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 2010  ottobre 23 Sabato calendario

Naldini, il cervello tornato a casa a 50 anni - Appuntamento con Luigi Naldini, talentoso scienziato, al Hsr-Tiget, l’Istituto San Raffaele-Telethon, centro d’eccellenza per la terapia genica alle porte di Milano

Naldini, il cervello tornato a casa a 50 anni - Appuntamento con Luigi Naldini, talentoso scienziato, al Hsr-Tiget, l’Istituto San Raffaele-Telethon, centro d’eccellenza per la terapia genica alle porte di Milano. Teorie di stanze con giovani ricercatori al lavoro nell’affascinante universo popolato da virus manipolati per diventare navette biologiche e geni terapeutici che sostituiscono quelli difettosi. «La bellezza e potenza della terapia genica è che, quando funziona, non dà solo benefici ai malati ma li guarisce», spiega Naldini, direttore dal 2008 dell’Istituto. «Stanno bene, vanno a scuola». Parla, Naldini, del primo clamoroso successo ottenuto su 14 bambini malati di Ada-Scid (una gravissima immunodeficienza congenita che li costringeva a vivere in una bolla asettica, ndr) guariti grazie alla terapia made in Italy messa a punto dal magnifico team del Hsr-Tiget (100 tra biologi e clinici). Onori&finanziamenti. Salutata dall’autorevole rivista «Science» come una delle 10 più importanti scoperte scientifiche del 2009 la terapia genica per l’Ada-Scid sarà accessibile (l’annuncio è stato dato lunedì a Milano) a tutti i malati grazie all’accordo con il colosso farmaceutico Glaxo che, oltretutto, garantirà ai ricercatori del centro milanese finanziamenti - 10 milioni di euro - per arrivare a sconfiggere, altre 6 malattie rare. Test su cavie, protocolli, sperimentazione: una nuova tappa di questa ricerca d’avanguardia è già iniziata. Lo scorso maggio - notizia finora top secret - 2 altri malati, un bambino italiano con la Sindrome di Wiskott Aldrich e un piccolo (1 anno e mezzo) libanese con la Leucodistrofia Metacromatica (colpisce il sistema nervoso centrale) sono stati trattati con la stessa tecnica in un reparto pediatrico superspecializzato del San Raffaele. Per inserire il gene terapeutico nelle loro cellule questa volta non è stato usato per vettore un retrovirus (come per i bambini-bolla) ma un lentovirale derivato dal Hiv. «Finora stanno bene ma è ancora presto. Dobbiamo aspettare», si fa cauto Luigi Naldini. «Se dimostreremo che, come credo, questi vettori sono più efficienti s’aprirà la speranza di curare molte altre malattie genetiche. E’ la mia sfida, in gioco c’è la strategia sulla quale lavoro da 15 anni». Profilo di Luigi Naldini, un supercervello che, dopo anni all’estero, ha scelto («Qui ho le mie radici») di rientrare in Italia. Torinese, 51 anni, figlio di un dirigente Fiat, liceo classico all’Alfieri, laurea in medicina, Naldini, cresciuto alla scuola di Pier Carlo Marchisio e Paolo Comoglio, racconta di essere diventato ricercatore per pura vocazione. «Sono sempre stato affascinato dai meccanismi fondamentali della vita. In questi anni la scienza ha fatto salti di qualità impressionanti. Ma più si sa e meno si sa!». Anni 90, studi di biologia molecolare, i primi passi sul fronte della terapia genica. «Mi sembrò subito un’area nuova dalle grandi potenzialità», spiega Naldini. «Per aprire il mio orizzonte - anche a costo di tirar la cinghia - dovevo andare all’estero». Così, inseguendo il suo sogno di ricercatore, Luigi Naldini, per 11 anni si divide tra l’attività all’università di Torino («Fui poi costretto a dimettermi. Al buio») e quella nei laboratori Usa: a Washington e alla New York University con lo scienziato Yossi Schlessinger e al Salk Institute di La Jolla dove Naldini sviluppò i vettori lentovirali, scoperta che gli valse la prima copertina su «Science». E, ancora, prima di diventare direttore del lab di terapia genica di Candiolo, a capo di una società biotech in California (2 anni fa il pacchetto dei suoi brevetti è stato comprato da un’altra società per 10 milioni di dollari). Anni di gran lavoro per arrivare alla sperimentazione sui piccoli malati e anni di continui traslochi («Il più difficile? L’ultimo, da Torino a Milano!») per sua moglie Daniela Cirillo, medico e i due figli. Rimpianti? «L’Hsr-Tiget è una ottima struttura; grazie a Telethon non ci mancano i finanziamenti. Ma, per essere competitivi, occorre reclutare giovani ricercatori da tutto il mondo. E, purtroppo, l’Italia non è un posto che attrae i giovani».