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 2010  ottobre 22 Venerdì calendario

Il premio Sakharov al cubano Fariñas. “Basta dittatura” - Quella foto, la foto di Guillermo Fariñas, con quella sua faccia spremuta che resta solo il teschio, e il torace scavato da povero spaventapasseri nero, ieri quella foto angosciante è tornata di strappo dal fondo della nostra memoria comune ripiantandosi agli occhi del mondo come l’icona autentica di chi per la libertà di pensiero è pronto anche a morire

Il premio Sakharov al cubano Fariñas. “Basta dittatura” - Quella foto, la foto di Guillermo Fariñas, con quella sua faccia spremuta che resta solo il teschio, e il torace scavato da povero spaventapasseri nero, ieri quella foto angosciante è tornata di strappo dal fondo della nostra memoria comune ripiantandosi agli occhi del mondo come l’icona autentica di chi per la libertà di pensiero è pronto anche a morire. E il Premio Sakharov, che da vent’anni viene dato a chi per la libertà si batte e ieri, appunto, veniva assegnato a Fariñas, mai è apparso che potesse avere più degna e legittima personificazione. «Il mondo civilizzato, il Parlamento europeo hanno inviato un messaggio ai dirigenti cubani: è ora che Cuba riconosca la libertà di coscienza ed espressione, e la fine della dittatura», ha detto Fariñas dal suo domicilio di Santa Clara, a circa 270 km da L’Avana. «Non è un premio solo per Guillermo Farinas - ha aggiunto - ma per tutto il popolo cubano, che lotta da 50 anni per uscire dalla dittatura e di cui noi, oppositori pacifici, siamo il volto più visibile». Psicologo, giornalista, ma soprattutto dissidente cubano inchiodato alla galera per la sua non-conformità al regime castrista, Fariñas era diventato un nome della cronaca internazionale il 26 febbraio di quest’anno, quando - riprendendo lo sciopero della fame che aveva portato fino alla morte Orlando Zapata Tamayo - s’era detto pronto a seguire la sorte del suo compagno, rifiutando anch’egli ogni cibo, se Raùl Castro non avesse liberato i 72 «prigionieri politici» sbattuti in galera da 5 anni. Lo sciopero è stato tenuto per 153 giorni, arrivando al limite estremo della sopravvivenza, il limite che quella foto piantava nella nostra coscienza. Poi, l’intervento della Chiesa cubana, e l’avvio di un dialogo ufficiale tra il regime e il cardinale dell’Avana con la liberazione d’un primo gruppo di giornalisti dissidenti, hanno convinto Fariñas a sospendere il suo sciopero. Ieri, però, non tutti hanno riconosciuto il valore di quest’assegnazione. Dall’interno del Parlamento europeo - che è il tutore del Premio - qualche voce della «estrema sinistra» si è alzata a rammaricarsi che il Sakharov stesse diventando sempre più «un premio politico», cioè un riconoscimento dato strumentalmente per attaccare governi, parti, e ideologie, d’opposizione. Questo rammarico non è nuovo, nel Sakharov, perché, se pur al suo primo anno nessuno osava criticare che si premiasse Nelson Mandela per la gloria della sua lotta contro l’apartheid, già nel secondo anno, il 1989, quando il premio andò a Dubcek, leader della Primavera di Praga, qualcuno storse la bocca, risentito per una scelta che gli appariva antisovietica; e se nel ‘92 tutti applaudirono le Madres de Plaza de Mayo, poi, l’anno dopo, quando venne premiato il giornale che aveva stampato la libertà bosniaca sotto le bombe e dentro i tiri dei cecchini serbi, l’Oslobodenje, anche quel giorno qualcuno mugugnò e parlò di scelte politiche. E non è affatto casuale che simili sospetti siano riapparsi una settimana fa, quando il Nobel per la Pace è stato assegnato al dissidente cinese Liu Xiaobo, e da Pechino si è voluto vedere un «progetto politico» - cioè un contributo occidentale alla destabilizzazione della Cina - nella scelta dei giurati norvegesi. Ma ciò che conta valutare, oggi, è l’effetto politico che il Premio Sakharov può avere sull’attuale storia dell’Avana. Intanto, va ricordato che nell’ultimo decennio il Parlamento europeo aveva già premiato, e per ben due volte, voci e atti della dissidenza cubana: Osvaldo Payà (autore del Progetto Valera) e, poi, le Damas de Blanco (madri e spose dei detenuti politici). E questa forte attenzione su Cuba può anche legittimare qualcuna delle valutazioni di malcontento per il Premio ora a Fariñas. Tuttavia, quali che siano i sospetti e i giudizi critici, la scelta del Parlamento continentale pare possa essere considerata credibilmente come un ulteriore appoggio fornito a coloro che - dentro Cuba, dentro il regime castrista - stanno operando per accelerare un processo riformatore che, comunque, è già in atto. Non è ben chiaro, ancora, quale ruolo voglia svolgervi Fidel Castro, il Lìder Màximo tornato in pubblico un mese fa; ma i segnali che Raùl e Washington si vanno lanciando da quando Obama sta alla Casa Bianca sono certi e significativi, seppure tuttora molto timidi. Nell’annuario del Sakharov, tutti i nomi elencati raccontano di vittorie della libertà. E il tempo attende fiducioso.