Fabrizio Roncone, Corriere della Sera 28/10/2010, 28 ottobre 2010
PIENONE ALLA RIMPATRIATA CRAXIANA. E AMATO RIABBRACCIA I «COMPAGNI» —
Sede di «Fondazione Socialismo», via Bormida 1. Due martedì fa.
«Sono proprio curioso di vedere se viene anche Giuliano...», disse Gennaro Acquaviva, ex senatore del Psi ed ex fidato consigliere politico di Bettino Craxi. Silenzio, sguardi perplessi. Intanto era arrivato l’ex ministro Claudio Signorile. Fumo di sigarette, una segretaria al telefono, Enrico Manca appoggiato alla parete (da potentissimo presidente della Rai, ai bei tempi andati, era solito entrare nel centro storico di Capalbio a cavallo). In corridoio, l’inconfondibile voce di Rino Formica, più volte ministro ma, al cospetto del gran capo, sempre capace di sfoggiare autonomia intellettuale, battute formidabili («La politica è sangue e merda»; «Il convento è povero, i monaci sono ricchi») e definizioni poi diventate addirittura modi di dire (come quando, nel 1991, descrisse l’ultima assemblea nazionale del Psi, come «una corte di nani e ballerine»).
Dopo dieci minuti, suonarono alla porta. «Si può?». Era Giuliano Amato.
«Quando lo abbiamo visto entrare — ricorda adesso Gianni De Michelis, il professore di chimica che Craxi promosse a ministro degli Esteri, un veneziano rapido, colto, gran ballerino — tutti abbiamo capito che la riunione sarebbe stata molto di più d’una semplice rimpatriata vent’anni dopo Mani Pulite».
Gennaro Acquaviva, 75 anni, presidente di «Fondazione Socialismo» racconta di «aver spedito una lettera a ciascun rappresentante del gruppo dirigente di quel gran partito che fu il Psi». Quattro giorni solo per trovare gli indirizzi, dopo anni di distanza e incomprensioni, e per alcuni di processi e di condanne. «Lettera breve, con una proposta: ragionare insieme sui motivi che portarono non solo alla fine del Psi ma anche alla morte della Prima Repubblica. Tenere viva la memoria, raccontare e raccontarci ciò che fu l’esperienza craxiana».
All’invito hanno aderito tutti, «veramente tutti». Da Giusi La Ganga all’ex segretario della Uil Giorgio Benvenuto, dall’ex ministro Carmelo Conte al giurista Salvo Andò, a Zito Sisinnio. Claudio Martelli ha telefonato: «Mi spiace, ma purtroppo avevo già preso un impegno. Vi abbraccio tutti». Aveva un impegno anche l’attuale capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto: «Però sarei venuto davvero molto volentieri». Ugo Intini, l’ultimo vero direttore dell’Avanti: «Con il cuore sono con voi».
Non è stata una rimpatriata, ovviamente. È stato certamente qualcosa di più. Colpisce la disponibilità intellettuale, oltreché umana, che tutti hanno dimostrato di avere. «Giuliano Amato, ad esempio — spiega Acquaviva — è venuto come un vecchio compagno socialista che vuol aiutare a ricostruire criticamente e storicamente le vicende che portarono alla fine del partito socialista».
Sì, certo: vecchi compagni che si ritrovano. Ma poi? Cosa c’era in più, onorevole De Michelis? «In quelle due ore di chiacchiere che tutti insieme abbiamo fatto, c’erano certamente dosi notevoli di rimpianto per un percorso, quello che avevamo intrapreso con Bettino, brutalmente interrotto». E poi? Dei giorni di Mani Pulite avete parlato? «Guardi che la vicenda di Mani Pulite non ha danneggiato solo il Psi, ma anche e soprattutto il Paese». Onorevole, erano stati anni di corruzione e... «La corruzione? No, il problema fu politico, fu strategico». E politicamente, oggi, può esserci una nuova prospettiva? «Mah, non lo chieda a me...».
E allora provi a rispondere lei, onorevole Formica. «Guardi, la spinta a rivederci è stata forte. E se mi chiede a cosa fosse dovuta, le rispondo: ci ha convinto la gente, quelli che incontriamo e che ci dicono: voi socialisti dovreste e potreste aiutare questo Paese morente...». Sul serio vi chiede questo la gente? «Senta, l’idea delle Mani Sporche, negli ultimi 20 anni, è collassata, e sa perché? Perché gli eventi di decadenza che si sono susseguiti nella vita politica sono stati così tragici ed enormi che...». Prosegua, onorevole. «Beh, mi chiedo: davvero il futuro di questo Paese deve restare nelle mani di Fini e di D’Alema?».
Fabrizio Roncone