Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 22/10/2010, 22 ottobre 2010
UN CATTOLICO LOMBARDO PER LE FINANZE DEL VATICANO
In una lettera si parlava dell’attività in Vaticano di Bernardino Nogara ai tempi di Pio XI. Poiché è la prima volta che sento nominare quel personaggio strano e un po’ controverso, sono rimasto incuriosito. Lei riesce a darci qualche maggiore informazione sulla sua vita?
Claudio Pini
Monza
Caro Pini, quando Pio XI, dopo i Trattati Lateranensi, dovette individuare la persona che avrebbe amministrato la somma versata alla Santa Sede dal governo italiano, la sua scelta cadde su Bernardino Nogara per tre ragioni. Era cattolico, aveva una considerevole esperienza di finanza internazionale e, forse soprattutto, era lombardo. Secondo John F. Pollard, autore dell’«Obolo di San Pietro», apparso presso Corbaccio nel 2005 con una prefazione di Luigi Accattoli, la nomina di Nogara «segnò anche una rottura decisiva negli antichi e tradizionali legami tra il Vaticano e il Banco di Roma». Quando si trattava di denaro il lombardo Pio XI preferiva gli ebrei della Banca Commerciale (con cui Nogara aveva lungamente collaborato) agli esponenti finanziari della società romana che tanti grattacapi avevano procurato alla Santa Sede dopo la fine della Grande guerra.
Ma Nogara non fu soltanto un finanziere. Gli storici della prima metà del Novecento lo incontrano, anzitutto, negli anni del suo lungo soggiorno a Costantinopoli, agli inizi del Novecento, quando rappresentava la Banca Commerciale nell’Impero Ottomano e conosceva il mondo politico turco meglio di molti ambasciatori stranieri. Fu l’angelo custode di tutte le imprese italiane che si stavano installando nei Balcani. Organizzò il viaggio segreto di Giuseppe Volpi a Costantinopoli nell’ultima fase della guerra di Libia e divenne da allora un indispensabile intermediario nelle trattative che si conclusero con la pace di Ouchy. L’Italia voleva la Tripolitania e la Cirenaica, ma non voleva perdere l’occasione di fare affari con un’area economica che, allora come oggi, le era particolarmente congeniale. Per accordare questi due desideri contraddittori, occorreva fare appello a Nogara e alla rete di contatti personali che l’uomo della Commerciale aveva creato in Turchia.
Ritroviamo Nogara a Roma trent’anni dopo, durante l’agonia del regime fascista. Nelle settimane che precedettero la seduta del Gran Consiglio, durante i 45 giorni del governo Badoglio e nei mesi dell’occupazione tedesca, Nogara fu il «confessore» di tutti i naufraghi della classe dirigente dell’Italia sconfitta che cercavano in Vaticano un contatto con gli Alleati o, più semplicemente, la loro personale salvezza. Ciò che si disse allora nei palazzi della Santa Sede restò fra quelle mura, ma sappiamo che Giuseppe Volpi, incarcerato dai fascisti a Regina Coeli, fu liberato grazie a un suo intervento. Erano diventati amici a Costantinopoli e avevano fatto carriere diverse, ma erano divenuti entrambi ministri delle Finanze: il primo dello Stato italiano, il secondo della Santa Sede.
Sergio Romano