Giovanna Cavalli, Corriere della Sera 24/10/2010, 24 ottobre 2010
LA TAV, IL PONTE E L’EOLICO. IN NOVE MESI 273 «BARRICATE»
Ha un acronimo inglese: nimby, ovvero not in my back yard, non nel mio cortile. Ma ormai è un fenomeno sociale nostrano su larga scala. Gli italiani sono sempre più ostili a qualunque opera pubblica o modifica strutturale sul proprio territorio. Pronti alle barricate per impedire o sfrattare discariche, rigassificatori, binari indesiderati, pale eoliche. Non in assoluto. Basta appunto non averli sotto le proprie finestre. La Aris, Agenzia di Ricerche Informazione e Società, con il progetto Nimby Forum, ha tenuto il conto di tutte le contestazioni ambientali del 2010. Nei primi nove mesi sono state 273 e se si considera che due anni prima erano state 193 per tutti e 12 i mesi, si può capire quanto il trend sia in crescita esplosiva. Associazioni di quartiere, blog, picchetti vecchio stile o fantasiosi, comitati di ambientalisti, proprietari di ville (contro la tangenziale a Cortina o il raddoppio dell’ Aurelia a Capalbio), la lotta all’ infrastruttura può essere vip o popolare ed è uno dei pochi aggreganti sociali che funzionino. Le guerriglie contro la Tav tra Torino e Lione, il termovalorizzatore di Trento, il rigassificatore di Brindisi o la centrale termoelettrica di Civitavecchia sono dei classici. Ma ormai si combatte ad ogni latitudine, da Montegranaro (Fermo, biomasse, materiali di origine organica) a Scandale (Crotone, discarica). Sulle 273 azioni dimostrative, 154 hanno riguardato il settore dell’ energia, 96 quello dei rifiuti, solo 16 infrastrutture tradizionali. La regione con più contestatori ambientalisti è la Lombardia, con 40 impianti boicottati, seguita da Veneto con 38 e Toscana con 32. Un solo caso in Valle d’ Aosta. Spiega Edoardo Zanchini, responsabile Energia e Trasporti di Legambiente che «pochissime azioni dimostrative sono rivolte contro autostrade e ferrovie, un tempo cavalli di battaglia. Ormai nessuno crede più che verranno realizzati il ponte sullo Stretto, l’ autostrada Romea, la Tirrenica. Si è detto per anni che era colpa degli ambientalisti, la verità è che non ci sono soldi e la programmazione è insensata». Perciò dagli contro a discariche e centrali varie, persino se ecologiche. «Una settimana fa abbiamo svincolato un eolico a Termoli, in Molise, bloccato dalla Regione. Il governo non decide con chiarezza su quali fonti puntare, i cittadini si preoccupano di ciò che non conoscono e insorgono». La vita complessa delle amministrazioni la racconta Filippo Bernocchi, vicepresidente dell’ Anci (comuni italiani). «Diventa difficile pure posare un mattone, paghiamo i danni dell’ ambientalismo militante, ostile per principio anche a quelle fonti di energia che migliorano la qualità della vita come l’ eolico e il fotovoltaico. Perciò ci ritroviamo con centrali a olio esausto mentre potevamo riconvertirle a carbone pulito. Un sindaco spesso è solo e disarmato contro ai comitati: non ha tecnici e non può dare incarichi esterni». Secondo il professor Mario Morcellini, sociologo della Sapienza «c’ è un individualismo localistico per cui ognuno vuole beni e servizi ma non è disposto a ospitarli». La frequenza e la vitalità dei movimenti no-qualcosa la spiega così: «La disponibilità all’ azione diretta prolifera anche tra persone prive di alfabetizzazione politica, stanche di promesse e che cercano la vetrinizzazione del conflitto sociale ricorrendo a forme di lotta eclatanti perché se ne parli».
Giovanna Cavalli