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 2010  ottobre 22 Venerdì calendario

LE CIMICI DI WOJTILA


Non si riesce più a tenere il conto dei libri su Giovanni Paolo II ma l’ultimo, uscito in Polonia pochi mesi fa, è davvero qualcosa d’insolito. È il ritratto di Karol Wojtyla, visto, descritto e a­nalizzato dai suoi «nemici», gli uo­mini del regime comunista incari­cati di sorvegliarlo, pedinarlo e controllarlo passo dopo passo. Si tratta dei documenti conservati negli archivi del SB, i servizi segreti polacchi, redatti dagli informatori dal 1946 al 1978, vale a dire dal pri­mo giorno di sacerdozio fino all’a­scesa al pontificato. «Ku prawdzie i wolnosci», Verso la verità e la li­bertà

(sottotitolo: «Gli organi di si­curezza comunisti e Karol Wojty­la »), edito da Wam, la casa editrice dei gesuiti di Cracovia, è il terzo volume di una collana dedicata a­gli «Indomiti», coloro che si sono opposti alla dittatura rossa. Ne e­sce una testimonianza di eroicità quotidiana e di santità, scritta in­volontariamente da chi odiava la Chiesa. Non sappiamo se e quan­do il volume sarà pubblicato an­che in Italia. Ma già oggi un inte­ressante compendio lo si può tro­vare nella rivista «La nuova Euro­pa » in uscita a fine ottobre, a cura di Angelo Bonaguro del Centro Russia Cristiana. La prima scheda della polizia risale al maggio 1946 quando Karol Wojtyla, non ancora sacerdote, è tra i membri dell’orga­nizzazione studentesca «Bratia Po­moc », Soccorso fraterno, che svol­geva un’attività culturale patriotti­ca. La sorveglianza nei suoi con­fronti diventa costante a partire dal 1952, allorché il governo di Var­savia lancia una durissima campa­gna anti-religiosa che culmina con l’internamento del Primate di Po­lonia, il cardinale Stefan Wyszyn­ski, e gli arresti di molti sacerdoti e vescovi. Nel rapporto Sb del 2 otto­bre 1953 si può leggere il resoconto di una dichiarazione molto preoc­cupata di don Wojtyla: «Sono pronto al peggio, tanto più che molti preti non nascondono la vo­lontà di collaborare col regime... Ci aspettiamo una forte infiltrazione tra i nostri seminaristi e quindi dobbiamo «vigilare», proprio come fanno i nostri avversari». Si tratta di un giudizio che dimostra «la grande sensibilità del giovane sa­cerdote per l’unità del clero mi­nacciata dalla propaganda gover­nativa », dice Marek Lasota, diretto­re della sezione di Cracovia dell’I­pn, l’Istituto per la memoria stori­ca che conserva buona parte degli archivi dell’epoca comunista. Il fu­turo Papa è già nel mirino e la rete degli informatori attorno a lui di­venta sempre più stretta. Nel 1958, a soli 38 anni, Wojtyla diventa ve­scovo ed i confidenti dei servizi se­greti sottolineano che la sua nomi­na è stata accolta «con soddisfazio­ne dal clero», ricordando poi che «il neo-vescovo continua a presen­tarsi con una talare vecchia e logo­ra, si dice che dia tutto ai poveri a tal punto che qualcuno ha orga­nizzato una colletta per comprargli mobilio e un vestito nuovo». Dai rapporti della polizia emerge l’as­sillo per gli incontri informali che monsignor Wojtyla organizza in curia. A questo punto diventano essenziali gli infiltrati, preti che fanno il doppio gioco e che cerca­no in tutti i modi di entrare di na­scosto nelle stanze del vescovo. A leggerli oggi sembrano tentativi buffi e ridicoli, ma dicono fino a che punto erano decisi a spingersi nel controllo totale delle persone.

Anche perché non riuscivano ad a­vere le idee chiare. Nel 1964, quan­do Wojtyla diventa arcivescovo di Cracovia, viene descritto come «un moderato, uno poco aggressivo che vuole evitare conflittualità» ma al tempo stesso si nota che «i suoi interventi pubblici insistono sui diritti sociali e in genere contengo­no concetti filosofici molto difficili da capire per l’ascoltatore medio».

Nasce qui il grande abbaglio del regime comunista che tende a considera il presule di Cracovia «un intellettuale astratto», non pe­ricoloso dunque. Ma le informati­ve si riempiono di stizza quando si batte per costruire una chiesa nel quartiere operaio di Nowa Huta. E ancor più quando, nei primi anni Settanta, il cardinale Wojtyla lancia una vera e propria battaglia per «la libertà di educazione». Il regime i­nizia a temerlo perché «pur non professando apertamente un’osti­lità politica è molto dannoso dal punto di vista ideologico, special­mente per il suo influsso sugli in­tellettuali ». Ma chi erano gli infor­matori? Quasi tutti furono reclutati tra il clero, dapprima con la forza, poi blanditi con ricompense o ad­dirittura convinti che la loro atti­vità non fosse una delazione ma un contributo al miglioramento dei rapporti Stato-Chiesa. È una squallida galleria di preti ricattati per le loro debolezze, non solo di tipo sessuale. E tutti manovrati dalla famigerata IV Divisione del Ministero degli Interni, incaricata di sorvegliare gli uomini di Chiesa.

A questo scopo nel 1969 venne sti­lata una circolare segreta con 98 ri­chieste ai confidenti, un elenco dettagliato di domande sulla vita quotidiana del cardinale di Craco­via, cosa fa appena alzato, fuma, gioca o beve alcolici, quali pro­grammi tv guarda, quando va dal dentista e perfino, che dopobarba usa... Un delirio da Grande Fratel­lo orwelliano! E che spreco di ri­sorse e di energie! Alla fine gli spio­ni non sono serviti a nulla, Wojtyla diventerà Papa e per il comunismo sarà l’inizio della fine.