Massimo Gramellini e Carlo Fruttero, La Stampa 24/10/2010, pagina 88, 24 ottobre 2010
STORIA D’ITALIA IN 150 DATE
10 giugno 1981
Bambino pubblico
Quando la piccola bara bianca arriva alla basilica romana di San Lorenzo, stenta a farsi largo tra una folla fittissima: applausi, pianti, urla, accuse, isterica curiosità. «Fateci vedere il bambino, non è lui, è un bambolotto!». È la stessa folla, tumultuosa e cieca, descritta da Manzoni nell’assalto ai forni, ma qui per la prima volta viene ripresa dalla tv, che già un mese prima ha tenuto in sospeso, ora per ora, gli spettatori con la tragedia di Alfredino Rampi, precipitato in un pozzo artesiano a Vermicino nei pressi di Frascati. Pozzo naturalmente abusivo, non segnalato, dove il bambino, verso sera, è scivolato mentre tornava di corsa a casa per la cena. La famiglia non lo vede rientrare e comincia a cercarlo. Il proprietario del pozzo si accorge che le due assi in croce sull’imbocco di 50 centimetri sono spezzate e copre l’apertura con un coperchio metallico, senza capire che il bambino può essere proprio là sotto. Dopo ore di ricerche, qualcuno sente dei fiochi lamenti e il piccolo viene ritrovato, ma laggiù, a più di 20 metri nel terreno argilloso. Chiama la mamma, ha male (nella caduta si è rotto il femore) e ha problemi respiratori e cardiaci congeniti. Vengono calate funi, sonde, microfoni, mentre il comandante dei Vigili del Fuoco gira tutta la notte inutilmente per Roma alla ricerca di una scavatrice. Intanto la notizia è planata sulla scrivania del direttore del Tg1, Emilio Fede, che decide di allestire un collegamento con Vermicino in coda all’edizione della sera. È l’inizio della saga. Diciotto ore di diretta ininterrotta, l’Italia intera davanti alla tv, che da quel momento diventa un’altra cosa: non più solo emittente, ma guardona. Intorno al pozzo si raduna una folla enorme. Arriva il presidente Pertini con il suo seguito e insiste per incoraggiare Alfredino personalmente. La confusione è totale. Nessuno pensa a transennare la scena, sfilano acrobati, nani, «er microbo der Tufello», ginnasti, mitomani, ciascuno accompagnato dal suo manager, e tutti pretendono di poter scendere e tirar su il bambino. Si scava un pozzo parallelo che si ferma però a 20 metri di profondità. Si tenta di aprire una galleria di raccordo, ma intanto il piccolo è pian piano scivolato a una profondità di 60 metri. Uno speleologo scende a testa in giù con una corda che Alfredino non ha più la forza di afferrare. Un pompiere gli parla in continuazione, finché tutto tace e l’Italia spegne il televisore.
Quando un mese dopo, viene scavato un passaggio adeguato, con mezzi adeguati, il bambino è chiuso in un rigido blocco verdastro. L’autopsia dirà che è morto soffocato dal fango, disidratato, denutrito e terrorizzato. La folla di San Lorenzo non offre certo un bello spettacolo, ma qualche ragione ce l’ha.