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 2010  ottobre 29 Venerdì calendario

DAGLI SPAZI PUBBLICI AI LABIRINTI DEL CONSUMO


In buona parte delle città del mondo, in quelle che si considerano città di paesi progrediti, è in atto una guerra all’ultimo centimetro tra due idee opposte di spazio pubblico. Da un lato tende a prevalere la scelta di concepire come pubblico tutto ciò che sta nel dominio dello shopping (è stato l’architetto Rem Koohlas a sostenere che lo shopping è l’unica
vera forma di democrazia rimasta). Secondo questa concezione i cittadini sono utenti e clienti e i loro movimenti nella città devono essere diretti, incanalati e sorvegliati. Se qualcuno deve prendere un treno, allora bisogna che passi per una lunga serie di corridoi e rampe fitte di vetrine. A Hong Kong come a Milano non è la socialità libera ed informale ad interessare agenzie di
sviluppi immobiliare e amministratori, ma come spremere al meglio il bisogno di socialità che rimane nella gente. A Hong Kong grandi rampe sospese consentono lo shopping tra un grattacielo e l’altro, ma guai se ci si volesse sedere o fermare, interviene la polizia e comunque non ci sono panchine.
La soluzione applicata alla stazione centrale di Milano di sostituire rampe alla scale mobili è una imitazione del pensiero degli shopping mall, dove è importante (ed è frutto di un
design preciso) che l’utente non trovi subito la rampa per continuare a salire e non trovi soprattutto la rampa d’uscita.
A New York i pochi spazi informali che erano rimasti tra i grattacieli vengono sempre più erosi da un controllo sistematico da parte di negozi, banche, polizia. E Londra è divenuta celebre per aver trasformato buona parte degli spazi pubblici in spazi continuamente monitorati da telecamere. In Francia ipocritamente , quando entrate in un passaggio pedonale trovate una scritta che dice «Sorridete, siete sorvegliati ». L’altra concezione è quella che nonostante tutto resiste, l’idea che lo spazio pubblico è quello costituito dalla gente per andare a zonzo, per passeggiare, per il dolce far niente per cui l’Italia è amata nel mondo. Il fine dello spazio pubblico è di essere indefinito, ma ricreato di volta in volta dalla creatività e dalla
noia delle persone che lo usano per fermarsi, parlare, discutere
animatamente di calcio, sonnecchiare, ammazzare il tempo,
osservare ed essere osservati.
Un sito bolognese riporta la quantità di umarell rimasti, quei passanti curiosi, per lo più pensionati che passano il tempo ad osservare i lavori stradali, un incidente, o semplicemente la folla. La loro scomparsa, come le trote in un fiume, segna un livello di inquinamento pericoloso: la perdita del senso dello
spazio come qualcosa di magnificamente a disposizione di
chiunque.
D’altro canto la piazza, che è un’invenzione italiana, è qualcosa di straordinario perché può contenere qualunque funzione o
nessuna. In un recente studio americano si afferma che quando piazze e marciapiedi diventano oggetto di progettazione bisogna preoccuparsi, perché queste sono le
roccaforti della democrazia, i luoghi in cui la gente può ancora
manifestare il proprio dissenso.