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 2010  ottobre 26 Martedì calendario

TRA DIPENDENTI E INDOTTO IL MARCHIO VALE 220MILA POSTI

Sono almeno 250 mila in Italia le famiglie che, direttamente o indirettamente, ricevono una busta paga grazie a Sergio Marchionne. Venticinquemila i dipendenti diretti. Il resto nell’indotto. Megli anni i posti di lavoro si sono drasticamente ridotti. Nei momenti di massima forza solo i dipendenti a libro paga erano più di centomila. Progressivamente l’organico è diventato più sottile. Facile immaginare che la cura dimagrante proseguirà nel tempo. In questo momento gli stabilimenti funzionano a ritmo ridotto. Per esempio Mirafiori (un tempo la più grande fabbrica automobilistica europea) funziona solo una settimana al mese. Non a caso è uno degli impianti sotto osservazione. Se le condizioni di mercato dovessero precipitare è il principale candidato alla chiusura. Già oggi non produce modelli di punta tranne l’Alfa Mito. La city-car denominata Fiat Zero, che inizialmente sembrava destinata a Torino, verrà prodotto in Serbia. Nulla da fare per Termini che, l’anno prossimo si fermerà tagliando 1.400 posti.
Gli occhi degli analisti sono puntati sulle affermazioni di Marchionne che, a Fabio Fazio, ha annunciato che non un euro dell’utile del gruppo è realizzato negli stabilimenti italiani. E’ un’affermazione difficile da verificare. In effetti è vero che negli ultimi quindici anni Fiat Auto ha dato ben poche soddisfazioni. Oggi a lucidare il conto economico provvede soprattutto il Brasile che, a spanne guadagna almeno un miliardo. Complessivamente va bene tutto il Sudamerica. Un mese fa Cristiano Rattazzi, figlio di Susanna a capo delle operazioni a Buenos Aires, ha annunciato che la produzione verrà triplicata in due anni passando da 450 a 1.200 auto al giorno. Vanno abbastanza bene anche i furgoni leggeri come Doblò e Ducato frutto di una joint venture con Peugeot.
E l’Italia? Marchionne non ha mai dato i risultati per area geografica. Tuttavia è immaginabile che sulle vetture vendute sul mercato nazionale un po’ di margini restino attaccati. Il vero problema sono le esportazioni in Europa dove la quota di mercato è solo del 7%. Il marchio Fiat ha il 5,4%. Alfa e Lancia (interamente prodotte in Italia) non arrivano all’1% ciascuna. Vuol dire che i due marchi, subiscono in pieno la concorrenza di prezzo. Pur di vendere Marchionne è disposto a perderci qualcosa. Ma almeno tiene a bada i costi fissi.