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 2010  ottobre 28 Giovedì calendario

Giallo Bettencourt, spariti i computer dei giornalisti - In fondo «l’affaire» Bettencourt è «soltanto» una storia di denaro, un untume, un alito grasso di «roba», a metà Verga e a metà Zola

Giallo Bettencourt, spariti i computer dei giornalisti - In fondo «l’affaire» Bettencourt è «soltanto» una storia di denaro, un untume, un alito grasso di «roba», a metà Verga e a metà Zola. Tanta «roba», troppa, milioni miliardi di euro, e collezioni d’arte azioni donazioni eredità tangenti conti clandestini in Svizzera isole nell’oceano indiano lussi violenti. C’è un’aria greve di indigestione attorno a una signora di 88 anni che adora il colore arancione, che è ancora sulla breccia di passioni e livori, e che ha soprattutto le chiavi della cassaforte dell’Oréal, colosso mondiale della bellezza democratica, alla portata di tutte le borse. «Roba» da conservare distribuire afferrare dividere far sparire che cola a ogni capitolo, ci si sbrana per questa moderna «curée», la preda che viene data in pasto ai cani alla fine della caccia, così grossa che non esistono colpi bassi, zampate proibite. La Francia del reddito fisso è in tafferugli, per due anni in più o in meno di grama pensione; e intanto quella dei quartieri alti, claustrata a Neully, le fa da contraltare bisbocciando su un regalo, di un miliardo di euro! a un ganimede con talenti artistici. Ecco «l’affaire»: quello in più intensa intimità con l’età di Sarkozy, la ricapitola così ghiotta e sfaldata come è ed appare. A tutto questo si addice, come per i romanzi di appendice, la tecnica primitiva ma intrigantissima del colpo di scena continuo, a bocconi, della «maledizione» che si dipana come un gomitolo di lana e risucchia tutti coloro che, familiari domestici amici avvocati politici giornalisti giudici medici, toccano questo imbroglio così lussuriosamente francese. È necessaria ogni volta la ricapitolazione delle puntate precedenti per non smarrirsi in un intrigo a più facce. L’ultimo, come sempre aperto a interrogativi infiniti e sviluppi imprevedibili, rampolla dalle redazioni: i computer dei giornalisti che hanno cicalato più copiosamente sulla vicenda, Le Monde, il settimanale Le Point e il sito Mediapart, sono stati rubati. A Mediapart erano, per la verità, entrati in azione nella notte tra il 7 e l’otto di ottobre. Ma solo quando hanno scoperto che non erano le uniche vittime collegate al caso Bettencourt, i giornalisti hanno lavorato di deduzione e compilato la denuncia. Già, perché il sito ha svolto un ruolo di protagonista, mettendo in piazza le registrazioni clandestine realizzate da un maggiordomo tra il 2009 e il 2010 a casa della miliardaria: insomma il copione della vicenda dove già ne galleggiavano tutti i fecondi intrallazzi. E proprio il computer che custodiva quelle registrazioni è scomparso. Nella casa di Gérard Davet di Le Monde invece è stato prelevato il computer dove aveva messo al sicuro gli elementi della sua inchiesta; e un Gps che consente di risalire ai suoi spostamenti. Due i computer di Hervé Gattegno invece arraffati nella sede di Le Point, anche lui firma del caso Bettencourt. Tre furti perfetti, senza sbavature, senza lasciare tracce. Lavoro da e di professionisti, dicono tutti, che assomiglia più alla tecnica dei Servizi che a quella di un anonima dello scasso. I Servizi, più o meno autorizzati, sono già, per la verità, ben immersi nella palude Bettencourt. Le Monde ha presentato denuncia contro la Direction centrale du renseignement interieur, la sicurezza interna, per violazione del segreto sulle fonti di informazione. Avrebbe infatti controllato illegalmente il telefono di Davet per risalire alla fonte dei suoi articoli sui rapporti tra il ministro del lavoro e tesoriere del partito di Sarkozy, Woerth, e la miliardaria. I due, che negano risolutamente, si sarebbero scambiati favori fiscali e donazioni in denaro per la campagna delle presidenziali del 2007. I furti nei tre giornali fanno sprizzare di nuovo il lato politico che potrebbe riservare, come si vede, succose postillazioni. Intanto la saga di questi atridi della lacca per capelli scala, tra madre e figlia, nuovi vertici di rabbia auto-distruttiva. La figlia, Françoise, moltiplica le richieste di messa sotto tutela per impedire che si dilapidi la fortuna di cui è erede. La madre, Liliane, replica colpo su colpo: ha denunciato la figlia «per violenze morali» e lascia intravedere la possibilità di «revocare alcune decisioni» ovvero di diseredarla. Al tribunale di Nanterre, dove i faldoni di ricorsi denunce perizie mediche perquisizioni ormai sono alti come montagne, la lava cola alla stessa temperatura. Si sbranano i due magistrati che si dividono il dossier, uno si dice troppo cauto, l’altra troppo impetuosa. Tanto che la Gerarchia ha deciso di avocare e nominare un magistrato più «indipendente». Per scrivere nuovi capitoli o la parola fine?