ItaliaOggi 23/10/2010, 23 ottobre 2010
CAMBI, SEI DOMANDE CRUCIALI PER CAPIRE L’EFFETTO SUI MERCATI
Cosa si intende per guerra dei cambi?
La guerra dei cambi si caratterizza per un ricorso disordinato e non concertato da parte di numerosi paesi a una svalutazione della loro moneta per «dopare» la propria competitività. Si tratta del principio della svalutazione competitiva: far abbassare il corso della moneta per favorire le esportazioni.
In caso di una vera guerra dei cambi, queste svalutazioni si accompagnano a un rialzo delle tariffe doganali. E comincia così una guerra commerciale. Uno scenario che finora non si è concretizzato, anche se le tensioni sono molto forti. E i rischi di un ricorso al protezionismo esistono, ammette l’organizzazione mondiale del commercio.
Perché una moneta sale o scende?
In regime di cambi flessibili, sono l’offerta e la domanda sul mercato che determinano il corso di una divisa. A breve termine i tassi di interesse delle banche centrali influenzano la domanda di valuta, mentre l’orientamento della politica monetaria guida l’offerta. A lungo termine contano invece la solidità di un’economia, le sue prospettive di crescita e la sua bilancia commerciale. Per esempio il Brasile, in pieno boom, attira in massa i capitali stranieri, e il real vola. Mentre la crisi del debito della scorsa primavera nell’eurozona ha fatto affondare la divisa europea. Il dollaro obbedisce invece ad altre regole: sale in caso di panico sui mercati o di crisi finanziaria, come dopo il fallimento di Lehman.
Quali gli effetti di una moneta che sale o scende?
Le imprese esportatrici beneficiano direttamente di una divisa debole, che rende i prodotti più attrattivi.
Al tempo stesso una moneta deprezzata fa salire il costo delle importazioni, soprattutto del petrolio, che influenza tutta una serie di prezzi: trasporti, distribuzione, industria. Col rischio di generare inflazione e di pesare sui consumi. L’impatto sulla crescita è più o meno forte a seconda della struttura della bilancia commerciale. Al contrario, una moneta forte permette di contenere i balzi delle materie prime e incoraggia le imprese a controllare i costi, cosa che può avere effetti positivi sulla crescita a lungo termine.
Come i poteri pubblici possono agire sulle divise?
Dal momento che il nostro è un sistema di cambi flessibili, è difficile manipolare il corso delle monete. I poteri pubblici possono intervenire sul mercato dei cambi attraverso le banche centrali e i tassi di interesse. Ma questi interventi per essere efficaci necessitano di azioni coordinate. Lo si è visto in Giappone, dove l’azzeramento dei tassi non ha comportato un ribasso significativo dello yen.
Come influenzare il corso della moneta europea?
La difficoltà di agire sull’euro è che esso riguarda sedici paesi dell’Unione europea, ossia altrettante politiche e interessi divergenti. Se attualmente l’euro è orientato al rialzo è perché la Bce mantiene dei tassi di interesse più elevati delle altre banche centrali. E se durante la crisi di primavera la moneta europea si era fortemente indebolita, ora gli investitori giudicano l’area euro stabile e solida, nonostante e difficoltà dei paesi periferici come Grecia, Irlanda e Portogallo.
Perché lo yuan sottovalutato sul dollaro fa paura?
In teoria la Cina ha ancorato lo yuan a un paniere di valute (dollaro, euro, yen e won, la divisa sudcoreana). Ma dal momento che è il governo a fissare il tasso di cambio ufficiale di questa moneta non convertibile, esso fa il bello e il cattivo tempo. Scambiata giovedì a 6,664 yuan per ogni dollaro, la divisa cinese sarebbe sottovalutata tra il 25 e il 40%, lamentano gli americani. Ma nessuno ne conosce il vero valore, dal momento che essa non fluttua liberamente. E Pechino, che detiene 2.500 miliardi di riserve in dollari, non ha alcun interesse a vedere apprezzare la sua moneta. In più, uno yuan debole rafforza la competitività delle imprese cinesi sui mercati stranieri.