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 2010  ottobre 25 Lunedì calendario

Le dieci assurdità di Fini sull’aumento delle tasse - Ma che bella pensata! La prima proposta programmati­ca comprensibile a tutti di Fini è stata nientemeno che il rad­doppio delle tasse sui rispar­mi, un livello addirittura supe­riore a quanto sognato in pas­sato da Bertinotti

Le dieci assurdità di Fini sull’aumento delle tasse - Ma che bella pensata! La prima proposta programmati­ca comprensibile a tutti di Fini è stata nientemeno che il rad­doppio delle tasse sui rispar­mi, un livello addirittura supe­riore a quanto sognato in pas­sato da Bertinotti. Fini non si è fatto quindi problemi a rinne­gare un programma sulla base del quale è stato eletto e che aveva scrit­to in grosso e in rosso l’impe­gno a non alzare in nessun ca­so le tasse. Posto che la scusa di finanziare l’università è una foglia di fico - dato che i soldi non sono diversi - non si capisce perché, per reperire fondi, una tassa sui risparmi sarebbe meglio di, ad esem­pio, un taglio al suo stipendio o ad altri sprechi, ecco un pic­colo promemoria dei motivi per cui quest’idea è dannosa, sbagliata e molto pericolosa. A I risparmi sono ciò che rimane da redditi già tassati. Non possono quindi essere messi sullo stesso piano degli altri guadagni. B L’interesse sui risparmi serve in gran parte a compen­sare l’inflazione. Se l’inflazio­ne è il 2% e il rendimento dei Bot è l’1,5%, il risparmiatore ha in pratica perso soldi, non c’è nessun guadagno da tassa­re. Inoltre, gli investimenti si possono anche perdere, chie­dere informazioni a chi aveva titoli Parmalat, Lehman, Ci­rio o, più semplicemente, a chi ha messo i propri rispar­mi in Borsa negli ultimi anni. C I beni accantonati delle famiglie sono una ricchezza dell’Italia e sono uno dei pun­ti­di forza che ci differenzia da­gli altri Paesi, consentendoci una maggiore stabilità in peri­odi di crisi, nonostante le no­stre debolezze profonde e strutturali. Criminalizzarli è come minacciare di bucare il salvagente che ci ha tenuto a galla. D Il denaro si può spostare con enorme velocità e sempli­cità. Se vi fossero proposte e timori sulle tassazioni, la con­seguenza immediata sareb­be la fuga dei capitali (per i quali incertezza uguale peri­colo) all’estero,così come av­venuto durante gli anni del governo di sinistra. E Non esiste nessuna «me­dia europea» per i risparmi, dato che le aliquote, le esen­zioni, le detrazioni e le fran­chigie sono del tutto diverse. In ogni caso, dato che il no­stro Paese è meno affidabile politicamente e più a rischio degli altri (anche grazie a poli­tici come Fini), in assenza di convenienza fiscale non si ca­pisce perché uno­dovrebbe la­sciare i propri capitali deposi­tati in Italia. F La tassazione sulle obbli­gazioni è una partita di giro per lo Stato (che pagherebbe interessi lordi più alti, ripren­dendoseli pari pari sotto for­ma di tassa), ma è un aggra­vio netto sulle obbligazioni societarie, gli emittenti delle quali dovrebbero pagare ce­dole lorde maggiori per offri­re u­n rendimento netto accet­tabile senza potersi riprende­re nulla. In un periodo dove le banche hanno stretto i rubi­netti del credito, colpire l’emissione di titoli da parte delle imprese significa pena­lizza­rle proprio nell’unico ca­nale di finanziamento che si è rivelato efficace anche nei pe­riodi peggiori della crisi e che ha salvato molte grandi azien­de da conseguenze dramma­tiche. G I dividendi delle azioni vengono da utili rimanenti dopo una tassazione che è già fra le più penalizzanti in Euro­pa. I guadagni da capitale, in­vece, sono un miraggio che, ai risparmiatori colpiti da ri­bassi epocali delle Borse e an­ni di rendimenti negativi dei fondi, suonerebbe come una beffa, mirata a colpire la spe­ranza di un eventuale recupe­ro dei prezzi dopo anni di sof­ferenza. H Gli italiani non sono ob­bligati a mettere i propri ri­sparmi in titoli: è lo Stato che deve sperare caldamente che i cittadini gli usino la cortesia di finanziare il suo debito smi­surato acquistando Bot e Btp. Inoltre,il risparmio dev’esse­re incoraggiato in quanto fon­te di comportamenti virtuosi e autosufficienza famigliare. Se per un qualsiasi motivo il mettere da parte qualche sol­do non dovesse essere più conveniente, un cittadino ri­marrebbe comunque libero di andare a Parigi a spendersi la liquidazione in champa­gne e ballerine per poi torna­re «da povero» e provare a chiedere un sussidio. Se il de­bito italiano non venisse più sottoscritto dai risparmiato­ri, addio stipendi, addio pen­sioni e (modesta consolazio­ne) addio Fini. I La crisi ha comportato un aumento mondiale del de­bito pubblico: pertanto ci sa­rà sempre più competizione fra gli Stati sovrani per convin­cere i risparmiatori a sotto­scrivere i propri titoli. Dato che il «porcellino salvadana­io » delle famiglie italiane fa gola a tutti e che una parte im­p­ortante della nostra ricchez­za è proprio reinvestita in Ita­lia, gli unici che avrebbero da guadagnare se il nostro Paese diventasse meno accogliente per il risparmio sarebbero proprio gli altri Stati, pronti ad accogliere i denari in fuga con tappeti rossi e grandi risa­te i­ndirizzate alla nostra stupi­dità. La sparata di Fini è in questo senso talmente dan­nosa per le nostre finanze che, se non dovesse derivare da errore, superficialità o faci­loneria si potrebbe addirittu­ra pensare che sia stata ispira­ta da qualche Stato estero, nel qual caso si tratterebbe di tradimento puro e semplice. J In regime di tassi bassissi­mi come l’attuale, a fronte dei danni di cui sopra, in ogni ca­so il gettito sarebbe minimo. Ovviamente (sempre me­glio specificarlo, non si sa mai) si suppone che l’ipotesi di aumento delle tasse si in­tenda sui titoli di nuova emis­sione, dato che, in caso con­trario, sarebbe un rimangiar­si impegni dello Stato, analo­go a un default. Ci sono in cir­colazione titoli anche trenten­nali venduti ai risparmiatori con la garanzia di una ben precisa tassazione. Nemme­n­o il governo Prodi aveva osa­to pensare di tassare lo stock di debito già emesso. Vorreb­be forse farlo Fini?