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 2010  ottobre 25 Lunedì calendario

Boom megastore - Anni fa ricevetti un invito per presentare uno dei miei romanzi in una libreria di una città del Nord

Boom megastore - Anni fa ricevetti un invito per presentare uno dei miei romanzi in una libreria di una città del Nord. Quando arrivai, scoprii che si trattava di una libreria piuttosto piccola ma bellissima, gestita da tre giovani librai entusiasti. La saletta dov’era prevista la presentazione era gremita, del resto sarebbe bastato che i tre giovani librai entusiasti invitassero i rispettivi parenti. Al termine della serata, prima di andarmene feci i miei auguri ai tre giovani librai entusiasti, anche perché fino a poco tempo prima avevo fatto il loro stesso lavoro: «Bisogna essere molto coraggiosi in questo paese per aprire una libreria, e anche un po’ pazzi», dissi loro. Ricordo che tutti e tre sorrisero. Ma non ricordo se fecero gli scongiuri. Fatto sta che la scorsa estate sono tornato nella stessa città a presentare un altro mio libro, questa volta in una grande libreria di catena. E ad accogliermi c’era uno dei tre librai. Un po’ meno giovane e però sempre entusiasta, malgrado la piccola bella libreria fosse stata costretta a chiudere i battenti e lui ora lavorasse lì come commesso. Ho ripensato al perdurare di questo entusiasmo quando ho terminato L’Italia che legge, agile saggio di Giovanni Solimine sullo stato della lettura in Italia uscito in questi giorni per Laterza. Negli ultimi due anni nel nostro Paese hanno cessato l’attività ben 150 librerie indipendenti. In compenso, i punti vendita delle grandi catene sono triplicati. Chiunque abbia messo piede in uno di questi ultimi sa bene che si tratta di cosiddetti megastore, dove i libri costituiscono solo uno dei tanti prodotti in vendita, dai dvd ai computer passando per i peluches. E chiunque frequenti abitualmente questi megastore sa anche che lì come in tante librerie indipendenti i libri in vendita sono soprattutto novità: da tempo ormai si ragiona in termini di «redditività a metro quadro», e la vita media di un titolo sui banconi o anche a scaffale non va oltre i tre mesi, a meno che non si tratti di un «long-seller». Quanto al famoso catalogo, è diventato un lusso che non ci si può proprio più permettere, salvo rarissime eccezioni. Ma chi entra abitualmente nei nuovi megastore o nelle vecchie librerie, in Italia? Chi acquista libri on-line su siti come Amazon o Ibs? Da chi è composta l’Italia che legge? Si tratta com’è noto di una minoranza. All’interno della quale gli ormai mitici lettori forti, come vengono definiti dall’Istat coloro che leggono almeno un libro al mese, sono «fuori dalla norma». Il loro livello di reddito e lo status sociale sono in genere elevati. In base a una ricerca dell’Euriskos, vivono in prevalenza al Nord e al Centro e nei grandi centri urbani. Hanno nella maggior parte dei casi meno di 34 anni oppure più di 65. Leggono per migliorarsi da un punto di vista culturale o professionale, ma anche per divertirsi. E mentre gli editori iniziano a vendere on-line i primi e-book (negli Stati Uniti hanno appena raggiunto il 5% del mercato, per un fatturato di 91 milioni di dollari nel primo trimestre del 2010), si sa già che i primi fruitori di libri elettronici saranno proprio loro, o almeno una quota di essi, insieme con gli appassionati di elettronica incuriositi dal nuovo gadget. Per la maggioranza degli italiani, invece, il libro continua a essere una spesa superflua e vale senz’altro meno di un gadget. Nel 2009 oltretutto il reddito delle famiglie è tornato a essere quello di dieci anni prima, ragion per cui la riduzione dei consumi ha toccato anche questo settore, nell’ordine del 2,2% rispetto all’anno precedente. Chi sostiene che i libri costino troppo tuttavia si sbaglia, perché il prezzo medio di copertina è fermo da circa un quinquennio, mentre nello stesso arco di tempo la media dei prezzi al consumo è salita del 20%. Che fare, dunque? Secondo l’autore, per migliorare lo stato delle cose si dovrebbe puntare proprio su chi è affetto da questa «incrollabile allergia alla lettura». E dichiarandosi perplesso nei confronti di chi al contrario preferisce continuare a mirare ai lettori forti, «un pubblico molto facile da raggiungere ma che non può rappresentare la via d’uscita dalla situazione di debolezza nella quale ci troviamo», anche perché la giornata di chi già legge 12 o 20 libri l’anno rimane pur sempre di 24 ore, Solimine cerca di individuare altre soluzioni. Sottolineando l’importanza della presenza di libri tra le mura domestiche, rimarca per esempio il valore del progetto Nati per Leggere, portato avanti dai pediatri italiani per invitare i neo-genitori a far avvicinare i figli alla lettura. E individua nel Piemonte uno dei casi più felici dell’intero panorama italiano. «Oggi - scrive - il Piemonte è una delle regioni italiane dove si legge di più: sono oltre due milioni, più della metà dei residenti, le persone che leggono almeno un libro all’anno». Per la precisione, il 52,3% nello scorso 2009. Mentre solo dieci anni prima si arrivava solo al 44%. Se in Piemonte il tasso di crescita si è rivelato maggiore rispetto alla media nazionale, secondo l’autore ciò si deve a tutta una serie di iniziative. Dal Salone del Libro, nato su iniziativa di Guido Accornero nel 1988, ai Presidi del Libro, giunti fin qui dopo essere stati ideati in Puglia, senza dimenticare i vari festival sorti a Cuneo, Asti, Biella, Verbania, Orta, Gassino e altrove. Il caso piemontese, alla pari di quello degli Idea Store londinesi in cui le biblioteche pubbliche promuovono attività di formazione continua per gli adulti, dimostra che è possibile agganciare i lettori medi, che sono circa il triplo dei lettori forti: «basterebbe che la metà di loro decidesse di leggere un libro in più per ottenere un effetto molto rilevante, sia in termini di crescita complessiva della domanda di libri in Italia sia in termini di impatto sociale». Anche se poi, quando viene citata la «rivitalizzazione delle biblioteche civiche torinesi», si mastica amaro. Evidentemente l’autore non ha fatto in tempo a sapere degli ultimissimi sviluppi: a Torino le biblioteche civiche non hanno più un euro da spendere, mentre la realizzazione del mega-progetto per la nuova biblioteca della città, firmato dall’architetto Bellini e costato ben sette milioni di euro, è rinviato come usa dire a data da destinarsi.