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 2010  ottobre 26 Martedì calendario

Google dribbla il fisco e risparmia 3 miliardi - Un Irish doppio e un Panino all’olandese da tre miliardi di dollari

Google dribbla il fisco e risparmia 3 miliardi - Un Irish doppio e un Panino all’olandese da tre miliardi di dollari. Non è l’ultimo stravagante menù del pub più caro al mondo ma l’escamotage fiscale con il quale Google ha potuto risparmiare parecchi denari che avrebbe dovuto versare al fisco di alcuni dei Paesi dove opera. Il colosso dei motori di ricerca ha ridotto i suoi versamenti tributari di 3,1 miliardi di dollari negli ultimi tre anni utilizzando una specie di scudo attraverso cui i profitti incassati all’estero finivano nel paradiso fiscale delle Bermuda attraverso canali olandesi e irlandesi. Secondo un’indagine condotta da Bloomberg la manovra di «elusione», messa in pratica - conosciuta come «Dutch Sandwich» e «Double Irish» - ha permesso alla società di Mountain View di ridurre l’aliquota di imposta (tax rate) nei confronti dei fisco straniero al 2,4%. «E’ notevole che l’aliquota sia così bassa - dice Martin Sullivan, economista ed ex consigliere dell’Ufficio delle entrate del Tesoro americano -. La società opera in Paesi con pressioni fiscali elevate, senza dubbio superiori al 20%». L’aliquota applicata ai profitti delle big corporation negli Stati Uniti è in media del 35%, mentre nel Regno Unito, secondo grande mercato per giro d’affari di Google, si aggira intorno al 28%. D’altra parte Google, il re dei motori di ricerca, ha adottato strumenti già impiegati da altri operatori del comparto hi-tech come Facebook e Microsoft. Si tratta di schemi che traggono vantaggio dal codice tributario irlandese, il quale consente di veicolare profitti dentro e fuori sussidiarie locali, eludendo buona parte del 12,5% di imposte locali sugli utili. I tesoretti finiscono così in isole tropicali, far west fiscali, come Bermuda o Saint Lucia dove non esiste alcuna forma di imposizione. Il sistema chiamato «Double Irish» (da doppia entrata) non comporta l’accusa di evasione fiscale. «Si tratta di una pratica ampiamente utilizzata da altre imprese globali che operano in diversi settori», spiega Jane Penner, portavoce di Mountain View. Facebook ha messo a punto un sistema simile che consente di veicolare parte dei profitti alle isole Cayman. Tecnicamente il metodo funziona con il «transfer pricing», ovvero movimenti contabili tra società controllate che consentono di spostare i proventi in sussidiarie con sede nei paradisi fiscali, e di allocare le spese in quelle che operano in Paesi con aliquote elevate. L’operazione si traduce per Google in un rafforzamento degli utili pari al 26% lo scorso anno. Secondo un’analisi di mercato se la società dovesse rispettare l’aliquota Usa del 35% per tutti i suoi profitti, il valore del titolo sarebbe di 100 dollari inferiore. L’altro metodo di dribbling della tassazione si chiama «Dutch Sandwich» (panino olandese) ed è una specie di garanzia aggiuntiva al buon esito della rotta off-shore. Ovvero il cash flow operativo, quindi i profitti, dalla controllata di Dublino non va direttamente alle Bermuda ma si ferma per un breve tour in Olanda per evitare royalty particolari che il governo irlandese applica a società che operano in certi Paesi dell’Ue. I capitali passano attraverso un canale intermedio, Google Netherland Holdings, che versa alla controllata delle Bermuda il 99,8% di quanto riceve. Il pit-stop è un flusso puramente finanziario, tanto che la controllata olandese non annovera impiegati al proprio interno. Una volta che i profitti extra-Usa di Google raggiungono il paradiso fiscale caraibico, il ciclo di allocazione è completo e i flussi finanziari terminano in un sistema di scatole cinesi dove è difficilissimo rintracciarli. La procedura sebbene non rappresenti una forma di evasione si traduce in una perdita per il fisco. Secondo funzionari del Tesoro Usa una correzione di queste procedure consentirebbe un guadagno di 86,5 miliardi di dollari.