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 2010  ottobre 24 Domenica calendario

Il governo salvò la Sgrena pagando 500mila dollari - Cinque anni dopo la sua liberazione il sito Wikileaks smentisce la verità di Giuliana Sgrena: a tentare di ucciderla (e ad aver provocato la morte di Nicola Calipari) dopo aver incassato 500mila dollari di riscatto, sarebbero stati i suoi rapitori

Il governo salvò la Sgrena pagando 500mila dollari - Cinque anni dopo la sua liberazione il sito Wikileaks smentisce la verità di Giuliana Sgrena: a tentare di ucciderla (e ad aver provocato la morte di Nicola Calipari) dopo aver incassato 500mila dollari di riscatto, sarebbero stati i suoi rapitori. Ma la giornalista insiste: «Ci sono altri elementi che non vengono raccontati». Ovvero, l’ennesimo complotto. A Giuliana Sgrena bisogna fare i complimenti. Era e resta una campionessa dell’infor­mazione. Deviata. Appena li­berata, più morta che viva, die­de il meglio di sé. Innanzitutto chiarì che del riscatto pagato con i soldi degli italiani non gliene fregava un accidente. Poi con il fiato rimasto denun­ciò il complotto americano, in­sinuò che la sparatoria sulla strada dell’aeroporto di Ba­gdad costata la vita all’agente del Sismi Nicola Calipari fosse stata organizzata da Washin­gton. Come lo sapeva? Sempli­ce: l’aveva appreso da quei gentiluomini che per un mese avevano minacciato di sgoz­zarla se il nostro governo non si fosse fatto carico della sua li­berazione. «Ho avuto una fol­gorazione, la mia mente è an­data alle parole che i rapitori mi avevano detto - scrisse Giu­liana - loro dichiaravano di sentirsi impegnati a liberarmi, però dovevo stare attenta “per­ché ci sono gli americani che non vogliono che tu torni”». Cinque anni dopo, i file di “Wikileaks”raccontano esatta­mente l’opposto: a tentar di spedirla all’altro mondo dopo aver incassato 500mila dollari di riscatto sarebbero stati pro­prio i suoi rapitori. L’imbaraz­zante “verità” - capace di can­cellare le “folgorazioni” sgre­niane - emerge da uno dei 400mila documenti trafugati dai computer dell’intelligence americana e resi pubblici da Wikileaks. Il documento data­to 1˚ novembre 2005 riferisce quanto emerso dagli interroga­tori di Sheikh Husain, un imam legato ad Al Qaida cattu­rato dai servizi segreti giorda­ni e risultato la mente di tutti i rapimenti messi a segno a Ba­gdad. Incluso quello della Sgrena. «Dopo aver ricevuto i 500mila dollari per il rilascio della Sgrena (Sheikh Husain) le disse di andare direttamen­te all’aeroporto. Mentre la Sgrena era in direzione infor­mò il ministero degli Interni ... che la Chevrolet Blu della Sgre­na era un autobomba». Avete capito bene.A spedire all’infer­no la Sgrena e Calipari - con una telefonata anonima in cui descrive come un’autobomba la vettura su cui viaggiano- è lo stesso gentiluomo che racco­manda a Giuliana di non fidar­si troppo degli americani. Certo, il file contiene un’im­precisione. Quella di Giuliana Sgrena e Nicola Calipari non è una Chevrolet Blu, ma una Toyota Corolla bianca. Ma scambiare un’auto bianca per una blu in una notte brumosa su una strada battuta dagli at­tentatori suicidi non è impossi­bile. Soprattutto se di mezzo c’è il nervosismo e ilgrilletto fa­cile dei soldati americani. L’imprecisione non basta dun­que a demolire un file basato sulle rivelazioni emerse dagli interrogatori del terrorista. Quel file resta verosimile alme­n­o quanto le malefatte attribui­te agli americani nei restanti 400mila e passa documenti. Ma Giuliana in questo caso non ci sta. A dar retta alla “fol­gorata” quel documento - pe­scato nello stesso mazzo da cui escono le rivelazioni sulle stragi di civili e sulle torture ­non ha, nel suo caso, alcuna ri­levanza. Invece di far autocritica, in­vece di porsi finalmente dei dubbi, Giuliana rilancia le pro­prie verità. «Ancora più impor­tanti sono altri elementi che non vengono raccontati, ovve­ro il fatto - dichiara in un’inter­vista a Radio Cnr - che ci furo­no dei tentativi per depistare Calipari prima di arrivare al mio ritrovamento. Calipari mi trovò solo in un secondo mo­mento, sviato nelle sue ricer­che da diversi servizi segreti». Smentita e sbugiardata persi­no da Wikileaks, la Sgrena rea­gisce, insomma,aggrappando­si ad un’altro complotto, sban­dierando un’altra fumosa in­terpretazione. Ancora una vol­ta il sacrificio di Calipari morto per tirarla fuori dai guai conta poco. Le fatiche e il difficile la­voro di mediazione dell’agen­te del Sismi servono solo per adombrare misteriose interfe­renza di altri servizi. Il tocco da “fuoriclasse” delle “verità de­viate” è, però il passaggio in cui accusa l’Italia di aver «per­so la propria dignità ». A dar ret­ta alla giornalista del Manife­sto il governo italiano - non pa­go di averci rimesso la vita di uno dei migliori agenti e 500mila dollari dei propri con­tribuenti - avrebbe dovuto an­che montare una causa agli Stati Uniti basata sulle sue “fol­goranti” interpretazioni. Ri­mettendoci così non solo la di­gnità, fin qui ancora salda, ma anche faccia e prestigio.