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 2010  ottobre 26 Martedì calendario

DOSSIER PARLAMENTO

(due pezzi più un’immagine) -


CAMERA DISFATTA - PAOLA ZANCA PER IL FATTO QUOTIDIANO 26/10/2010 -

Un anno è passato, invano. Come il 19 ottobre del 2009, quando il disegno di legge venne presentato alla Camera, oggi alle ore 15 a Montecitorio si torna a parlare della brutalità di chi taglia le orecchie e la coda dei cani. Poi tutti a casa, fine dei lavori.
Nell’ultimo anno la disoccupazione è arrivata all’11 per cento, L’Aquila è ancora piena di macerie, Federmeccanica ha disdettato il contratto nazionale delle tute blu. Eppure, alla Camera dei deputati del Parlamento italiano, nulla è cambiato. La ratifica della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia ci è già costata 8 sedute in commissione Giustizia e Affari esteri, 3 discussioni in aula, 4 passaggi nelle commissioni del Senato e altrettanti dibattiti nel plenum di Palazzo Madama, altre tre letture nelle commissioni di Montecitorio. Oggi torna in aula. E non è detto che sia la volta buona.
Nulla di strano, se nel frattempo i parlamentari italiani si occupassero d’altro. Invece, quella contro i maltrattamenti agli animali è praticamente l’unica attività della settimana. Magra consolazione sapere che la prossima non ci sarà nemmeno questa. Pausa lavori di venti giorni: l’aula riposa, si lavora solo in commissione Bilancio, per preparare la Finanziaria. “Molto curioso – dice il deputato dell’Udc Roberto Rao – Quando serve dicono che la Finanziaria non c’è più, che ora c’è un documento di programmazione molto più snello, quando serve una scusa per spiegare che la Camera non lavora, torna buona pure quella”.
La verità è che del Parlamento, questo governo, non ha bisogno. Basta guardare chi è il terzo nella classifica degli assenteisti: l’onorevole – e avvocato del premier – Niccolò Ghedini. È uno dei protagonisti della nostra democrazia: parla in tv, rilascia dichiarazioni alla stampa, gestisce la partita giustizia per conto del governo. Eppure in Parlamento non ci va praticamente mai. Assente al 75, 39 per cento. Tradotto, su 6799 votazioni che ci sono state dall’inizio della legislatura lui si è fatto vedere solo 1673 volte.
Obiettivo: timbrare il cartellino
La politica si fa da un’altra parte. L’aula si riempie giusto per timbrare il cartellino. “Da quando abbiamo ripreso dopo l’estate lavoriamo due giorni a settimana – confessa Roberto Giachetti, segretario d’aula del Partito democratico – Il calendario lo fa la maggioranza, e le cose che passano in aula non dico che si mettano a riempimento, ma quasi… Servono a fare da tampone, altrimenti saremmo chiusi”.
Fosse un problema di fannulloni, si potrebbe chiedere almeno una strigliata pubblica al ministro Brunetta. Ma qui di mezzo ci sono almeno tre questioni, molto più complesse da sbrogliare.
