Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 26/10/2010, 26 ottobre 2010
QUANDO L’ITALIANO ALL’ESTERO DEVE PARLARE DEL SUO PAESE
Come ci si deve comportare quando all’estero si fa riferimento a comportamenti intollerabili sul piano civile del nostro Primo ministro, come quando bestemmia? Quando la cosa viene fuori nel discorso, e a me capita andando a Bruxelles, io sprofondo dalla vergogna come italiano e mi rendo conto che non basta dire che io non l’ho votato. Ci dia un suggerimento, perché ormai capita a tutti quelli che viaggiano all’estero, e ne derivano danni non solo all’immagine.
Gianni Mesti
gianni.mesti@hotmail.it
Caro Mesti, non credo che l’amore del presidente del Consiglio per le barzellette sia il peggiore dei suoi difetti e ho persino l’impressione, a malincuore, che sia una delle ragioni della sua popolarità in una parte considerevole dell’elettorato italiano. Mi consolo solo pensando che una barzelletta, anche se sboccata e volgare, è meglio del turpiloquio con cui Richard Nixon infiorava le sue conversazioni alla Casa Bianca. Quanto al suggerimento che lei mi chiede ecco qualche riflessione sul modo in cui un italiano all’estero, oppositore del suo governo, potrebbe comportarsi.
In primo luogo non vedo perché lei debba vergognarsi dell’Italia. Al suo interlocutore belga lei potrebbe ricordare che il suo Paese sta dando al mondo, in questo momento, uno sconcertante spettacolo d’incultura politica e civile. A un interlocutore olandese potrebbe fare presente che non giova all’immagine dei Paesi Bassi avere un governo costituito grazie al sostegno di un uomo politico per cui il Corano (libro sacro di oltre un miliardo di esseri umani) è una sorta di «Mein Kampf». A un francese potrebbe chiedere notizie sul compromesso con cui è stato risolto il problema delle pendenze penali di Jacques Chirac, penultimo presidente della V Repubblica, oppure le sue impressioni sul duello giudiziario fra Nicolas Sarkozy e l’ex Primo ministro Dominique de Villepin. A un amico britannico potrebbe chiedere che cosa pensi del modo in cui Tony Blair, premier dal 1997 al 2007, ha amministrato finanziariamente la sua popolarità politica.
Naturalmente spero che lei non lo faccia. È inutile e controproducente trasformare una conversazione civile tra persone di Paesi diversi in un palleggio di accuse reciproche. Le consiglio invece uno sforzo per dare al suo interlocutore qualche informazione sulla situazione politica italiana. Il suo sarà pur sempre il racconto di una persona contraria al governo e molto critica del presidente del Consiglio. Ma poiché non credo che lei voglia rappresentare i suoi connazionali di centrodestra come una massa di sciocchi o farabutti, cerchi di spiegare perché Berlusconi sia riuscito a conquistare una parte della società nazionale. Allarghi il discorso, in altre parole, sino a includere qualche considerazione sullo stato dell’opposizione e sulle ragioni per cui i due governi di Romano Prodi siano durati molto meno di una intera legislatura. Alla fine della conversazione lei non avrà rinunciato al suo giudizio sull’attuale governo, ma avrà reso l’Italia un po’ meno incomprensibile per il suo interlocutore straniero.
Sergio Romano