport 20/10/2010, 20 ottobre 2010
BARTALI. SALVO’ GLI EBREI, ORA GERUSALEMME HA UN ALBERO PER LUI
«Non aspettarmi — diceva ad Adriana —. Non aspettarmi ché faccio tardi». «Dove vai?» gli chiedeva la moglie. «A fare un lungo», che in gergo significa un allenamento lungo o, come si dice oggi, la distanza. Oppure: «A trovare un amico». Poi saliva in bici e spariva. Erano il 1943 e il 1944, gli anni della Seconda Guerra Mondiale. E Gino Bartali si allenava. Si allenava e intanto salvava centinaia di ebrei condannati all’arresto, alla deportazione, al lager, alla gassificazione.
Presto questi suoi speciali allenamenti saranno premiati con un albero: nel «Giardino dei Giusti», a Gerusalemme. Il massimo riconoscimento che gli ebrei conferiscono a chi ha rischiato e dato l’anima per loro. Documento falso È una storia infinita, un Giro d’Italia cominciato nel 1954, quando a una decina di giorni dall’inizio della corsa rosa Bartali si trovò senza meccanico. Lido Sartini, suo gregario, lo rassicurò: «Ne conosco uno bravo, e bravissimo nel fare le ruote. Toscano, come noi, di Camucìa». Ce n’era bisogno: le strade erano ancora gruviere, piene di ferite e cicatrici. «Ma avevo 16 anni, e il giorno prima della partenza, a Palermo, mi fecero capire che ero troppo giovane per poter seguire il Giro — racconta Ivo Faltoni, il meccanico bravissimo nel fare le ruote —. "Dormi tranquillo", mi rassicurò Dante Garioni, giornalista. La notte invecchiai di due anni, la mattina mi svegliai diciottenne, come ufficializzato da un perfetto documento falso». Silenzio Col passare degli anni, il pio Gino confidò a Faltoni di certi avventurosi viaggi, in bici. «Ma per carità, non ne parlare mai — lo ammoniva —: sono cose che si fanno e basta». E Faltoni non ne ha mai parlato finché, nel 2003, non ha incontrato un corridore professionista in cerca di una tesi di laurea in Scienze Politiche. «Te la propongo io», ha sbottato Faltoni. «E lì è cominciata "La Seconda Guerra Mondiale di Gino Bartali: ebrei, cattolici e dissidenti tra Umbria e Toscana 1943-1944" — spiega Paolo Alberati, il corridore-studente —. Scavando nei segreti del Vaticano, alla Curia di Firenze, nel Convento San Quirico di Assisi e negli archivi del Coni. E trovando le prime testimoni dirette, due suore clarisse di Assisi, Alfonsina, morta nel 2005, e Eleonora, ancora viva». E trovando anche un compagno di lavoro appassionatissimo: Andrea Bartali: «Papà mi aveva parlato di quelle operazioni, ma imponendomi il silenzio. Se gli chiedevo perché, rispondeva che sarebbe arrivato il momento buono».
Era quello il momento buono. Le missioni Alberati e Andrea Bartali, come Sherlock Holmes e Watson, hanno scoperto una quarantina di missioni: da Firenze ad Assisi e poi da Assisi a Firenze, ogni volta 360 km su strade come trincee, con i documenti nascosti all’interno di telaio e manubrio. E con soste strategiche nella stazione ferroviaria di Terontola. «Gino era amico del barista della stazione — rivela Alberati —. D’accordo con lui, si fermava nel bar, richiamava l’attenzione di decine di sportivi, tifosi, appassionati, e distraeva la polizia. Intanto sul treno venivano caricati, di nascosto, documenti e persone». Alberati e Bartali hanno scoperto anche che, prima della Firenze-Assisi-Firenze, Gino trasportava documenti e perfino soldi nella Firenze-Lucca-Genova-Firenze prima che Genova diventasse troppo pericolosa. Testimonianze L’ultima puntata è cominciata lo scorso aprile, quando Adam Smulevich, giornalista, ha lanciato sul mensile/newsletter/portale di Pagine ebraiche un appello agli ebrei sulle missioni di Bartali in bici: «Prima ha risposto Giulia Donati, 88 anni, fiorentina abitante a Tel Aviv. Poi un avvocato di Firenze: sua madre, salvata con altri tre famigliari grazie a questa rete clandestina, ricordava di aver visto Bartali più volte. E queste due testimonianze, unite a nuovi documenti, sono risultate decisive». Ora testimonianze e documenti saranno acquisiti dalle autorità israeliane. E Ginettaccio avrà il suo albero nel Giardino dei Giusti di Gerusalemme. Lui, forte come una quercia. Lui, vecchio come un ulivo. Lui, dolomitico come un larice. E stavolta, davanti a Coppi.