Intanto c’è un governo che si è fatto legislatore. Dei 190 provvedimenti approvati definitivamente da Camera e Senato, 157 sono di iniziativa del governo e solo 33 sono frutto di proposte del Parlamento. “Non è cattiveria – spiegano dallo staff del capogruppo Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto – Lavorare per decreti è un male antico: indipendentemente da chi c’è al governo, ci sono una serie di questioni che vanno accelerate. La decretazione non è cosa buona ma diventa necessaria. In un mondo che va veloce, tu devi dare”. Andava veloce anche il mondo del governo Prodi, e in effetti anche lì il ricorso ai decreti non fu cosa rara: 112 leggi partorite in due anni, solo 13 nate in Parlamento. Però, spulciando i calendari d’Aula degli anni passati, la sensazione è che almeno, allora, i parlamentari ci provavano a fare qualcosa. Nella stessa settimana in cui oggi parliamo dei maltrattamenti ai cani, tre anni fa si discuteva di come riformare la seconda parte della Costituzione, di come rendere più efficiente la pubblica amministrazione, di riqualificare i centri storici. Non se n’è fatto niente, si dirà. Ma adesso siamo alla paralisi perfino delle idee. O costano troppo, o fanno litigare.
Perchè nel governo dei decreti, c’è un ministro, Giulio Tremonti, che sembra fatto apposta per tarpare le ali. Due settimane fa ha negato la copertura economica perfino alla riforma dell’università del ministro Gelmini. “Se siamo arrivati a questo livello, figuriamoci come si può parlare di altri provvedimenti legislativi– spiega ancora il Pd Giachetti – Perfino discuterne in commissione è diventato un esercizio sterile, perché tanto poi non c’è copertura. Di progetti di legge fermi in commissione ce ne sono a bizzeffe, ma loro ti dicono che non ci sono soldi e non ti danno alternativa”. Siamo andati a contarli. Solo alla Camera sono 3317, di alcune si è già iniziato l’esame, di altre nemmeno quello.
Un problemachiamato Fli
Qualcuna sarebbe a costo zero, ma neanche di quelle si può parlare. Colpa del terzo problema, quello che per la maggioranza di governo si declina con tre lettere: Fli. Se sulla giustizia non sono stati un ostacolo, i finiani potrebbero cominciare a diventarlo su questioni “eticamente sensibili”. Il divorzio breve, per esempio. Le norme per semplificare le procedure e ridurre i tempi per ottenerlo, non costerebbero nulla, ma sono lì, ferme, che altrimenti sono guai. Lo stesso vale per il testamento biologico. Anche quello congelato, fino al prossimo caso Englaro.
Tre progetti di legge costituzionale sulla soppressione delle province sono già arrivati in Aula. Nessuno fiata nemmeno su questi, i leghisti hanno le redini in mano. “È esattamente la mossa finale e ‘popolare’ di Berlusconi – scriveva il deputato Furio Colombo un anno fa – Eliminare, anche senza chiuderlo, il Parlamento”.
Così, un po’ perchè il governo non ha tempo da perdere, un po’ perché Tremonti non ha voglia di scherzare, un po’ per non guastare gli equilibri precari della maggioranza, la Camera dei deputati è diventata un luogo da cartolina. Martedì 12 ottobre, il capogruppo dell’Idv Massimo Donadi non ha saputo resistire: guardando il Transatlantico vuoto, alle cinque del pomeriggio, ha tirato fuori il cellulare e ha scattato una foto. Sul suo blog lo chiama “deserto”. E scrive una lunga didascalia: “Volete sapere quanti disegni di legge ha approvato il Parlamento nel mese di settembre? Zero. Quanti decreti legge? Zero. Quanti documenti, cioè aria fritta? Nove. Quante mozioni grazie all’opposizione? Tre. E una ratifica. Fine, game over”.


