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 2010  ottobre 25 Lunedì calendario

LA FAMIGLIA, IL TENTATO SUICIDIO, L’EREDITA’ CONTESA: LA FALLACI PRIVATA


Un altro brandello di dolore si aggiunge al mosaico di sofferenza della vita di Oriana Fallaci: la contesa sulla sua eredità. Ieri sera lo Speciale Tg1, condotto da Monica Maggioni, ha trasmesso un ricordo della grande scrittrice e giornalista, nel quale la sorella Paola ha anche raccontato i problemi sollevati dal testamento, in base al quale erede universale risulta suo figlio Edoardo Perazzi.

«Un avvocato americano — dice Paola — mi consigliò di impugnarlo. Così, per capirci qualcosa, pensai di oppormi, dicendomi: vuoi vedere che scopro veramente che cosa è successo? Io sapevo che l’Oriana era stata incerta fino in fondo e che la casa di New York avrebbe voluto dividerla in due, per dare all’altro mio figlio, Antonio, il piano di sotto e il giardino». Perché proprio il giardino? «Perché Antonio era uno che lo curava: quando andava a trovare la zia, lo rimetteva in ordine, potava gli alberi...». Ma era necessario molto denaro per portare avanti la causa, oltretutto divisa tra Italia e America: «Non me la sono sentita di andare fino in fondo a questa storia — continua Paola —. Ho capito che chi ci avrebbe guadagnato di più sarebbe stato proprio l’avvocato. Mi sono posta la domanda: se blocco questa eredità, rivendicata dal mio ex figlio (così chiama Edoardo, che ieri non ha voluto commentare l’intervista con il "Corriere", ndr), di chi faccio il bene? Non certo il mio, perché non ho alcun interesse e ormai sono arrivata al traguardo della mia vita. Faccio il bene di Antonio che, poveraccio, non ha ricevuto niente? Non credo. E allora, come madre, non me la sono sentita: portare via tutto a uno, sia pure ex figlio, per far arricchire un estraneo. Rinunciai».

Una battaglia persa sul nascere: «Ma il mio ex figlio — riprende la sorella della Fallaci — l’ha interpretata come vittoria dei suoi avvocati. Eh no, caro, è stato un mio regalo». E con lui ha chiuso ogni rapporto: «Non parlo più con lui e ho cambiato la serratura alla casa di famiglia a Firenze, perché lui, l’erede universale, andava lì. Invece sono io l’erede di quella casa, che è a mio nome».

Un racconto amaro, come è amaro — e talvolta grottesco — il racconto dell’«odioso londinese», un giornalista inglese per amore del quale — rivela Paola — la Fallaci tentò il suicidio: la sorella fu spedita dalla madre a Londra per assisterla in ospedale. «L’Oriana — continua Paola, mentre adesso scorrono le immagini dell’appartamento di New York — adorava questa casa. Era stata la sua più grande conquista: l’aveva pagata tanto, era ricorsa a un prestito, aveva sempre timore che gliela portassero via. Poteva starci dentro per anni, a lavorare, ed essere felice, autonoma. Era il suo rifugio e investiva molto su di essa: la migliore lavatrice, il miglior arredo... Una volta mi fece vedere il frigorifero che faceva il ghiaccio, per me una novità. Figuriamoci se la vedesse così com’è ridotta adesso». Una casa — in realtà oggi in fase di ristrutturazione — che avrebbe dovuto essere la sede della fondazione a lei intitolata: «Non se ne sa più nulla — aggiunge —, Firenze l’ha già dimenticata. Io saprei come fare la fondazione: la storia dell’Oriana e della nostra famiglia di veri fiorentini, attraverso la storia di Firenze. E invece non solo non la fanno, ma magari poi l’affidano al primo venuto».

Dolore e rimpianto: «Mi chiese di andare con lei a New York — conclude —. Lei stava male, ma anch’io stavo male e non me la sentivo. Lei immaginava che se l’avessi accompagnata, sarebbe stato tutto più facile...». Morire.