Goffredo Buccini, Corriere della Sera 25/10/2010, 25 ottobre 2010
LA VOCE DI SABRINA E QUELLA LITIGATA «VIDI LA GOCCIOLINA DI LACRIMUCCIA» —
Gli dicono: «Avvicinati, Miche’». «Eh?». «... al microfono, se no non si sente». Gli orchi non sono pratici di interrogatori registrati, si sa. Quell’orco sfigato di Michele Misseri, poi, non è pratico nemmeno della vita sua. A domanda, farfuglia: «Perché l’ho fatto? Per il trattore». Cerca di parlare «in pulito», davanti ai pubblici ministeri e al colonnello dei carabinieri, arraffando qualche congiuntivo qua e là nella testa ammaccata da 57 anni di malasorte: «Non so cosa mi abbia successo». E diccelo, Miche’, coraggio. Pausa, sospirone: «Eeehhh, stavo nervoso per il trattore che non partiva. Nervosissimo. Ecco, se parte il trattore, Sarah era ancora viva, mo’. Veniva e io me n’ero già andato col trattore. Ma il trattore quel giorno non partiva». Bel movente, no?, plausibile come un ufo assassino...
Le dicono: «Si metta una mano sulla coscienza, signorina Sabrina Misseri». Dopo ore, la stringono all’angolo: «Sarah era una bambina di 15 anni, era sua cugina...». E lei rilancia: «Di più, una sorellina! Io voglio aiutarvi per quello che posso». Ha la vocina stridula che a volte prende persino il sopravvento, certe dame nere resistono alle intemperie, e questa damina nera di Avetrana tiene botta davanti a tre investigatori navigati che hanno più del doppio dei suoi anni. Le dicono: «Sarah pianse, la sera di mercoledì 25 agosto, la sera prima di morire. Lei la fece piangere, perché era gelosa del suo rapporto con Ivano». Non fa una piega, nel microfono non filtra nemmeno un respiro più forte degli altri: «Ma no! Io la vidi, la gocciolina di lacrimuccia di Sarah, quella sera», (proprio così dice: gocciolina di lacrimuccia), «ma piangeva per Claudio, suo fratello, che era partito e le mancava. Già dalla domenica voleva che io dormissi con lei, perché senza il fratello non riusciva a dormire».
Eccole, le parole che hanno detto. Le prime. Escono infine i file con le pause, i tremori, le sfrontatezze. Padre e figlia Misseri, nella verità che non sta dentro le parole ma che oltre le parole gli investigatori sembrano intuire, attraverso la filigrana di atteggiamenti, tic, esitazioni. C’è un reo confesso, talmente confesso che non viene creduto: a questa confessione ne seguiranno altre in cui Miche’ smetterà di accollarsi ogni cosa, non riuscendo più a tener fuori la figlia. E c’è una presunta assassina che scaccia i sospetti con furia, e che pure non viene creduta, forse proprio per questo: perché la damina nera non riesce, nonostante tutto, a seppellire tra le parole la rabbia che deve esserle stata compagna dei suoi 22 anni e di una vita in cui s’è sempre sognata protagonista e ha sempre fatto la comparsa.
Miche’ è un mostro che ci farebbe sorridere se non ci raccontasse mostruosità impensabili. Gli dicono, il 7 ottobre, ormai a notte avanzata, dopo che ha fatto scoprire il corpo della nipote nel pozzo in mezzo ai campi: «Intende rispondere?». «Eh? Non so, io...». Gli traducono: vuoi parlare o no, Miche’? «Sì». E allora parla, sì, il mostro sfigato parla. «Mi sono recato a lavorare a Li Cuturi la mattina del 26...», e lo immaginiamo che si rigira in mano il berrettuccio da pescatore che l’ha reso odioso in tutta Italia. «Sono tornato e non riuscivo a fa’ pàrtere il trattore sotto alla cantina». Così ha visto Sarah, mentre smadonnava sul trattore, ci immaginiamo. «Ehhhh». Lo incoraggiano: poi? «Poi non so che m’è successo. Ho preso un pezzo di corda». Come ha incrociato le mani, così? «Sì, così». Lei ha gridato? «Non ha gridato. Stava barcollando per terra e io ho continuato». Si difendeva, Sarah? «Non mi ricordo se ha messo le mani, praticava ». Cercava di ripararsi la gola? « Praticava ». Gli chiedono: «Era esangue?». E lui: «No, no, nunn’è sciuto sangue...».
Dirlo mette i brividi, ma questo mostro sembra Peppino De Filippo costretto nella parte di Jack lo Squartatore. Racconta l’orrore come se parlasse della raccolta delle olive o recitasse una filastrocca. Così è avvenuto il fattaccio, Miche’? «Sì, così è avvenuto il fattaccio», dice lui, che tende a ripetere sempre le ultime parole della domanda volgendole in affermazione e facendole sue. «Poi l’ho portata così, Sarah». Ma perché? «Mi è venuto spontaneo, tannu stesso… proprio allora». Poi? «Sotto l’albero del fico di mio padre, ho sceso Sarah a terra e l’ho violentata» (zero variazione di decibel). E il cellulare? «Ehhhh, l’ho messo in una stoffa di pezza e l’ho portato con me. Per fare una falsa. Lo stesso giorno l’ho lasciato prima a via Kennedy, vicino a un autolavaggio dove abita Ivano». Ma sapeva che lì abita Ivano? «No. È stato tre giorni lì, il cellulare. Poi l’ho messo vicino alla caserma dei carabinieri. Sempre sul ciglio della strada... Non so cosa mi abbia successo. Fino adesso ero pulito, adesso non più». Non è strano che alle tre e un quarto di mattina, chiudendo il verbale, i pm e il colonnello scuotano la testa.
Due giorni dopo Sabrina va sotto torchio. Preparata come a una prova da estetista. La martellano sul 25 agosto, il mercoledì sera in giro e poi al pub con Sarah e con l’amica Mariangela: le ore dove, pensano, stia nascosto il vero movente del vero colpevole. Come fu la serata, signorina, piacevole? Lei è molto decisa: «Sì, tutto tranquillo». La stringono, avendo in mano le dichiarazioni di Mariangela e di un’altra teste. «Fu brutta la serata, signorina Misseri». Silenzio, forse la damina nera ha uno sbandamento: «Addirittura!», dice poi, riprendendosi. Da questo momento, nella stanza dell’interrogatorio è una corrida, ma lei non si fa più stringere all’angolo. «Disse cose brutte su Sarah al gestore del pub 102, Michele». «Io domandai una Red Bull». «Lasci perdere la Red Bull, parliamo di Sarah». A ogni curva, salta fuori l’ombra di Ivano, il ragazzo che piaceva troppo e al quale forse piaceva Sarah. «L’ha mai seguito?». «Ahhh, ci mettevamo davanti al palazzetto dello sport e guardavamo le macchine passare con Mariangela, due o tre volte al massimo». «Mai aggredito Sarah per via di Ivano? Mai detto: questa si vende per due coccole? Non è vero che Sarah pianse quella sera al pub?». Qui quasi si vede il sorriso di Sabrina: «Ahh, ma io e Sarah ci sfottevamo su questo! Non è che la lacrimuccia gliel’ho fatta uscire io... Potete pure indagarmi... tanto a Avetrana sono io l’indiziata numero uno». Chissà se il microfono registra una vibrazione di piacere: stavolta il palco è tutto per lei, solo per lei, fino alla fine.
Goffredo Buccini