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 2010  ottobre 28 Giovedì calendario

SOLE SOLDI

& SEGRETI - “Affari”, il libretto che il viaggiatore trova sul comodino dell’hotel Mingood, non ha molte pagine. Mingood è albergo per chi vuol risparmiare, a due passi dal mercato cinese. Insomma, clienti dalle tasche vuote indifferenti alle tentazioni. Appena in là, nella terrazza dell’hotel Penang, gli ospiti raccolti per l’aperitivo nel cuore di George Town sfogliano una specie di Treccani dirimpetto a grattacieli a vela o rotondi come la torre di Pisa. Il librone racconta come mai i 44mila abitanti delle tre piccole isole delle Cayman sono più ricchi di chi lavora a Parigi: reddito medio 53 mila dollari l’anno. E ogni anno arrivano 120 miliardi che irrobustiscono gli 800 miliardi custoditi in forzieri senza nome. Conti riconoscibili solo dai numeri. Società anonime che non pagano imposte.
Petrolieri, grandi imprenditori
e i risparmi della classe media
TITOLI E AZIONI non interessano al fisco locale il quale non prende in considerazione i depositari “assenti”. Fra gli assenti indiziati da una ricerca Usa, latifondisti, impresari e dirigenti Pdvsa, petrolieri venezuelani che da 10 anni non si fidano di Chávez ma non si affidano agli Stati Uniti, bandiera della libertà invocata. Non sempre grandi depositi. Perché i paradisi si sono democratizzati e i risparmi della classe media risposano assieme alle fortune. Dagli inverni dell’America sotto zero scendono pensionati che non ripartono. E il mercato immobiliare non soffre la crisi che frena le promesse di Obama. Si costruisce sul venduto e i cantieri si allungano. 30mila dollari per le “scatole” dei subacquei, villaggi attorno al mare della piccola Cayman, oppure 8 milioni di dollari nei condomini di lusso attorno al Penang, Seven Miles angolo relax degli gnomi del quinto centro finanziario del mondo: 584 banche e 2200 fondi speculativi, o fondi pensione, maneggiano capitali che moltiplicano per tre il bilancio della Francia.
I giornalisti arrivano alle Cayman per frugare senza speranza nei segreti imperforabili. L’elenco delle società registrate non è però nascosto. Dalla Parmalat Finanziaria prima del crac, alla banca di Roma, banche svizzere a gò gò per non parlare delle presenze Usa: Miami è a un’ora di aereo, tante fortune sbarcano dalla Florida. Quando la Enron degli amici di Bush è fallita aveva 692 compagnie registrate in un posto che i lettori lontani dai giochi della finanza hanno imparato conoscere 60 anni fa: la triangolazione delle Cayman permette a Cuba di sopravvivere all’embargo. Passa tutto da qui, dalla Coca Cola alle auto giapponesi.
