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 2010  ottobre 27 Mercoledì calendario

LA MUSICA CALA MA VALE ANCORA 3,7 MILIARDI


Tutto bene, la nave sta solo affondando. È l’impressione che si ha leggendo il rappor­to 2010 sull’economia della musica in Italia. Presentato ieri a Milano dalle maggiori sigle dell’industria musicale, sostiene che il «sistema tiene» grazie al digitale e alla riscos­sione dei diritti. Ma poi le pagine e gli interventi lasciano trasparire, senza mezzi termini, la paura reale. Meno 9%. È il calo, tra 2008 e 2009, del volume di affari generato da u­na filiera complessa che va dai pro­duttori di strumenti musicali agli apparecchi audio passando per tut­ti i mezzi e i luoghi di fruizione: dal­le cuffie di un iPod a bar e ristoran­ti. Un fatturato totale di 3,7 miliar­di di euro. Per più della metà gene­rato da discoteche (885 milioni), concerti (781) e elettronica di con­sumo audio (606, meno 25% rispet­to al 2008 e conferma di un trend negativo). Una cifra ancora impor­tante ma continuamente erosa da una crisi decennale che precede quella corrente.

Se si esclude il +3% della musica dal vivo (ma la crescita è determinata dai biglietti più salati, mentre gli spettatori sono in calo) sono solo due le voci con segno positivo del rapporto: la musica digitale e i diritti ricavati dalla musica diffusa in atti­vità commerciali e pubblici eserci­zi. Più 13% la prima e più 9% i se­condi. Secondo i diretti interessati, sono i campi più promettenti. Per Giancarlo Pressenda, vicedirettore generale Siae, «la sola soluzione. Al­tre non ce n’è». Ma i cui valori asso­luti ridimensionano le prospettive. Sono 44 i milioni di euro ricavati dal digitale: «La crescita di questo set­tore in Italia è più lenta che altrove – spiega Luca Barbarito, professore di economia alla Iulm e coordina­tore della ricerca – tanto che il no­stro Paese è scivolato dal 9° al 14° posto. Ma soprattutto le vendite non compensano ancora le perdite del mercato fisico». Ovvero dei cd. Che l’anno scorso hanno registrato un fatturato di 375 milioni di euro e un crollo del 25%. Nonostante il calo generale dei prezzi al pubblico. U­na chimera, poi, il tanto declamato rilancio del vinile, che si è bloccato all’1% del mercato complessivo.

La riscossione dei diritti apre poi un capitolo a parte. «Ormai da due an­ni la redditività della musica d’am­biente supera quella della disco­grafia » ha affermato Pressenda. Se­condo Mara Maionchi, discografi­ca prestata alla tv e diventata diva a X Factor , sono il carburante ne­cessario «per poter investire sui gio­vani, senza la fretta del risultato che sta uccidendo talenti e industria». Per Saverio Lupica, presidente di Scf, consorzio che raccoglie i dirit­ti connessi, «è sintomo di una profonda evoluzione nelle moda­lità di fruizione». Certo, la pirateria e l’assenza in Ita­lia di una educazione musicale pro­ducono effetti devastanti. Ma se fos­se proprio questa riduzione della musica a atmosfera da supermarket invece la vera causa della crisi del­la musica, derubata, prima che del denaro, della sua anima?