Varie, 23 ottobre 2010
APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 25 OTTOBRE 2010
Mercoledì George Osborne, quarantenne Cancelliere dello Scacchiere del governo di coalizione di David Cameron, ha annunciato alla Camera dei Comuni la revisione globale della spesa pubblica britannica. Leonardo Maisano: «Ovvero tagli per 81 miliardi di sterline (92 miliardi di euro) capaci di riportare, in termini reali, ai numeri del 2008, quando rappresentava il 38,4% del pil contro il 43,7 di oggi. Processo che dovrà concludersi entro il 2014-2015, nel periodo preso in esame dalla cosidetta Spending review. È la summa della correzione ai conti pubblici inglesi, zavorrati da un deficit pari all’11,1% del prodotto interno lordo, regalo ultimo della crisi del credito e della successiva recessione. Il governo conservatore-liberaldemocratico ha deciso di liberarsene a tempo di record, entro la fine della legislatura, azzerando entro il 2015 il disavanzo strutturale». [1]
Entro il 2015 Londra taglierà mezzo milione di posti di lavoro pubblici. Entro il 2020 alzerà l’età della pensione per uomini e donne a 66 anni. Già dal prossimo anno ci saranno 7 miliardi di sterline in meno per il Welfare. Andrea Malaguti: «L’elettrochoc. Non è chiaro se il Paese sarà in grado di sopportarlo». [2] Maurizio Ferrera: «Più che il valore complessivo della manovra, a sorprendere l’opinione pubblica sono soprattutto il suo orizzonte temporale molto compresso e il fatto che essa tocchi ambiti che Cameron aveva dichiarato non problematici (come le pensioni) o comunque non bisognosi di sforbiciate massicce (pubblico impiego)». [3]
Cameron sostiene che si tratta di sacrifici “duri ma equi”. E in effetti si intravede il tentativo di calibrare i tagli in base alla situazione economica dei beneficiari, salvaguardando chi si trova in condizioni di estremo disagio. Ciò non significa che il ceto medio, compresi i redditi medio-bassi, non dovrà fare sacrifici. Anzi, Carl Emmerson, direttore dell’Istituto per gli Studi Fiscali, sostiene che la riforma colpirà soprattutto i più deboli: «A perdere di più è il 10% più povero della popolazione. È una rivoluzione regressiva». [2] Ferrera: «Si tratta davvero di una scommessa ad alto rischio. La cura da cavallo di Osborne e Cameron potrebbe imprimere alla sofferente economia britannica un benefico choc, risanando rapidamente le finanze pubbliche senza danni per la ripresa. Ma potrebbe avere anche l’effetto opposto: innescare una nuova recessione». [3]
Lo Stato britannico spende 697 miliardi di sterline e ne incassa 548, con il maggiore contributo delle imposte sul reddito (150 miliardi) e dall’Iva (81 miliardi). Fabio Cavalera: «Dunque vi è un saldo negativo di 149 miliardi (dati del 2010/2011) da finanziare. L’esplosione del deficit va messa sotto controllo e poi spenta. Quindi non c’è altra strada da battere che quella di imporre severi limiti di spesa e di alzare le entrate (l’Iva crescerà al 20% dal primo gennaio). Medicina amara. Si discute sulle conseguenze di una terapia così accelerata. I laburisti parlano di “scommessa sconsiderata” con effetti devastanti sull’occupazione. I sindacati sono sul piede di guerra». [4]
L’atmosfera generale di crisi economica e di necessità di austerity offre un’opportunità speciale per le riforme strutturali dell’intero settore pubblico, in particolare per quello che riguarda i pagamenti del Welfare. Bill Emmott: «Sotto la cappa della riduzione delle spese possono essere fatti cambiamenti fondamentali, in particolare quelli che riducono o aboliscono i versamenti di Welfare che vanno anche a persone che sono lungi dall’essere povere. Pagamenti di questo genere sono un’eredità della convinzione britannica post-1945 che per ottenere un ampio sostegno al Welfare state ciascuno doveva trarne dei benefici, anche se erano ricchi. Neppure Margaret Thatcher provò ad attaccare questo credo, durante il drammatico periodo in cui fu in carica negli Anni Ottanta». [5]
