Antonella Ottolina, Novella 2000, n. 43, 28/10/2010, pp. 30-31, 28 ottobre 2010
Ilaria Bellantoni. Autrice di Lo chef è un Dio (Feltrinelli). Ha passato mesi di semi clausura nelle cucine tre stelle di un vate della gastronomia milanese di cui non farebbe mai il nome ( Vito Frolla, lo chiama nel libro)
Ilaria Bellantoni. Autrice di Lo chef è un Dio (Feltrinelli). Ha passato mesi di semi clausura nelle cucine tre stelle di un vate della gastronomia milanese di cui non farebbe mai il nome ( Vito Frolla, lo chiama nel libro). Le possibilità sono quattro: Carlo Cracco di Cracco, Pietro Leeman di Joia, Gualtiero Marchesi del Teatro alla Scala Il Marchesino, Davide Oldani dell’D’O. *** «Gli chef ignorano il concetto di cavalleria. […] Lavorare in un grande ristorante è come stare nell’esercito. Quello della cucina è un mondo per uomini duri. Si lavora dalle 8 alle 15 e dalle 17 all’una del mattino per uno stipendio medio di 1.400 euro al mese, se va bene. Non esistono straordinari né giorni di malattia, i cuochi non si ammalano mai. Sanno che, se cedessero metterebbero in difficoltà la loro brigade: invece ciò che regola la vita tra i fornelli è il senso dell’onore, la disciplina, la venerazione del capo. […] Davide Oldani non brilla per galanteria: si sarà pure inventato la cucina pop ma con me è stato fin troppo rock. Avesse avuto una Gibson tra le mani me l’avrebbe spaccata in testa. Fortunatamente per me non fa il chitarrista. [I cuochi, ndr] considerano i giornalisti enogastronomici degli incompetenti e soffrono moltissimo se qualcuno scrive male di loro: non ammettono critiche e se queste arrivano fanno gli artisti incompresi. Non hanno capito che sono solo abili artigiani e che i giornalisti lavorano per i lettori, non per loro. È anche vero, però, che certi colleghi sono dei gran profittatori. Alcuni pretendono di mangiare gratis!».