Franco Cordero, la Repubblica 22/10/2010, 22 ottobre 2010
I FINTI NEUTRALI CHE COLPISCONO FINI
Fingiamo che il tempo sia rifluito a lunedì 18 ottobre. Se qualcuno aveva dubbi sulla dottrina in cui navigano i fautori della cosiddetta «moderna democrazia liberale», un editorialista li dissipa (E. Galli della Loggia, «Corriere della Sera»). Lo scenario pseudoequidistante richiedeva qualche formula cautelosa. Stavolta il fondo erompe fin dall´incipit. «Dico la verità» (esordio biblico): s´aspettava che dopo i biasimi mossi dal presidente del consiglio al partito (lo incolpa d´un calo rilevato dai sondatori) i tre piloti rispondessero, com´era avvenuto mediante «lunghissima lettera» quando li aveva toccati lui; G. d. L., invece niente; silenzio tombale anche dopo l´ultimo consiglio dei ministri, dove B. ne ha «venduti» cinque alla coppia Tremonti-Bossi. Altrove scoppierebbe la disputa. Dunque, il Pdl non è «partito vero»: se tutto va bene, lo formano dei «ciechi e muti, scelti inappellabilmente» dal padrone; «nel caso peggiore» è corte dei miracoli, «intrattenitori, nani, affaristi, ballerine», intendenti vari; i «tanti degnissimi» elettori votano l´Uomo. D´accordo sulla pittura cruda ma stupisce che l´oracolo cada dalle nuvole: dove aveva gli occhi?; cosa fosse la squadra forzaitaliota, è notorio dalla fine secolo, quando il centrosinistra s´affossava attraverso una bicamerale e tre governi. Perché B. scenda in campo, lo dicono gl´interessati: persi i protettori, sotto la cui ala venale s´era fondato un impero, temeva rendiconti giudiziari; timore molto plausibile; e spende un´intera legislatura, più metà dell´attuale, in pastiches legislativi intesi a un´immunità ancien régime (ogni volta oracoli soi-disants indipendenti gli prestavano voce). Lo stupore deprecante è simulato o significa vista corta. Solo degl´ignari non-pensanti, assuefatti alla quotidiana ipnosi, potevano prendere sul serio messinscena, pose, mimica, parole dell´impudente show televisivo in cui, fingendosi uomo nuovo (lui, allevato da un cronico malcostume politico), prometteva miracoli all´audience, col ritratto della famiglia alle spalle.
Insomma, lasci da parte gli sdegni: da almeno nove anni erano tante le occasioni in cui esclamarli; ormai l´argomento è prescritto, come i delitti dai quali l´Intoccabile s´è fatto prosciogliere mediante erculee partite dilatorie e tagli ai termini legali.
Veniamo alle questioni politiche. G. d. L. gli accolla un gran merito, avere sdoganato la destra missina, e «sarebbe ora», commenta severo, che glielo riconoscesse anche la sinistra. Qui salta agli occhi un fenomeno ricorrente nel teatro storico: Hegel parla d´«astuzia dell´idea»; in formula meno metaforica, «eterogenesi dei fini»; capita spesso, talora con esiti fausti, che puntando verso Alfa, uno sbarchi a Omega. Sprofonda il corrotto regime consortile che stava portando l´Italia alla bancarotta: Re Lanterna, congenitamente antipolitico ma forte dell´ordigno mediatico col quale dissolve o ridisegna i fatti, mira al governo pro domo sua; i voti non gli bastano; trova due alleati, tra area postfascista e l´equivoca Lega, tradito dalla quale cade dopo sei mesi; perdente nei collegi uninominali, forse uscirebbe dal giro se gli avversari non consumassero un suicidio spettacolare, tipico dell´Italia ingaglioffita. Rivince a mani basse e incombe la prospettiva d´una signoria patrimoniale, mentre gli oracoli inveiscono o sghignazzano contro chi indica segni del regime nascente, ma Dominus Berlusco, alias Caimano, diabolicamente abile negli affari suoi, grazie all´organica nonchalance dei limiti legali, ignora l´abc politico; e lavora talmente male da soccombere per pochi voti. Secondo suicidio della sinistra: nasce un governo da opera buffa; il collasso sopravviene dopo due anni. Nel suo terzo gabinetto l´ormai quasi padrone d´Italia, alquanto sfiorito nell´immagine, omette ogni cautela giocando a carte scoperte: vuol impedire i processi; com´era prevedibile perché i cromosomi non mentono, gestisce i suoi privatissimi interessi; sarebbe interessante fargli i conti in tasca (ipotesi fiabesca sotto quel groviglio societario, on e off shore). Gli equidistanti sono i soli a non vedere chi sia, da dove venga, cosa voglia.
Ma esiste un´eterogenesi dei fini. Forza Italia cambia nome; vi confluisce An; il Caimano ne inghiotte buona parte cominciando dai colonnelli; e scatta l´evento imprevisto dai berlusconofili. Gianfranco Fini, leader senza terra, non è più l´allievo d´Almirante. Aveva liquidato i residui, operazione molto cospicua. Nel Pdl cresce politicamente sino a diventare l´antagonista interno: trova un sèguito; solleva questioni su cui fiacchi oppositori socchiudevano gli occhi, dalla legalità al conflitto d´interessi. Il padrone l´aborre, pour cause, spaventato dal fantasma d´una destra pulita; davvero europea, laica, indenne da nostalgie padronali e volgarità xenofobe; sarebbe la sua fine. Voleva disfarsene: ha scatenato una campagna mediatica d´annientamento; sinora è stallo ma lo vediamo in affanno. Il dissidio nel Pdl era ed è avvenimento altamente positivo (poveri noi se regredisse). I finti neutrali lo condannano: dal monotono refrain della «stabilità» trapelano scelte filoberlusconiane, con tutto quanto implicano nella prospettiva d´un regime da isola caraibica; nessuno ormai può decorosamente fingere che il fenomeno B. stia nella normalità politica.
Qui l´editoriale secerne il veleno del quale era gonfia la coda, evocando scenari d´apocalisse: appena B. esca, il Pdl affonda; chi voterebbe Michela Brambilla, Claudio Scajola, Denis Verdini? Niente da obiettare, ma esiste Gianfranco Fini. All´oracolo «sembra assai difficile che lo sdoganamento ideologico-politico della destra» possa avvenire ad opera sua. I motivi della prognosi lasciano sbalordito ogni lettore sveglio. L´ultimo segretario del partito neofascista non può concludere l´iter aperto da B. (lo nomina come fosse almeno Cavour); ideali, stile, metodi erano neri; la metamorfosi non è riuscita nemmeno ai comunisti, «figurarsi un personaggio come Fini», e via seguitando vituperosamente. Stia «intero nel vecchio scenario della morente prima Repubblica», dedito alle «polverose regole della democrazia italiana», con quei «tic e tabù». Non è l´uomo da cui possiamo sperare «rotture» e «novità». Ergo, teniamo stretto l´innovatore d´Arcore: sarà «fangoso» il berlusconismo, ma «è l´unica novità politica toccata in sorte all´Italia». Esistono mauvaises actions sottilmente congegnate. Questa risulta talmente goffa da riuscire innocua; non sapevamo che G. d. L. avesse sentimenti così virtuosamente antifascisti: li sfoghi sui colonnelli ex Msi, ora ubbidienti berluscones. Cos´avverrà, lo sanno le Parche, ma un punto è sicuro, che, misurato up to now, Gianfranco Fini sia l´unico uomo politico nuovo. I fatti diranno quanto credito meriti.