Il fatto che nel Regno Unito non ci siano stati finora scioperi o proteste, non significa che non avverranno. Emmott: «Il governo spera che il fatto che il sacrificio sarà ampiamente condiviso da tutti, incluse le famiglie più ricche, renderà più contenute le proteste. Ma è tutt’altro che certo. E può benissimo darsi che la scommessa più grande di tutte in questo programma sia il taglio nel bilancio delle forze di polizia, pari al 4% annuo. L’ipotesi è che questo rimuoverà la “burocrazia”, piuttosto che tagliare la forza lavoro della polizia. Ma sono i poliziotti stessi a sostenere che si tratta di un’illusione. La legge e l’ordine sono sempre un tema sensibile. Se la polizia comincia a protestare, o anche se minaccia di scioperare, allora il livello generale effettivamente straordinario di sostegno al programma di Osborne, o quantomeno la sua accettazione, potrebbero cominciare a collassare». [5]
Secondo un sondaggio Mori, il 59% della popolazione è favorevole alle scelte di austerità del governo. I sindacati però insistono nell’accusare il governo di “scelte ideologiche”. Maisano: «Solo fra due settimane il Tuc, la maggiore sigla sindacale britannica, farà sapere quali forme di protesta adotterà. Il Labour sarà con loro solo col pensiero e neppure troppo. Il Cancelliere ombra Alan Johnson è stato durissimo nel fare capire che l’ideologia ha guidato la mano di Osborne portando il governo Con-Lib a scelte di “ingiustizia sociale”, ma si è chiamato fuori dagli appelli alla piazza». [6] Bob Crowe, sindacato dei ferrovieri, ha invece invocato una reazione «alla francese». [1]
Da mesi la Francia è scossa dalle proteste contro la riforma che entro il 2018 innalzerà l’età pensionabile minima da 60 a 62 anni (la massima da 65 a 67): approvata il 15 settembre dall’Assemblea nazionale, venerdì è arrivato, grazie a una procedura di urgenza che ha consentito di evitare la discussione dei 257 emendamenti presentati dalla sinistra, anche il sì del Senato (177 a 153). La leader socialista Martine Aubry: «Il ricorso al voto bloccato è l’ennesimo atto di prepotenza di Nicolas Sarkozy, dopo il dibattito censurato all’Assemblea nazionale questa nuova offesa al Parlamento è scandalosa». Il ministro del Lavoro Eric Woerth ha parlato invece di un «momento solenne, perché è l’ora della lucidità, della responsabilità e del coraggio. Verrà il giorno in cui i nostri avversari ci saranno riconoscenti». [7]
I prossimi passaggi dell’iter legislativo sono l’esame del provvedimento, oggi, da parte della commissione mista Assemblea-Senato, per uniformare il testo e sottoporlo a votazione definitiva dopodomani. Infine ci sarà l’esame della Corte costituzionale. Gli studenti hanno indetto per domani una nuova giornata di protesta per dimostrare che la lotta continua anche durante le vacanze di Ognissanti. Venerdì i gendarmi hanno riaperto con la forza la raffineria di Grandpuits (Seine-et-Marne) che, ferma come le altre 11 da 11 giorni, stava compromettendo i rifornimenti di carburante. Incidenti a Lione, Marsiglia è la città in cui la situazione è più critica: bloccato il porto, lo sciopero nella raccolta dell’immondizia ha prodotto enormi cumuli di rifiuti ammassati lungo le strade del centro. [7]
Sarkozy scommette sulla rapidità dell’approvazione parlamentare in concomitanza con la pausa scolastica. Stefano Montefiori: «Nella prima metà di novembre ha già programmato il rimpasto ministeriale, la riforma delle pensioni potrebbe a quel punto essere giudicata come un fatto acquisito». [7] Venerdì la maggioranza ha però approvato un emendamento che toglie alla legge gran parte della sua aggressività. Gianni Marsili: «Dal primo trimestre del 2013 si aprirà “un dibattito nazionale su una riforma sistemica” delle pensioni, al fine di giungere a un regime universale “a punti”, che più di altri lascia al diretto interessato la scelta di mettersi a riposo nel momento e alle condizioni che gli aggradano. Mantenendo intatto, naturalmente, il regime per ripartizione, visto che quello per capitalizzazione ai francesi fa venire ogni sorta di allergia. Come dire: scusate, abbiamo scherzato, il discorso non è affatto chiuso, la concertazione che adesso rifiutiamo ai sindacati l’apriremo tra due anni, il cantiere che volevamo chiudere perentoriamente oggi sarà riaperto domani». [8]
Già inventore dello slogan «la Francia o la si ama, o è meglio andarsene» (in dieci anni il numero dei francesi all’estero è triplicato, raggiungendo adesso i due milioni e mezzo), Sarkozy si lamenta: «Non possiamo essere il solo Paese al mondo dove quando c’è una riforma, una minoranza vuole bloccare gli altri. Questa non è democrazia». Tra i leader della protesta è emerso Victor Colombani, 16 anni, nessuna parentela con l’ex direttore ma genitori dipendenti di Le Monde, presidente dell’unione degli studenti Unl (6000 aderenti), vicino al Ps: «Il governo ci sta rubando il futuro. Estendere fino a 62 anni l’età della pensione significa sacrificare quasi un milione di posti di lavoro per i giovani. Vogliamo una riforma più giusta, che tenga in considerazione gli anni di studio e i periodi di precariato e di disoccupazione forzata». [9]
