Danilo Mainardi, Corriere della Sera 25/10/2010, 25 ottobre 2010
GIUSTO SE SERVE A LASCIARLI PIU’ LIBERI. COSI’ SARANNO ANCHE MENO DEPRESSI – I
gatti sono animali esploratori. Se non ne fossero impediti se ne andrebbero in giro. Una metodica esplorazione è essenziale per la loro conoscenza del territorio; senza contare che poi ci sono le famose notti d’amore. Quando i maschi, attratti dall’odore di una femmina in estro, vanno a cantare le loro serenate sotto le finestre dell’amata. Possiamo figurarcele, quelle fasce d’aria attraenti e odorose, che eccitano, avviluppano, guidano e aggregano gli amanti felini. E così i maschi, se appena possono, vanno a congresso presso ogni femmina in calore.
Acqua passata? Sì, forse in parte è vero, perché ora va di moda la castrazione o, e questo sì che è peggio, una totale reclusione. E loro, poveretti, e poverette anche le femmine, vivono vite tristi, vanno in depressione. Che — lo sappiamo — è una malattia della modernità. E poi ci sono quelli che i gatti li abbandonano, tal quale i cani. E tanti altri motivi per cui anche un gatto può perdersi, e così mi pare una buona idea il microchip felino identificante. Chissà, forse il suo uso potrebbe, almeno dov’è possibile, far tornare di moda la gattaiola, quella porticina che consentiva ai gatti d’una volta una vita autonoma e felice.
Certo, il rischio c’era, ma quella porticina fabbricava gatti sapienti, che sapevano minimizzare i rischi. Konrad Lorenz si pronunciò così: «… ritengo che sia possibile apprezzare appieno il fascino della loro esistenza solo lasciandoli in libertà…. Nel contempo, bisogna accettare il fatto che gli animali dei quali si rispettano in questo modo i desideri siano esposti a tutti i pericoli che minacciano predatori così piccoli. Nessuno dei miei gatti, in verità, è morto di morte naturale».
Danilo Mainardi