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 2010  ottobre 27 Mercoledì calendario

IL BELLO DI ESSER TERRONI

Grasse regine del matriarcato sudista che obbligano ospiti lùmbard a ingurgitare all’alba colazioni a base di sanguinaccio: “Le piace dottò? È cioccolato e sangue di maiale”. Un ragazzo geloso, innamorato, imprigionato in un complesso d’Edipo al sapore di pomodoro ‘nbuttunato, che chiede all’amata di sposarlo. Poliziotti della stradale che benedicono laicamente gli automobilisti: “È diretto a Napoli? Poverino, come la capisco, anche mio fratello ha combattuto in Kosovo”. Spazzatura che vola dalle finestre, sadici vigili e quadri che raffigurano forme di gorgonzola, come nella scuola Marilyn Monroe, del Bianca di Moretti, dove al posto del ritratto di Sandro Pertini, troneggiava Dino Zoff al Bernabeu di Madrid. Oscuri travet della bassa padana che sognano il trasferimento a Milano e pur di realizzarlo, sono pronti a fingersi paraplegici: la truffa viene smascherata sul più bello e Claudio Bisio paracadutato a Castellabate. Una scena, sola, racconta la grazia di Benvenuti al Sud: il Meridione che mette in parodia i preconcetti di cui è vittima, a beneficio di una nordista (Angela Finocchiaro) convinta che Castellabate sia la periferia di Kabul. Perché? Chi si nutre di pregiudizi, non si sazia con la realtà.
Una commedia scorretta ma inoffensiva sull’eterna dicotomia settentrional-meridionale che si è fatta strada nella pigra programmazione autunnale, anticipando i cinepanettoni e battendoli sull’unico terreno in cui i film di Natale accettino di battersi. Benvenuti al sud è il secondo incasso dell’anno dopo Avatar. Ventuno milioni di euro e più di tre milioni e mezzo di spettatori capaci di confinare Inception e Wall Street nella scomoda poltrona degli sconfitti. Il rifacimento di Giù al Nord di Dany Boon (Il più grande successo economico della storia del cinema francese) scritto dallo sceneggiatore di Gomorra Massimo Gaudioso ha cambiato la vita a un corpulento ragazzo napoletano di 42 anni. Luca Miniero ha barba incolta che circonda occhiali da intellettuale. Nonostante la laurea in Lettere moderne, la parola lo terrorizza al pari delle letture sociologiche: “Il mio film è solo una commedia senza pretese e i capolavori abitano altrove. Garantisco”.
Però le è cambiata la vita.
Prima bussavo a porte che rimanevano chiuse. Ora mi cercano e devo valutare circa 50 copioni. Mi sta succedendo di tutto.
Le dispiace?
No, ma neanche mi monto la testa. I miei genitori, impiegati napoletani della media borghesia mi hanno insegnato il realismo e alcune regole fondamentali.
Esponga.
Non prendersi mai troppo sul serio offre buone possibilità di sopravvivere alla demenza e alla presunzione.
Non si sente un autore?
Per carità. Non sono uno sperimentatore, ma un tradizionalista. Nuoto nella tradizione del teatro napoletano.
Registri solidi.
Il grottesco, l’assurdo, l’improbabile. Ridere della retorica è terapeutico.
“Le persone al sud piangono due volte. Quando arrivano e quando partono”. Non è retorica anche la filosofia alla radice di Benvenuti al sud?
È una parodia degli eccessi leghisti e degli intoccabili sacrari della meridionalità. Ma è solo un’occasione per sdrammatizzare. Il mio film dimostra che il cinema italiano esiste. E anche senza rutti, può diventare un’industria. Non è detto che denaro sia il sinonimo di diabolico.
Perché Usmate e Castellabate e non Milano e Napoli?
Per raccontare il rapporto tra provincia e centro. Poi nessuno avrebbe creduto a una Napoli senza camorra. Il film guarda con più dolcezza al Sud: a Napoli era più difficile capovolgere i luoghi comuni.
Essersi fatto distribuire l’opera da Medusa, proprietà di Berlusconi, la imbarazza?
No, non credo che tocchi agli artisti o ai saltimbanchi l’obbligo di fare rivoluzioni.
Ma un’idea ce l’avrà.
Alle ultime consultazioni non ho espresso nessuna preferenza. Quando è troppo è troppo.
E Berlusconi?
Berlusconi non l’ho mai votato. Va bene così?
Stima i suoi colleghi?
Non tutti. Qualcuno è invidioso, qualcun altro cattivo. Il più bel film italiano degli ultimi anni comunque è l’Imbalsamatore di Matteo Garrone, il migliore in assoluto, forse, Accattone di Pasolini, l’attore, magnifico, Toni Servillo.
Gaudioso, lo sceneggiatore di Gomorra ha scritto per lei.
Ancora non siamo rodati, lavoriamo singolarmente, poi amalgamiamo il materiale.
Per otto anni, in pubblicità e al cinema, lei ha diviso il pane con Paolo Genovese.
Separarsi era naturale. Abbiamo ideato molti spot e un piccolo film Incantesimo napoletano.
Trama?
Una famiglia di Napoli, padre e madre, campanamente ortodossa, cui capita una disgrazia.
Quale?
La loro unica figlia, fin dalla nascita, parla in milanese stretto. Loro si vergognano, cercano di nasconderlo, lei sogna di visitare il Duomo e detesta i friarielli.
In Benvenuti al Sud, il direttore di una filiale delle
poste, Claudio Bisio vede
Milano come Betlemme.
E pur di raggiungerla imbroglia, assecondando la generale scorrettezza che nella patria del luogo comune è una esclusiva prerogativa degli uomini del sud.
Qualcuno ha criticato l’eccessiva semplificazione di un dissidio reale.
Facebook serve soprattutto a questo. È una tribuna aperta e sfruttandola, mi hanno scritto a migliaia. Qualcuno si è incazzato, anche.
Perché?
Per esigenze di narrazione ho situato Castellabate in provincia di Napoli. Nella mia città, bene e male sono sempre in equilibrio, ma la rabbia della gente di Salerno è la dimostrazione che non esiste una sola Italia, ma infinite frazioni che girano intorno a un particolarismo ossessivo.
La sua favola ha una morale?
La secessione mi fa orrore, ma lo Stato che cala dall’alto un’unità rapidissima a cancellare le identità locali, mi inquieta. Volevo giocare su questo.
Bossi?
Provoca per iperboli, alimenta gli istinti peggiori, ma alla fine, riesce spesso a ottenere ciò che vuole.
Davvero?
Rifletteteci. Oggi siamo tutti federalisti, anche a sinistra. Sembra che senza federalismo non si possa più vivere. Io personalmente, stavo benissimo anche prima.
Lo Stato deve assistere il cinema?
Assistere è un termine pornografico. Deve finanziarlo. Accade in tutti i Paesi civili.