I giovani, e cosa c’entrano con le pensioni? Marco Moussanet: «Gli studenti non vanno in piazza solo, e forse neppure soprattutto, per le pensioni». Jean-Baptiste Prévost, 26 anni, due genitori dipendenti pubblici ed elettori socialisti, presidente dell’Unef, la principale organizzazione degli studenti universitari: «Cominciamo con il dire che nonostante molti lo neghino c’è un legame tra allungamento dell’età pensionabile e lavoro per i giovani. Ma il punto non è questo. Il punto è che il lavoro non c’è e quando c’è è precario. Il 23% di chi ha meno di 25 anni è disoccupato. Noi chiediamo prospettive. Chiediamo che gli anni di studio, stage, formazione vengano conteggiati come periodo lavorativo. Chiediamo che ci venga data la speranza di poter vivere come o meglio della generazione che ci precede e non per forza peggio». [10]
La vita si è allungata, il sistema così non regge, se non lo riformiamo adesso non ci saranno i soldi per pagare le pensioni ai francesi, ripete da mesi Sarkozy. [11] In verità, la riforma non pare così devastante. Massimo Nava: «Evoca una giungla di eccezioni più che un livellamento egualitario. È un timido avvicinamento a quanto è già stato introdotto da tempo in diversi Paesi europei, Germania in testa, dove si va in pensione a 67 anni, e non ultima l’Italia, con le successive riforme di Maroni e Sacconi. Ovunque, il tema dell’impiego dei senior è all’ordine del giorno. Di devastante, per le finanze pubbliche, c’è la non accettazione, da parte di molti francesi, delle leggi della demografia e, in ultima analisi, di un principio di realtà. Un principio che non tocca solo i francesi». [12]
La politica ha oggi come compito principale l’adattamento della società alla mondializzazione economica: deve adeguare le condizioni della competitività e promuovere iniziative compensative tese ad attenuare i danni creati dall’apertura al mercato globale. Bernardo Valli: «I governi non possono sfuggire a questi lapalissiani imperativi di non facile applicazione. Il presidente francese è rimasto in questi giorni impigliato nella morsa della duplice manovra. Da un lato ha deciso la riforma delle pensioni, già varata negli altri grandi paesi europei e comunque inevitabile per ridurre i costi sociali e riequilibrare le finanze pubbliche; ma dall’altro non è riuscito a rassicurare i francesi sulla sua capacità o volontà di promuovere una politica sociale compensativa». [13]
La questione delle pensioni pare sempre più inglobata in una più generale ansia dei francesi verso l’avvenire. Elizabeth Dupoirier, docente presso la prestigiosa Fondazione nazionale di studi politici di Parigi: «Ciò spiega lo spiazzamento del governo, dato che sul punto specifico delle pensioni tutti i sondaggi mostravano prima dell’estate una sorta di rassegnazione dei francesi verso la necessità della riforma». [14] Corinne Maier già autrice di Buongiorno pigrizia e No Kid, adesso in libreria con Tchao la France, quaranta ragioni per lasciare il vostro Paese: «I francesi sono infelici e arrabbiati, perché la Francia è un Paese dove non si può più fare niente. Partiamo dalle cose più banali, come prendere un appartamento in affitto. A Parigi è impossibile se non si è miliardari con genitori miliardari pronti a fornire garanzie e con un datore di lavoro e una busta paga». [15]
Note: [1] Leonardo Maisano, Il Sole 24 Ore 21/10; [2] Andrea Malaguti, La Stampa 21/10; [3] Maurizio Ferrera, Corriere della Sera 21/10; [4] Fabio Cavalera, Corriere della Sera 21/10; [5] Bill Emmott, La Stampa 21/10; [6] Leonardo Maisano, Il Sole 24 Ore 22/10; [7] S. Mon, Corriere della Sera 23/10; [8] gia. mars, il Fatto Quotidiano 23/10; [9] Stefano Montefiori, Corriere della Sera 22 /10; [10] Marco Moussanet, Il Sole 24 Ore 23/10; [11] Stefano Montefiori, Corriere della Sera 19/10; [12] Massimo Nava, Corriere della Sera 20/10; [13] Bernardo Valli, la Repubblica 21/10; [14] Daniele Zappalà, Avvenire 21/10; [15] Stefano Montefiori, Corriere della Sera 23/10.