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 2010  ottobre 24 Domenica calendario

Gli abiti di Michelle fanno guarire l’economia - La principessa Di­ana andava in mezzo alla gen­te e faceva stare bene i malati

Gli abiti di Michelle fanno guarire l’economia - La principessa Di­ana andava in mezzo alla gen­te e faceva stare bene i malati. Michelle Obama quando si presenta in pubblico guarisce l’economia. Il fascino del per­sonaggio che fa miracoli torna alla ribalta con una ricerca pubblicata su Harvard Busi­ness Review in cui il professore di finanza David Yermack pre­senta Michelle Obama come la donna da 2,7 miliardi di dol­lari. La cifra corrisponde agli incassi di 129 compagnie di ab­bigliamento. I loro capi sono stati indossati dal novembre 2008 al dicembre 2009 dalla First Lady americana. La cifra è pari a un aumento delle ven­dite di queste ditte del 2,30%. I marchi d’abbigliamento non usati dalla signora Obama hanno invece registrato un ca­lo dello 0,4%. Se la First Lady, spiega Yer­mack, indossa un capo, le azio­ni o le vendite della compa­gnia vanno in rialzo perché le gente corre a comprare ciò che Michelle sfoggia. Il fattore Michelle è riconducibile alle scelte d’acquisto della First La­dy che evita le griffe costose li­mitandosi a comprare per se stessa e per le figlie marchi trendy e spigliati tipo Donna Karan, Calvin Klein, J. Crew, Gap o Nina Ricci. Michelle poi non si fa problemi a indossare due volte lo stesso capo. Tre giorni fa, alla presentazione del National Arts and Humani­t­ies Youth Program Awards al­la Casa Bianca, si è presentata con un vestito di maglina rosa di Calvin Klein in vendita per una sessantina di dollari sia da Basement Filene che da Ross. Il vestito era già stato in­dossato da Michelle in mag­gio per ricevere il presidente messicano. Che la First Lady amasse la semplicità lo si era scoperto fin dal giorno dell’inaugura­zione presidenziale quando Obama ha giurato fedeltà alla nazione. Lei (in guanti di pelle verde) e le figlie (con due cap­pottini) hanno dato una botta di pubblicità tale alla catena J. Crew che il giorno seguente molti negozi del gruppo non avevano più in vendita un cap­potto e meno che mai guanti. Su Harvard Business Review il professor Yermack fa il parago­ne fra Carla Bruni e Michelle. La prima negli appuntamenti ufficiali indossa soltanto abiti di Christian Dior scelti perso­nalmente dal direttore della griffe John Galliano, la secon­da invece usa designer da grande magazzino. Non era mai successo prima che una First Lady scuotesse con tanto vigore il settore dell’abbiglia­mento. Le mogli che hanno preceduto Michelle Obama al­la Casa Bianca, ad eccezione di Jackie Kennedy e Nancy Re­agan che non disdegnavano affatto l’haute couture,si sono sempre rivolte a designer di medio livello i cui abiti costa­no dai mille ai cinquemila dol­lari, cifra chela maggior parte delle donne americane non si può permettere. Sia Hillary Clinton sia Laura Bush, pur non scialacquando denaro in abbigliamento, hanno infatti spesso usato abiti di Oscar del­la Renta o di Vera Wang. L’effetto Michelle, dopo una sua comparsa in pubblico con un abito che tutte le impie­gate possono andare a com­prare, è stato valutato dal pro­fessor Yermack 14 milioni di dollari in incassi per il mar­chio o per la catena dove è sta­to fatto l’acquisto. Nell’ottobre 2008, in piena campagna elettorale, Michel­le è stata ospite di Tonight Show . Rifiutandosi di com­mentare i 150mila dollari di abbigliamento spesi dal parti­to repubblicano per gli abiti di Sara Palin, rivelò che il com­pleto beige che indossava da­vanti alle telecamere era sem­plicemente di J. Crew. Così conquistò tutti. E la catena d’abbigliamento ha venduto per mesi l’abito di Michelle, commercializzandolo così, dopo le elezioni: «Questo è quello che ha ottenuto il no­stro voto».