Fabio Cavalera, Corriere della Sera 26/10/2010, 26 ottobre 2010
DA HARROD’S A CHRISTIE’S. L’EMIRO COMPRA I GIOIELLI DI LONDRA —
Quando lo sceicco e la moglie dello sceicco sbarcano in Inghilterra, terra che amano dai tempi degli studi, non si sa mai come può andare a finire. Una volta, ed eravamo nel mezzo della bufera finanziaria nel 2008, parteciparono a un ricevimento e se ne uscirono che avevano riempito le casse della Barclays Bank con 2,3 miliardi di sterline, evitando la nazionalizzazione e salvando il colosso della City. Un’altra volta, e questa è recente (maggio 2010), avendo saputo che Al Fayed si era deciso a vendere Harrods, arrivarono con l’assegno di 1,5 miliardi di sterline e si comperarono l’icona dello shopping londinese. Adesso, che sono in visita ufficiale per qualche giorno, chissà che altro hanno in testa. Ma c’è da giurare che non si limiteranno a sorseggiare una buona tazza di tè. Quale pezzo pregiato si stanno per aggiudicare Hamad bin Khalifa al-Thani e la sua consorte? Parlando al Financial Times l’emiro del Qatar ha dichiarato di essere interessato a presentare un’offerta di acquisizione per Christie’s, la casa d’aste più antica del mondo.
È difficile dire chi fra il sovrano e la moglie, l’affascinante e illuminata sceicca Mozah bint Nasser Al Missned, abbia di più il senso degli affari e pure della filantropia. Pare ad esempio che nel caso di Barclays (e di Credit Suisse) una buona parola l’abbia messa proprio lei. Così come, sempre la sceicca Mozah, avrebbe spinto per muovere 5 miliardi di dollari verso l’economia greca sull’orlo del fallimento. È merito invece del sovrano se 10 miliardi di dollari del Qatar sono stati investiti in azioni di Volkswagen e Porsche. È un appassionato di auto: ha persino provato sul circuito del Qatar una monoposto di formula 1 (la Williams). E quando una dei suoi bolidi, una Lamborghini, è rimasta a corto di olio, pur di non sbagliare rifornimento ha preferito fare caricare la vettura su un aereo privato e spedirla a Londra per il controllo dei livelli. Non si sa mai.
Entrambi hanno una lunga dimestichezza con l’aria inglese. Lui, prima di deporre il padre che nel 1995 era in vacanza in Svizzera e si trovò azzerato, ha studiato a Cambridge e ha frequentato niente meno che la prestigiosa accademia militare di Sandhurst dove si formano gli eletti delle forze armate britanniche. Lei, laureata in sociologia, ha conseguito, fra i tanti, anche un dottorato all’Imperial College di Londra. Forse, è per questi lunghi soggiorni nella culla della democrazia europea che loro altezze reali vengono salutate come star illuminate, i riformisti arabi amici degli Stati Uniti (ma anche dell’Iran), amici dell’Europa, amici del Regno Unito soprattutto. Di certo c’è che, grazie allo sceicco e alla sceicca, le donne del piccolissimo Qatar (1,8 milioni di cittadini) hanno il diritto di voto e, ancora, che dalla capitale Doha, trasmette in ogni continente Al Jazeera, libera potenza televisiva fondata dall’ex cadetto di Sandhurst nel 1996.
Ma, a parte le pur significative mosse politiche della coppia, quel che conta di più, nel cuore della finanza mondiale, è ovviamente il peso del portafoglio reale. Che stando alle classifiche di Forbes custodisce almeno 20 miliardi di dollari, grazie alle esportazioni di gas di cui il Qatar ha riserve immense. L’emiro e la consorte hanno fatto tanta «spesa» a Londra: sette miliardi di sterline in tre anni. Oltre a Barclays Bank e Harrods, i fiori all’occhiello, sono padroni di montagne di titoli alla Borsa, poi del 26% della catena Sainsbury e, naturalmente, del mattone extralusso con la scommessa sull’area delle ex caserme di Chelsea (600 milioni di sterline), questione che al principe Carlo sta parecchio a cuore. Al Financial Times lo sceicco Hamad dai folti baffoni ha confidato: «Noi investiamo ovunque». Già, ma lo «shopping» londinese è quello preferito.
Fabio Cavalera