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CAMERE PARALIZZATE, IN UN ANNO 10 LEGGI — SERGIO RIZZO PER IL CORRIERE DELLA SERA 26/10/2010


Alla Camera dicono che succede, qualche volta. Succede quando arriva la Finanziaria, che adesso si chiama «legge di stabilità». Allora si ferma tutto, in religiosa attesa che la commissione Bilancio partorisca. Ecco spiegato perché almeno per tutta la prossima settimana le luci dell’Aula di Montecitorio resteranno spente. Con il risultato che molti deputati, come ha sottolineato ieri sul Messaggero Marco Conti, potranno godersi un periodo di ferie supplementari.
Quella spiegazione «ufficiale», tuttavia, non spiega perché da tempo, ormai, i parlamentari non si ammazzano di lavoro. La verità è che non c’è il becco di un quattrino. Ma soprattutto che è il governo a dettare tempi, modi e priorità. Eppure, nonostante le difficoltà economiche, gli argomenti non mancherebbero. La commissione Giustizia della Camera, per esempio, ha praticamente concluso l’esame di un provvedimento antiusura già approvato dal Senato. Che però, senza apparenti motivazioni, procede lentissimo. Come anche il disegno di legge anticorruzione, approvato dal Consiglio dei ministri otto mesi or sono, e ora parcheggiato nelle commissioni di Palazzo Madama. A motori spenti. In questo caso però una ragione c’è. Si deve assicurare una corsia preferenziale al Lodo Alfano.
Per rendersi conto dell’apatia nella quale sono immerse le Camere è sufficiente dare uno sguardo ai calendari. Il Senato sarà impegnato nella discussione di mozioni sulla politica agricola comune, poi di risoluzioni, interrogazioni e interpellanze. Invece la Camera, quando la vacanzina sarà finita, dovrà fare i conti con le norme di «sostegno agli agrumeti caratteristici». Senza contare il trasferimento della Consob da Roma a Milano, preteso dalla Lega. Tutto questo, naturalmente, sempre che l’esecutivo non decida di sconvolgere il ruolino di marcia. Ma nemmeno il governo «del fare» di Silvio Berlusconi, che pure ha appena ripromesso una raffica di riforme, sembra percorso da un frenetico attivismo. Per dirne una, è da 117 giorni che aspettiamo la nomina del presidente Consob. Se non si riesce a fare quella, figuriamoci la riforma fiscale...
Cinque mesi sono passati da quando il presidente della Camera Gianfranco Fini sbottò pubblicamente («a meno che il governo non presenti qualche decreto c’è il rischio di una paralisi dell’attività legislativa della Camera!»), scandalizzato per il fatto che il lavoro dei parlamentari era ormai limitato a due giorni la settimana, e nulla è cambiato. Nei 298 giorni trascorsi dal primo gennaio l’assemblea di Montecitorio si è riunita 126 volte. Quella di Palazzo Madama ancora meno: 92.
Il 18 ottobre la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato una legge approvata l’8 ottobre scorso, l’ultimo dei 74 provvedimenti entrati e usciti dal Parlamento quest’anno. In quel numero sono compresi 18 decreti legge del governo e altri tre provvedimenti di routine, sempre di fonte governativa, come la legge comunitaria. Poi ci sono le 17 leggi di conversione di altrettanti decreti. Quindi 22 ratifiche di trattati internazionali: atti dovuti. Ne restano dunque 14, fra cui ci sono però anche provvedimenti nati da disegni di legge governativi. Per esempio quello del ministro dell’Interno Roberto Maroni sulla nuova disciplina antimafia. Delle dodici leggi «superstiti» fanno poi parte provvedimenti a uso e consumo dei partiti e della politica, come la legge sul legittimo impedimento che ha consentito al premier di non partecipare per motivi istituzionali ai processi che lo vedono imputato, o come la sanatoria delle liste elettorali per le Regionali. Ne restano dunque una decina. Una pattuglia sparuta, nella quale, oltre a provvedimenti di indubbio spessore sociale, come le disposizioni a favore dei malati terminali, dei sordociechi, o degli alunni dislessici, troviamo per esempio una legge che consente di nominare un finanziere comandante delle Fiamme Gialle, una norma sul personale dell’agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie...
La carestia legislativa farà senza dubbio contento il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli, immortalato mentre inceneriva con un lanciafiamme migliaia di provvedimenti inutili. Eppure anche nel suo partito, la Lega Nord, qualcuno ha masticato amaro. L’avvocato messinese Matteo Brigandì, fiero delle 199 cause vinte in difesa del suo leader Umberto Bossi, con coraggio leonino ha annunciato un giorno il gesto clamoroso: «Mi dimetto perché non ha più alcun senso fare il parlamentare. Le Camere sono state svuotate di ogni loro funzione. Non hanno più alcun potere di iniziativa legislativa e sono state messe nella condizione di fare solo il notaio del governo». È decaduto dall’incarico il 30 luglio 2010. Giusto poche ore dopo essere stato eletto nel Csm dal Parlamento. Per inciso, Brigandì era stato uno dei proponenti del legittimo impedimento.
Sergio Rizzo