Isole del tesoro anche le Antille olandesi dove il silenzio non cambia. Inseguire le operazioni finanziarie dell’Ikea, per esempio, vuol direvagareinunlabirintoconipiediaCuraçao perché il genio svedese di Ingvar Kamprad non vende solo pezzi di mobili da montare a casa: ha disegnato una struttura sociale che fa girare la testa. Sede legale in Olanda dove il fisco è meno crudele. Ma l’Olanda è una porta aperta sui paradisi fiscali: rimbalzi da una società all’altra di una parte degli utili delle filiali italiane. Alla fine dormono nei dintorni di Curaçao, bella come ogni angolo dei Carabi, ma insolita per l’architettura che trapianta Amsterdam nei tropici di seta. Case dai tetti aguzzi, fuori posto soprattutto a Bonaire. Si gira in bicicletta. Era l’isola del sale e degli schiavi. È diventata regno dei subacquei, poche banche ma sempre di un certo tipo e registri aperti a chi porta i soldi in vacanza. Bisogna dire che le linee aeree pianificano le rotte inseguendo i capitali sul filo delle black list. Klm unisce Amsterdam a Curaçao, Panama e Costa Rica dove ogni tanto un ministro dell’economia va in galera “per il dollaro nero”. Donatella Pasquali, vedova Zingone oggi signora Dini, ha accompagnato nell’esilio di San Josè il primo marito in fuga dalla bancarotta fraudolenta. Ragazza energica negli affari, furbissima nelle public relation. Il governo italiano le ha finanziato il Supermercato 2000 inaugurato dal Dini della Banca d’Italia, promesso sposo, e dal ministro degli Esteri Andreotti. La signora aveva in mente di organizzare un’isola off-shore, ma imprenditori e finanzieri italiani hanno risposto con tiepidezza. Se n’è persa traccia. C’ è un paradiso che Parigi e Amsterdam condividono in amicizia: isola San Martin giurisdizione francese; isola di Sint Marten, dipartimento olandese. Cambia solo il nome, nessuna frontiera, solo una riga bianca e banche di obbedienza Ue,nonimportalalinguadiversa.Conqualche doppione, negozi: Fiorucci da una parte e dall’altra, Deutsche Bank in francese e olandese. Paradisetto che risplende fiocamente nel firmamento evocato dalle storie di Fini e Berlusconi. Oltre ad Antigua, il capo del governo italiano ha casa anche alle Bermuda, paradiso robusto. Ad Antigua ha comperato il terreno dellecinquevilledallaFlashPoint,clientedella Arner, banca svizzera chiacchierata e interamente controllata da una società residente a Curaçao, guarda un po’. Per la dignità del paese che provvisoriamente governa, il Cavaliere dovrebbe frequentare meno paradisi per passeggiare negli inferni di chi si dispera nelle piazze.
Panama, dove il riciclaggio
trasforma i dollari in armi e droga
LE ISOLE ALLA DERIVA davanti a Panama ricordano le navi tesoriere della colonia spagnola. Oro e argento del Perù attraversavano a dorso di mulo la striscia delle foreste che divideva le due americhe. Nelle stive della flotta reale parcheggiata nell’Atlantico finiva il bottino destinato ad accendere il nostro Rinascimento. Ma in agguato nei piccoli porti delle piccole isole, Antille e Carabi, aspettavano le navi corsare. Dopo gli arrembaggi il tesoro finiva lì. Passano i secoli e i tesori tornano negli stessi posti con traversate meno laboriose. Capitali che scivolano da una banca all’altra ma le spiagge d’arrivo sono più o meno le stesse. Il taglio del Canale separa due continenti ancorati a un ponte – Miraflores – mentre Panama resta la cattedrale dove si nasconde la ricchezza del mondo così detto civile.
I paradisi fiscali sono cominciati qui, e la città chearmavaiportiperresistereaipiratidiventa una capitale aperta al benessere in fuga dall’altrapartedelmare.Èunacittàdigrattacielidalle luci che restano spente quando viene sera. Non li abita nessuno eppure crescono come funghi. Il riciclaggio trasforma in mattoni i dollari neri della droga, armi e chissà quali intrighi, ma non bastano ad allargare i viali dei quartieri ville e piscine e boulevard da concorrenza parigina. Sono le banche il motore di una prosperità per pochi, perché la metà dei tre milioni di abitanti sopravvive nelle strade marce, tipo Casco Viejo, mentre la folla degli stranieri di passaggio abita alberghi dai prezzi che fanno impallidire New York. Eppure non è facile trovare il letto della notte. Il palazzo dei congressi è quasi uno stadio coperto, mai vuoto anche se è difficile capire perché grandi industrie e holding lontane scelgano, per incontrarsi, un posto schiacciato dal sole, umido per le piogge quotidiane che alimentano il Canale. Mai primavera o inverno: l’afa non cambia. La risposta arriva dalle insegne che accompagnano i boulevard: banche ad ogni passo: 150 grandi straniere più i gironi delle banche d’affari, pulviscolo dai numeri in movimento. Non vetrine qualsiasi: palazzi. Trent’ anni fa l’Ubs svizzera inaugura la sede, 5 milioni di dollari. Ma il fascino non è l’imponenza. Sono le ombre degli uffici a fare di Panama il prototipo del buon rifugio nel quale nascondere i capitali che imbarazzano.
