Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  ottobre 22 Venerdì calendario

CONTRO LA CRISI LA CALIFORNIA PUNTA SULLA MARIJUANA

Se la Proposition 19 sarà approvata per la California si apriranno le porte di una nuova florida industria. Senza dubbio “alternativa”. Con tutti i rischi del caso, compreso quello che i “federali”, come promesso, rispondano con un giro di vite. Stiamo parlando del quesito referendario che il prossimo 2 novembre chiederà agli elettori del Golden State se sono favorevoli a legalizzare la marijuana. In caso affermativo la California può contare su un potenziale raccolto da almeno 14 miliardi di dollari. Lo stima un rapporto citato dalla stampa locale, aggiungendo che il suo valore è di sette volte superiore a quello del vino. Le cifre arriverebbero dalla stessa pubblica amministrazione e a molti sembrano un po’ di parte. Basti pensare alla qualità dei vitigni della Napa
Valley. La foglia di cannabis, stando a questo rapporto, sarebbe anche più redditizia del tabacco nella Carolina o del cotone nell’Alabama (una materia prima che attualmente rende più dell’oro).
SPINELLO LIBERO
Va detto che lo Stato ha già fatto sapere che conta di raccogliere tasse per 1,4 miliardi se la "Prop 19" sarà approvata dal popolo sovrano. Ci sono regioni che hanno convertito la propria industria alla coltivazione di “erba”, come la Mendocino County che basa il 50-75% del suo prodotto interno lordo sulla produzione di marijuana. Secondo i sostenitori della legalizzazione i benefici per l’economia sarebbero incalcolabili, soprattutto in questo momento di difficile ripresa dalla crisi. La California è stato il primo Stato americano ad autorizzare
nel 1996 l’uso della marijuana per fini terapeutici. Se dovesse passare il referendum, i maggiori di 21 anni potranno avere con sé un’oncia (28 grammi) di erba per consumo personale e coltivare una piccola aiuola. Inoltre il governo locale potrà tassare e regolare la vendita di droghe leggere. Ed è questo il punto su cui si stanno battendo le associazioni che promuovono la liberalizzazione: lo “spinello libero” darebbe un impulso decisivo alla maggiore economia degli Stati Uniti. L’“industria” della cannabis, affermano, farebbe ripartire il credito, creerebbe migliaia di nuovi posti di lavoro, una rete di distribuzione e una di commercio al dettaglio. Gli “investitori” però non sono altrettanto ottimisti. Come ogni business anche questa coltivazione presenta i suoi rischi e uno pesa più di tutti: la marijuana è illegale. Il governo di Wa-
shington ha già fatto sapere che se il referendum avrà esito positivo le rispettive legislazioni, quella statale e quella federale, entreranno fatalmente in conflitto.
Il dipartimento della Giustizia è pronto a dare battaglia, almeno a parole. Il ministro Eric Holder ha annunciato che le autorità federali continueranno a perseguire le persone che verranno trovate in possesso di marijuana, anche se dovesse passare la Proposition 19. L’amministrazione
«vi si oppone fermamente», ha scritto Holder in una lettera inviata alla Dea, l’antidroga Usa, che aveva espresso «forte preoccupazione» per il voto del 2 novembre.
IL GIRO DI VITE
Non è chiaro come potrebbe prendere forma il giro di vite, ma in questi casi le indagini si concludono solitamente con la distruzione delle piantagioni o con un bel falò. Solo mercoledì scorso in Messico, a pochi chilometri dalla frontiera con la California, sono state bruciate ben 134 tonnellate di marijuana sequestrata. Le immagini della pira hanno fatto il giro del mondo e per il Golden State si è trattato di un imbarazzante contrappasso. E a nessun investitore piacerebbe vedere le proprie ricchezze andare in fumo.