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 2010  ottobre 22 Venerdì calendario

DIETRO IL «LODO» I PRIMI PASSI DELLA CAMPAGNA PER IL QUIRINALE 2013

Le opposizioni (Udc compresa) non sono riuscite per ora a impedire che lo «scudo giudiziario» per le alte cariche sia reiterabile. Secondo la volontà della maggioranza, l’ombrello costituzionale sarà rinnovato nel caso in cui il presidente del Consiglio fosse confermato nella carica e soprattutto se lo stesso fosse eletto presidente della Repubblica. Ma è chiaro che siamo solo ai preliminari di un complesso percorso parlamentare. La clausola bocciata ieri in commissione al Senato potrà essere riproposta più avanti in aula.

Può sembrare una noiosa questione tecnica. Il punto tuttavia è che quel richiamo al Quirinale introduce una delicata questione politica. Rendere non reiterabile il «lodo» costituzionale significa nella sostanza precludere a Berlusconi la possibilità di succedere a Giorgio Napolitano nel 2013. Al contrario mantenere aperto l’ombrello, garantendo l’immunità al premier che diventa (in ipotesi) capo dello Stato, vuol dire che Berlusconi può contare su dieci anni di sospensione dei processi a partire da oggi, nel caso in cui fra tre anni gli riuscisse di farsi eleggere al vertice delle istituzioni.

Il problema, come si può intuire, è tutt’altro che secondario. Se ne parla ancora poco, a destra come a sinistra, ma in realtà tutti sanno che dietro lo scontro politico quotidiano si staglia il Quirinale. Berlusconi conta di arrivare a metà del 2013 con una solida maggioranza in grado di garantirgli l’elezione. Ci troveremo comunque nella nuova legislatura, sia che il voto venga anticipato alla prossima primavera (o al 2012) sia che l’attuale Parlamento giunga alla sua conclusione naturale: anche in questo secondo caso si voterà prima che le nuove Camere si riuniscano per eleggere il capo dello Stato.

Il fronte delle opposizioni teme di non riuscire a tagliare la strada al premier e senza dubbio userà tutte le armi a sua disposizione per ottenere lo scopo: armi politiche e giudiziarie. Ecco l’importanza di un «lodo» non reiterabile. Ma la bandiera su cui è scritto «Berlusconi mai al Quirinale» sarà nei prossimi tempi il vessillo unificante con cui il partito Democratico si sforzerà di coordinare una strategia comune di tutte le forze che si oppongono alle ambizioni del presidente del Consiglio.

Al tempo stesso anche le ferite e gli scontri all’interno del centrodestra si spiegano in parte nella prospettiva del Quirinale. Berlusconi ha bisogno di arrivare alla scadenza del 2013 senza subire troppi condizionamenti dai suoi alleati e con un discreto controllo del Parlamento. Bossi sta alla finestra, ma è tutt’altro che disinteressato: sa bene che i voti della Lega saranno decisivi per chiunque voglia salire al Colle dopo Napolitano.

Fini e lo stesso Casini hanno ambizioni in proprio e in ogni caso vorranno tenere ben stretta in mano la loro «golden share». Essere determinanti per decidere il nome del prossimo presidente della Repubblica significa influenzare tutti gli assetti politici e istituzionali della prossima legislatura. In altre parole, individuare il profilo del capo dello Stato vuol dire mettere a fuoco anche il nome del prossimo presidente del Consiglio. Le due cose stanno insieme.

È logico che la prospettiva del Quirinale sia centrale nella strategia di Berlusconi. Per le stesse ragioni le opposizioni (e anche Fini) non possono permettergli di concludere la sua parabola in cima al Colle. La battaglia del 2013 in un certo senso è già cominciata.