Franco Bechis, Il Messaggero 24/10/2010, 24 ottobre 2010
LA RAI VUOLE AUMENTARCI IL CANONE DI 20 EURO
Proprio nel momento in cui più che mai è nell’occhio del ciclone, la Rai guidata da Paolo Garimberti ha chiesto al governo di mettere direttamente o indirettamente le mani nelle tasche degli italiani per
portare via loro una somma che vale poco meno di 2 miliardi di euro. L’azienda di viale Mazzini infatti, dopo avere perfino collaborato alla stesura del contratto di servizio con il ministero dello Sviluppo economico (il documento che stabilisce quali servizi debbano essere resi in cambio del canone pagato dagli italiani), si è rifiutata per la prima volta nella storia di approvarlo in consiglio di amministrazione. Garimberti, appoggiato dalla maggioranza del consiglio di amministrazione, ha inviato al nuovo ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, una lettera che poneva al governo 4 condizioni per l’approvazione del contratto. La prima è quella di un aumento del canone che consenta alla Rai di incassare circa 350 milioni di euro più di oggi. Per ogni utente si tratterebbe di un rincaro di 20 euro all’anno. La seconda condizione è quella di un rimborso alla Rai da parte del ministero dell’Economia della differenza fra il costo reale sostenuto per le trasmissioni di servizio pubblico negli ultimi anni e quanto invece pagato dal canone. Si tratta di una somma che si aggira sul miliardo di euro. Circa 70 euro in più per ogni abbonato. La terza condizione è quella di uno sconto fiscale, con l’abolizione di quella tassa da 4 euro ad abbonato che oggi l’azienda paga su ogni canone versato. Vale circa 60 milioni di euro di entrate. La quarta condizione è quella del varo di un pacchetto di norme anti-evasione del canone, modificando il sistema di versamento e riscossione. L’ipotesi è quella di rendere obbligatorio il pagamento del canone tv a tutti i cittadini italiani che sottoscrivano un contratto per la fornitura di energia elettrica. Per non pagarlo i cittadini dovranno autocertificare di non possedere un apparecchio televisivo, rischiando però di essere sottoposti a un accertamento fiscale da parte della agenzia delle Entrate e in caso di falsa dichiarazione a una multa che valga circa 3 volte il canone di abbonamento alla tv. Queste norme frutterebbero alla Rai circa 500 milioni di euro.
Anche se le quattro condizioni sono tutte poste nella stessa lettera, il consiglio di amministrazione della Rai ha fatto sapere a Romani che approverà questo contratto di servizio se almeno una delle quattro condizioni verrà accettata.
Il braccio di ferro fra azienda e governo non ha precedenti, e la maggioranza che si
è trovata in consiglio per lanciare questo ultimatum all’esecutivo è dovuta anche alla determinazione del consigliere di amministrazione, Angelo Maria Petroni, preoccupato per la situazione dei conti 2010 e delle previsioni 2011.
Il fatto è che per giustificare queste richieste la Rai ha inviato al ministero un prospetto secondo cui le trasmissioni da servizio pubblico che il contratto con lo Stato impone costano 2 miliardi di euro a fronte dei quali ci sono solo 1 miliardo e 650 milioni di euro di entrate da canone. Ogni anno il buco è quindi di 350 milioni di euro. In quel lungo elenco di trasmissioni che creano quel buco clamoroso nel bilancio Rai c’è davvero di tutto. L’informazione ad ogni livello, lo sport, le tribune politiche, i documentari, e anche le trasmissioni che fanno più discutere, come Annozero e Ballarò. In quell’elenco ci sarà anche il prossimo programma condotto da Fabio Fazio e Roberto Saviano. Il risultato
grottesco sarà che proprio mentre molti italiani avrebbero voglia di non pagare più il canone guardando certe trasmissioni televisive, la Rai vuole mettere le mani nelle loro tasche per farsi pagare di più proprio le stesse trasmis-
sioni. Il governo non ha ancora
dato una risposta ufficiale all’azienda, ma dai primi contatti Berlusconi ha già fatto sapere che dovranno passare sul suo corpo prima di chiedere un aumento del canone di ben 20 euro all’anno. Giulio Tremonti non è disposto neppure a sentire parlare di quella restituzione una tantum di 1 miliardo di euro, posta nella seconda condizione. Quanto alla terza condizione, l’esenzione da quei 60 milioni di euro di tassa sul canone pagata dalla Rai, è impossibile perché le tabelle di bilancio per il 2011 sono già state approvate e non più modificabili. Resta aperto il fronte del recupero evasione, su cui probabilmente si potrebbe trattare. E’ più spendibile politicamente e oltretutto la norma era già stata predisposta dallo stesso Romani a luglio per essere inserita nella manovra allora in discussione in Parlamento. Fu Tremonti però a convincere Berlusconi che quel sistema di collegamento del canone alla bolletta elettrica sarebbe stato preso dagli italiani come un modo improprio di mettere le mani nelle loro tasche. E a qualche abuso in effetti potrebbe prestarsi, anche perché il principio liberale insegna come sia lo Stato a dovere trovare gli evasori, e non i cittadini italiani a dovere spiegare allo Stato perdendo tempo in pratiche e burocrazia di non essere evasori. Se arriverà anche il quarto no, la Rai però non firmerà il contratto di servizio. E molti alfieri del presunto pubblico servizio si sentiranno ancora più liberi di oggi nell’usarlo in modo spregiudicato.