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 2010  ottobre 28 Giovedì calendario

Via D’Amelio Spatuzza accusa un agente dei servizi - Il generale dei carabinieri Mario Mori, ex comandante del Ros, indagato per concorso in associazione mafiosa a Palermo

Via D’Amelio Spatuzza accusa un agente dei servizi - Il generale dei carabinieri Mario Mori, ex comandante del Ros, indagato per concorso in associazione mafiosa a Palermo. Uno 007 che a Caltanissetta viene riconosciuto - ma non troppo, e la procura si mantiene cauta - dal dichiarante Gaspare Spatuzza: «Potrebbe essere lui, ma non ne sono affatto sicuro - ha affermato l’ex boss di Brancaccio, dopo che glielo avevano fatto vedere dietro un vetro schermato, in mezzo ad altre quattro persone - il personaggio esterno a Cosa nostra, che vidi mentre imbottivamo di tritolo l’autobomba per il giudice Borsellino». Lorenzo Narracci è l’ex numero due del Sisde a Palermo ed è in servizio oggi all’Aisi. È indagato da mesi - ma a piede libero - per concorso nella strage di via D’Amelio e ieri, sempre a Caltanissetta e sempre durante una «ricognizione di persona» o confronto all’americana, è stato individuato pure, ma solo al secondo tentativo, da Massimo Ciancimino. Il figlio di don Vito ha prima indicato una persona diversa, mostrando dubbi e riserve, e poi, dopo avere appreso che non era Narracci, ha indicato la persona giusta. Nel corso di un successivo confronto ha poi sostenuto, di fronte all’agente segreto che negava, che Narracci sarebbe stato vicino al «signor Franco», il misterioso anello di congiunzione tra mafia, Servizi e personaggi delle Istituzioni, ancora non identificato, nonostante la ricerca vada avanti da quasi due anni. Personaggi di rilievo delle istituzioni sono dunque sulla graticola, nell’inchiesta sulla trattativa fra mafia e Stato, condotta dalla Procura di Palermo, e in quella parallela dei pm di Caltanissetta, che sono alla caccia di eventuali responsabilità esterne a Cosa nostra nelle stragi del ’92. I boatos parlano di coinvolgimenti di altissimo livello, ma per ora è certo solo che Ciancimino, figlio dell’ex sindaco di Palermo Vito, e il generale Mori, che col «capitano Ultimo», catturò Totò Riina, sono entrambi accusati di concorso esterno. Nello stesso fascicolo sulla trattativa ci sono boss come Totò Riina, Bernardo Provenzano e Nino Cinà. Indagato anche l’ex capitano ed ex ufficiale dell’Arma Giuseppe De Donno, che risponde dello stesso reato contestato ai tre capimafia: l’attentato a corpo politico-istituzionale dello Stato, aggravato dall’agevolazione di Cosa nostra. Il figlio di don Vito è iscritto da mesi nel registro degli indagati, ma ha ricevuto un avviso di garanzia soltanto lunedì, perché i pm Antonio Ingroia, Nino Di Matteo e Paolo Guido ritengono di avere trovato, grazie soprattutto alle consulenze grafologiche che hanno confermato l’autenticità o la «non alterazione» della quasi totalità dei documenti da lui prodotti, conferme e riscontri alla sua attività di «postino» e di intermediario tra il padre e gli ambienti mafiosi e istituzionali protagonisti della trattativa, diretta a far cessare le stragi mafiose del ’92. Mori replica affermando di essere «consapevole di avere solo e soltanto combattuto la criminalità organizzata, ottenendo sempre lusinghieri risultati e mai venendo a patti con l’organizzazione mafiosa». L’ex capo del Ros è imputato in tribunale di avere favorito Bernardo Provenzano, non ordinando il blitz che avrebbe potuto portare alla cattura del superboss di Corleone già il 31 ottobre del 1995. Il sospetto dell’accusa, che si appresta ad aggravare in aula l’accusa, è che dietro questo episodio ci sarebbe un patto inconfessabile: Provenzano avrebbe propiziato la cattura di Riina (15 gennaio 1993) e sarebbe stato «ricompensato» prima con la mancata perquisizione, per ben diciotto giorni, del covo del capo di Cosa nostra (ripulito da «uomini d’onore» e trovato vuoto dai carabinieri) e poi con la prosecuzione della latitanza, finita solo nel 2006. Per la mancata perquisizione della villa di via Bernini, Mori era stato processato assieme all’attuale colonnello Sergio De Caprio («Ultimo»), e assolto. Ieri pomeriggio i pm palermitani hanno sentito un altro agente segreto, Rosario Piraino, che ha risposto alle contestazioni di violenza privata aggravata, perché avrebbe tentato di ridurre al silenzio Ciancimino jr.