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 2010  ottobre 23 Sabato calendario

SUPERTECNOLOGICA LA MEDICINA DEL FUTURO, PER VOCE ARANCIO


Il Tricorder di Star Trek: il dottor McCoy non se ne separava mai, lo portava appeso al collo, lo passava su un ferito o un malato e tirava fuori una visita completa, con tanto di analisi, senza neanche toccare il paziente. Sotto molte forme, i parenti di questo apparecchio fantascientifico, assieme ad altri strumenti destinati a semplificare le procedure mediche, sono pronti ad arrivare negli ospedali e negli studi medici, quando non direttamente nelle case dei malati.

Il più avanzato è quello studiato dall’azienda americana AcousTx con un finanziamento di 30 milioni di dollari da parte dell’agenzia di ricerca dell’esercito Usa, la Darpa. Concepito per i campi di battaglia, potrà trovare molte applicazioni anche in altri ambiti. È infatti capace di individuare emorragie, anche non direttamente visibili, su braccia e gambe e di intervenire per chiudere la perdita di sangue. Il tutto senza neanche sfiorare il paziente. Questa capacità gli viene dall’uso di ultrasuoni ad alta energia focalizzati. In pratica, un primo fascio di ultrasuoni agisce come uno scanner, rendendo possibile l’individuazione del punto esatto in cui un vaso sanguigno è danneggiato. Successivamente, in modo completamente automatico, il sistema indirizza un fascio molto più potente, estremamente concentrato in un solo punto. L’energia degli ultrasuoni causa una coagulazione massiccia del sangue, chiudendo l’emorragia.

E se bastasse usare una web cam o la fotocamera del telefonino per sapere come sta un paziente? Al Massachusetts Institute of Technology (Mit) hanno appena sperimentato un sistema informatico capace di misurare il battito cardiaco semplicemente inquadrando il volto di una persona dentro una qualsiasi telecamera a basso costo. Il software disegnato al Mit riesce a contare i battiti attraverso le minime variazioni di luminosità provocate dal passaggio del sangue nelle piccole arterie della faccia. Se sono inquadrate più persone, fino ad un massimo di tre, dà il risultato per ciascuna di loro. Il prossimo sviluppo è la possibilità di riuscire a misurare anche la pressione sanguigna e il tasso di saturazione dell’emoglobina, indice del livello di ossigenazione del sangue. L’impiego più logico per un aggeggio del genere è in un incidente con molti feriti: un semplice passaggio con il telefonino e le principali funzioni vitali di ciascuna vittima sono immediatamente disponibili.

La capsula endoscopica: una videocamera senza fili contenuta in una pillola che, una volta ingoiata, trasmette le immagini delle pareti in cui scorre ed è poi recuperata nelle feci. In uso da alcuni anni, permette di ispezionare la mucosa dell’intestino tenue, molto difficile da raggiungere, per accertare le cause di sanguinamenti di origine ignota. È in sperimentazione – fra l’altro al Policlinico Gemelli di Roma – anche per la ricerca di polipi e cancri nel colon.

La colografia virtuale: partendo da una serie di immagini ottenute con una Tac, si ricostruisce al computer l’interno del colon in due o tre dimensioni, simulando una colonscopia. Utile per visualizzare diverticolosi o lunghezza insolita del colon, non serve invece per le malattie infiammatorie, perché non distingue se la mucosa è infiammata o no.

La Star Analytical System di Seattle ha vinto un finanziamento della fondazione Bill e Melinda Gates per lo sviluppo di un software di analisi dei colpi di tosse. Secondo il progetto, basterà tossire in un microfono, anche quello del telefonino. Il programma, analizzando il suono, deciderà se si tratta di polmonite o no.

Anche le analisi cliniche più classiche, quelle in cui oggi bisogna per forza prelevare qualcosa dal corpo del paziente, sono destinate a una rivoluzione che le renderà sempre meno invasive.

Gli analizzatori di alito: figli diretti delle tecnologie antiterrorismo, sono sensori capaci di rivelare minime quantità di specifiche molecole nell’aria. In aeroporto servono a cercare esplosivi, in metropolitana tracce di gas tossici piazzati da qualche malintenzionato. Ma nello studio di un medico potranno raccogliere l’aria espirata dal paziente per analizzarla e cercare sostanze tipiche di un tumore, prima di decidere se effettuare una radiografia.

La capacità di scoprire sostanze, o persino virus e batteri, in piccoli campioni è basata sui cosiddetti “labs on a chip”, interi laboratori concentrati in una piastrina di silicio che può riconoscere alcune decine di molecole contemporaneamente. È su di essi che si basano alcune apparecchiature in fase avanzata di sperimentazione. Una goccia di sangue è tutto quello di cui hanno bisogno per effettuare un test per l’Hiv, oppure per misurare il Psa, indicatore molto usato nella diagnosi precoce del cancro della prostata. La Columbia University ha raccolto quasi otto milioni di dollari per realizzare apparecchi portatili, basati su chip, che potranno svolgere una intera batteria di esami per malattie sessualmente trasmissibili. Non molto più grandi dei comuni apparecchi che oggi i diabetici usano per misurare la glicemia, sono pensati soprattutto per i Paesi in via di sviluppo.

Proprio i diabetici potrebbero presto scoprire di poter finalmente fare a meno persino di quella piccola puntura sul dito per misurare il glucosio e decidere quanta insulina prendere. Una decina di anni fa un prodotto del genere fu messo in commercio, ma con scarso successo, fino al suo ritiro nel 2007. Era una specie di orologio che, usando una piccola corrente elettrica, faceva trasudare dalla pelle abbastanza fluidi da poter compiere un’analisi. Però causava molte irritazioni e fastidi. Quello in studio alla Baylor University è molto più tranquillo: si mette il pollice su un circuito che invia deboli onde elettromagnetiche. La potenza delle onde viene disturbata dal pollice in misura variabile a seconda di quanto glucosio ci sia nel sangue, così basta misurare il campo elettromagnetico e si ha l’analisi.

Analisi del sangue: al momento è solo un’ipotesi, ma in futuro potrebbe essere affidata a minuscola sonda da appoggiare sotto la lingua, senza alcuna puntura. Lo strumento emette una luce che in parte viene riflessa dalla mucosa situata all’interno della bocca, dove i capillari sono particolarmente vicini alla superficie. Esaminando la luce riflessa al computer, è possibile, secondo gli scienziati, avere molte informazioni sulle cellule che in quel momento stanno passando nei capillari.

È una tecnologia che ricorda i più rudimentali e ormai diffusissimi pulsossimetri, nei quali viene infilato il dito del paziente. Anche questi si stanno evolvendo, come nel caso del Masimo Pronto-7 uno strumento che, attraverso la luce e la colorazione della pelle, è in grado di fare un’analisi dell’emoglobina e della sua saturazione in ossigeno. È in grado di dire, in sostanza, se nel sangue circola una quantità sufficiente di ossigeno. È uno dei test più richiesti in tutti gli ospedali del mondo.

Anche il paziente in corsia di ospedale sta per vedere molte novità. Grazie a un braccialetto da mettere al polso, per esempio. Ogni volta che passa la visita, oppure quando l’infermiere deve somministrare i farmaci, il carrello invia segnali radio ai quali risponde il braccialetto con uno strumento a radiofrequenza (Rfid), lo stesso che si comincia ad usare nei supermercati per identificare i vari prodotti. In questo modo sarà il carrello stesso a riconoscere il paziente, evitando che possano essere somministrati farmaci sbagliati o che vengano fatte procedure destinate a un altro paziente.