Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  ottobre 28 Giovedì calendario

L’INVENZIONE DEL NEOSUD CONTRO IL MITO PADANO


Con l´inaspettato successo del film Benvenuti al Sud che irride i pregiudizi del Nord e con il libro Terroni di Pino Aprile, sorprendentemente best seller, che paragona il colonialismo sabaudo - nientemeno - al nazismo, il Sud si riscopre fieramente «terrone» e dall´Olimpo delle grandi dispute storiche diventa rancore plebeo. Così dal cielo delle idee la questione meridionale precipita sino al Tricolore bruciato a Terzigno, dal pensiero meridiano si arriva al Partito del sud, da Croce a Micciché, da Danilo Dolci a Raffaele Lombardo, il quale si spinge a indicare in Ulisse il primo imperialista, l´accecatore del placido gigante terrone, Ulisse come Bixio.
Il nativismo di Bossi, che invita la plebe del Nord a gettare il tricolore nel gabinetto, assorbe il neomeridionalismo che si disperde in un inferno di sigle separatiste, movimenti neoborbonici, leghe autonomiste. Secondo loro Dante aveva stabilito che la lingua italiana era il volgare siciliano: «E la Federazione andava fatta prima, non ora che ci hanno fregato tutto!». Dileggiando l´inno di Mameli e le celebrazioni dell´Unità, Calderoli e Lombardo fraternizzano nel disprezzo verso il "bandito" Garibaldi. Leghisti e sicilianisti denunziano Vittorio Emanuele e Cavour come esponenti della massoneria anticlericale.
Strampalato combattente di una causa persa, emerge così la figura del neoterrone, controveleno del leghista. Il primo inventa un Borbone che «garantiva libertà, benessere e diritti» e il secondo drappeggia la Carrocceide con Alberto da Giussano che ce l´aveva duro e Federico Barbarossa che ce l´aveva moscio. Si organizza la curva sud dell´astio contro il razzismo del federalismo settentrionale, e non c´è più la grazia di Renzo Arbore che in tv contrapponeva Miss Nord e Miss Sud, la valchiria e la berbera, e lanciava il linguaggio "storto" di Frassica: parole storpiate che riflettono l´illegalità diffusa.
Voluttuosamente malinconico come prescrive il modello antropologico del meridionale testa fina, il neo terrone può spacciare la propria terra per un civilissimo giardino sul mare come nel divertente Benvenuti al Sud o può rimpiangere un fantomatico paradiso borbonico e dare la colpa di sottosviluppo e mafia «alle violenze e ai saccheggi del Nord» come in Terroni di Pino Aprile appunto, che ha già venduto più di centomila copie, 15 ristampe grazie al passaparola del risentimento.
Nel film il neoterrone trasforma i conflitti in spettacolo e le divergenze etnico-linguistiche in un´allegria liberatoria, un riso bergsoniano: mette in scena la commedia della differenza piuttosto che il dramma dell´antagonismo. Nel libro invece il neoterrone ha il coltello tra i denti, e la ferocia militare - che è una secolare ovvietà storiografica - è paragonata a quella di Pol Pot, e via con lanzichenecchi, marocchini stupratori, l´Algeria, Pinochet, Tamerlano, Gengis Kahn, Attila, Guantanamo, Auschwitz, i gulag...: è la parodia "neoterronica" della Storia, proprio come gli scarabocchi leghisti.
Entrambi infatti considerano «la cultura italiana» la loro vera antagonista. E le contrappongono una università a prezzi bassi e a poca fatica, perché non c´è differenza tra i diti medi e le corna, tra «Roma ladrona» e il «ridateci i soldi che ci avete rubato in centocinquanta anni». Bossi è il rettore magnifico di questa Accademia che laurea sia i militanti padani sia i neoterroni arrabbiati, tutti a testa bassa contro saperi, professori e alfabeto.
Non è vero che la storiografia italiana - gramsciana o liberale, papalina o fascista - ha nascosto gli aspetti sociali del brigantaggio che ovviamente è stato studiato anche come risposta di massa all´annessione e come guerra civile. Tutto è stato analizzato e raccontato: ferocia militare e inchieste "riparatrici", le lotte contadine e la questione agraria, il modello toscano e l´abbattimento del latifondo... C´è una bibliografia immensa con storie intellettuali straordinarie, da Croce a Gentile, da Dorso alla magnificenza di Rosario Romeo che giovanissimo scrisse Risorgimento e capitalismo, e poi - non sono uno storico e cito a caso dalla libreria - Alianello, Petricciani, Capecelatro e Carlo, Zitara, l´opera monumentale di Molfese, Cingari, Lucarelli... e ovviamente Gramsci il quale scrisse: «Lo stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l´Italia meridionale e le isole squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariarti tentarono di infamare col marchio di briganti». Era il 1920. Oggi Gramsci aggiungerebbe: «Compagno Pino Aprile, sono passati 90 anni. Novant´anni di libri!».
Ad ogni crisi economica vengono fuori nuovi spasmi (e nuovi libri) antirisorgimentali perché le crisi in Italia non hanno mai riposte solidali. Ma è triste che per reagire alla Lega si metta in piedi questo teatrino dei pupi, questa angoscia incolta che è la stessa di Terzigno dove l´incendio della bandiera è speculare alla cricca che fa affari con lo Stato. Povero neoterrone dunque, così opposto e così solidale al neorazzista padano e pataccaro: sud e nord "compari" nella lotta. Contro l´Italia.