Se vuoi aprire un conto
l’anonimato è garantito
IL DNA DEI TRAFFICI SEGRETI risale alla nascita della nazione. Stati Uniti interessati a scavare il Canale fra due oceani, Colombia che alza il prezzo di Panama, sua provincia estrema, e Washington perde la pazienza. Organizza il primo colpo di stato del ‘900 e ne proclama l’indipendenza. Quando le navi passano da un mare all’altro, gli americani controllano il traffico con una striscia militare dalla quale se ne vanno l’ultima notte del secolo, dieci anni fa. Impongono la moneta, naturalmente il dollaro, ed è sul dollaro trapiantato che sboccia la vocazione ai giochi di finanza in un posto che sembrava fuori dal mondo. Ne è diventato il cuore artificiale, limitatissimo. In più c’è il gemellaggio tra il suo porto e il porto di Hong Kong, spazi ambigui per le trame che incrociano gli appetiti del comunismo capitalista con le malinconie del capitalismo globalizzato. L’invasione delle banche precisa il destino.
Sul tavolo della camera del Mariott depliant colorati insistono nel garantire l’anonimato “di qualsiasi conto per qualsiasi somma e per ogni tipodiragionesociale”.Pregotelefonareofare visita. E le rovine delle mura anti corsari diventano barriere elettroniche a guardia dei segreti. Leggi che aiutano i bilanci di un paese che non esporta quasi niente ma importa cose strane, a volte invisibili per definizione: bandiere ombra, per esempio, voce pesante di quanto “compra” dall’Italia. Figura nei registri nautici con definizione non criptata: “Navi e natanti simili in metallo”. Bene il 2007. Malissimo il 2008. Il 2010 ricomincia a volare. Galleggiano nelle vacanze di Sardegna ma i naviganti-padroni restano all’ancora in queste stanze impenetrabili forse mai visitate anche se non sempre restano impenetrabili. Quando la mancia è discreta il buon cuore dell’archivista concede informazioni veniali in un posto dove tutto è off-shore, free shop, duty free. Nel porto franco di Colon cataloghi di armi, bazooka e carri leggeri in vetrina come regali di Natale. Una volta sono andato a sfogliare i registri della flotta nazionale, prima nel mondo per numero di scafi immatricolati. Fantasmi che nessuno ha mai visto. Dove abitano? L’impiegato apre il libro sul quale sta infilando gli elenchi aggiornati dal computer. “Le va bene Malta?”. Qualcosa nello sguardo tradisce una certa confusione: “Sa dov’è?”, provo a chiedere. “Non con precisione. Il mio settore non riguarda le barche del Mediterraneo”. Nel volume Italia trovo nomi che non dicono niente “Signora Fortuna”, “Lady Valentina”, “Y 6”, ma le notizie sui proprietari restano ripiegate chissà dove.
Negli ultimi 30 anni le banche dei silenzi si sonoattrezzateperadeguareleloronebbieall’indiscrezione Internet e per contenere l’impazienza delle autorità che inseguono la fuga dei capitali. Il funzionario milanese di una banca svizzera sorride con pazienza: “Chi cerca non si spreca e i nascondigli restano sicuri”. Perché la fedeltà del dipendenti è garantita da regole che blindano le indiscrezioni con la praticità dell’abitudine a manovrare soldi.
Poche domande: l’importante
è che arrivino i milioni
SANZIONI PENALI LEGGERE per gli impiegati che tradiscono i segreti; multe devastanti da scoraggiare ogni avventura. La rassicurazione alla base della fiducia che fa crescere i grattacieli è il sigillo di un sistema organizzato come le macchine degli orologi nell’accoglienza dei profughi dell’alta e bassa finanza. La legge impone di non fare domande quando arrivano i milioni. Da chi, perché e come, nessuno lo vuol sapere. Il paradiso comincia così.