Virginia Piccolillo, Corriere della Sera 28/10/2010, 28 ottobre 2010
IL RAPPORTO SULLA MALASANITA’: IN ITALIA UN CASO OGNI 2 GIORNI —
Duecentoquarantadue casi di malasanità in un anno e mezzo. Centosessantatré morti. È questo il drammatico bilancio tracciato dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori sanitari. Errori di medici o di organizzazione sanitaria, per ora presunti, giacché le indagini sono ancora in corso. Ma che servono già a tracciare una mappa del rischio per i pazienti. Dei 242 casi di malasanità, verificatisi in 503 giorni, la metà si sono registrati tra Calabria e Sicilia. E così i decessi. 64 casi di malasanità e 50 morti in Calabria, 52 casi e 38 vittime in Sicilia, 14 decessi nel Lazio e poi Puglia, Campania e Lombardia con 15 casi. Un solo caso in Umbria, Marche, Basilicata e Trentino Alto Adige.
Un ritmo impressionante: un caso ogni due giorni, una vittima ogni tre. Alcuni arrivano sui giornali. Altri no. L’ultimo, denunciato ieri, è quello di una donna morta in ascensore nell’ospedale di Padre Pio dove non le sarebbero state prestate le cure necessarie, secondo quanto denunciato da un assessore regionale pugliese dell’Udc. Il 17 ottobre era morto un tredicenne all’ospedale di Catanzaro per motivi analoghi. Due giorni prima era toccato a Ilaria, studentessa di 21 anni, al Policlinico di Bari, dove si era presentata con forti dolori addominali e l’avevano rimandata a casa. Il 10 la pm dell’inchiesta sulla fine della contessa Vacca Agusta, colta da un malore e morta dopo essere stata trasferita in tre ospedali diversi liguri. Il 7, al San Camillo di Roma, dopo 7 ore di attesa per un cesareo d’urgenza una mamma aveva perso il bambino.
Leoluca Orlando che presiede la commissione, nata lo scorso aprile, rimarca che si tratta di errori presunti, ma s piega che obiettivo della commissione è verificare non solo il «chi» sbaglia, ma anche il «perché». «Avere tanti ospedali non è sempre garanzia di buona qualità. In Calabria ad esempio per curare una malattia ti trasferiscono anche 3-4 volte. Viene il dubbio che ci siano strutture fasulle. Nel Sud ci sono punti nascita che hanno solo 150 parti l’anno invece dei 1000 richiesti dallo standard europeo, e la scarsa esperienza e gli scarsi servizi sono forieri di errori». Nei tagli, aggiunge, occorre guardare agli sprechi. Un esempio? «Il caso del 118 in Sicilia. Venne affidato alla Croce Rossa e pagato a piè di lista: la spesa si decuplicò. Così pure non si può tagliare la sanità pubblica e moltiplicare i posti alle cliniche convenzionate».
Molti i commenti al rapporto. Ignazio Marino, presidente della Commissione d’inchiesta sul servizio sanitario nazionale del Senato, chiede l’istituzione di «un’authority che valuti costantemente l’efficacia, l’efficienza e la qualità delle cure». Francesca Moccia, coordinatrice nazionale del Tribunale del Malato, rivendica la richiesta a ministero e Regioni di «un sistema di controllo e registrazione degli eventi sentinella, errori o quasi errori». Il presidente della federazione degli ordini dei medici (Fnomceo), Amedeo Bianco, chiede una legge che permetta all’Ordine di «prendersi maggiori responsabilità nel campo delle sanzioni». Costantino Troise, segretario nazionale dell’ Anaao-Assomed, lamenta carenze di personale, assenza di investimenti e di formazione, condizioni che potrebbero provare un aumento dei rischi e degli errori sanitari. Troise invita però a considerare il volume di prestazioni garantite dal Servizio sanitario: 7 milioni di ricoveri l’anno, 300 milioni di visite specialistiche, trenta milioni di accessi al pronto soccorso e un miliardo di analisi di laboratorio.
Virginia Piccolillo