Varie, 27 ottobre 2010
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Pigozzi MassimoLuigi
• Genova 1 giugno 1963. Assistente capo della polizia di stato. Nel 2010 condannato in appello a 3 anni e 2 mesi per un episodio nella caserma di Bolzaneto durante il G8 di Genova del luglio 2001: afferrò le dita di una mano del cinquantenne no global Giuseppe Azzolina, due da una parte e due dall’altra, divaricandole al punto di lacerargli l’arto, la ferita venne suturata senza anestesia (Alessandra Pieracci, “La Stampa” 6/3/2010) • Nel giugno 2007 fu arrestato con l’accusa di aver stuprato due giovani prostitute romene e averne palpeggiato una terza mentre erano nella camera di sicurezza affidate al suo controllo (Erika Dellacasa, “Corriere della Sera” 7/6/2007): «[...] l’uomo sostiene che si tratta di un complotto, che in Questura ce l’avevano con lui fin dai tempi delle volanti, perché “non ero omologato al sistema”. “Un tipo particolare, strano” dice un collega. “Però è sempre educato, mai arrogante con le donne”, replica una collega. Alto oltre un metro e 80, robusto, gli si critica un’eccessiva giovialità e un comportamento imprevedibile. “Rozzo e non troppo sveglio”, dice un funzionario. “Ha avuto parecchi casini”, sostiene un ispettore. “Macché, solo una pena pecuniaria, anni fa, per rivelazioni di segreto d’ufficio”, dichiara l’avvocato difensore, Nicola Scodnik. “È stato anche mandato alla Spezia per toglierlo da qua”, insiste l’ispettore. “È sempre disponibile”, dice un milite della Croce Bianca che ha fatto parecchi interventi con lui. Eppure, nell’aula dove si celebra il processo per le brutalità commesse a Bolzaneto nel 2001, il racconto di Giuseppe Azzolina, cinquantenne no global, era stato terribile: “Ero sceso dal cellulare, quando si diffuse la notizia, poi risultata falsa, della morte di un carabiniere. Un poliziotto robusto, con i capelli neri corti, mi ha afferrato la mano e l’ha divaricata con tutta la forza, facendomi urlare”. Dieci giorni dopo, “mentre ero all’ospedale di San Martino, ho visto arrivare un’ambulanza: alla guida c’era quello stesso poliziotto. Gli ho detto ‘Non mi riconosci?’. Mi ha detto di no“. “Non è vero, ho solo accompagnato un gruppo di persone fermate e poi non sono rimasto nemmeno un quarto d’ora a Bolzaneto”, è sempre stata la giustificazione di Pigozzi, che parla di un complotto contro di lui. Ma gli elementi d’accusa sono molti: l’agente che condivideva il turno ha raccontato di essere stato allontanato con una scusa. “Ecco, è un complotto, sono stato l’unico declassato e punito dopo il G8 e ora vogliono liberarsi di me”, sostiene l’accusato. Il primo episodio di violenza risale al giugno 2005, vittima una romena, fermata durante un controllo a Sampierdarena. Racconterà di essere stata afferrata per un braccio e portata dalla camera di sicurezza a una stanzetta vicina, con i profilattici in un cassetto. C’è una testimone, una connazionale, che conferma il racconto e rivela di essere stata a sua volta palpeggiata. E nei mesi successivi, durante l’interrogatorio di una terza prostituta, nell’ambito di un’inchiesta contro una banda albanese, rivela di essere stata violentata in Questura, nell’agosto 2005. La descrizione della stanza degli stupri è particolareggiata. “Un locale sempre aperto: tutti possono vederlo nel tragitto verso le celle”, sostiene il poliziotto. L’inchiesta del pm Vittorio Ranieri Miniati porta, nel marzo 2006, a una perquisizione. Nell’armadietto dell’indagato vengono trovati i preservativi. Pigozzi resta al suo posto. Fino a [...] quando scatta l’arresto. [...]» (Alessandra Pieracci, “La Stampa” 7/6/2007).